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Siria, gli Usa danno il via all’offensiva anti-Isis

Intorno alle 4 di mattina (ora locale), gli Stati Uniti hanno effettuato il primo raid aereo contro le postazioni dello Stato Islamico in Siria.

Fonti più ufficiose che ufficiali, hanno dichiarato alle agenzie di stampa internazionali, che le operazioni avrebbero avuto l’appoggio diretto di alcuni paesi arabi – si parla di Giordania, Bahrein, Arabia Saudita, Qatar e Emirati Arabi Uniti – ma non sono chiari ancora dettagli degli eventuali ruoli operativi.

Gli attacchi, secondo fonti locali (e i racconti sui social di diversi miliziani) sono stati oltre 20, e si sono concentrati prima sulla zona di Raqqa (la roccaforte del califfato in territorio siriani) per poi allargarsi su diversi altri obiettivi; nel nord ovest, tra Aleppo e Idlib, sarebbero state invece colpite postazioni della qaedista al-Nusra e secondo quanto scritto dal Wall Street Journal, tra i target dei raid sono finite anche otto postazioni del gruppo Khorasan – entità estremista guidata dalla vecchia guardia di al-Qaeda Muhsin al-Fadhli – nelle aree di Aleppo.

Gli obiettivi sono stati di vario genere: prima centri di comando e depositi di armamenti, il sistema logistico del Califfo, i bersagli più grossi, per poi spostare il mirino su postazioni mobili e possibili elementi in fuga – ovvio che l’interesse era e sarà diretto verso a quadri di alto rilievo.

I raid, che sono stati portati avanti per ore, sono stati condotti con diverse tipologie di velivoli: si parla di B1, F-15, F-18, F-16, AV8, e per la prima volta dall’inizio dei bombardamenti sono stati utilizzati gli F-22, i caccia bombardieri più tecnologici a disposizione dell’US Air Force: sono rapidi, veloci, invisibili, in grado di controllare una bomba a guida laser da 15 miglia dal bersaglio. Impiegati pure i droni Predator e Reaper, che garantiscono capacità di fuoco prolungata e possibilità di “seguire” veicoli in spostamento. Inoltre, sono stati lanciati missili Tomahawk da navi americane che incrociavano nel Golfo – nei bersagli, in questo caso, gli obiettivi di dimensione più importante.

L’utilizzo dei missili da crociera, è la prova che l’attacco è stato coordinato e aveva target ben noti e mirati. La raccolta dati sulle postazioni del Califfo nel territorio siriano, dovrebbe essere stata un’attività quasi esclusiva dei droni, dato che – almeno a livello ufficiale – non c’è stato coinvolgimento del governo di Assad: è probabile, comunque, che ci sia stata un’attività di intelligence svolta a terra, coadiuvata da passaggi di info da parte dei ribelli “amici” sul campo.

La decisione di attaccare in Siria, presa dalla Casa Bianca dopo gli ultimi vertici con il Pentagono – e, sembra, comunicata al Congresso preventivamente – apre una nuova fase della guerra allo Stato Islamico.

Innanzitutto, saranno da seguire i risvolti diplomatici dei raid siriani: il governo di Damasco aveva già fatto sapere che avrebbe considerato gli attacchi una violazione della propria sovranità, e la Russia – che considera la Siria un alleato strategico in Medio Oriente – si era fatta eco. Il presidente Vladimir Putin ha già condannato, definendola «inaccettabile», la decisione americana di procedere con le operazioni senza coordinarsi con l’esercito siriano. E con ogni probabilità non tarderà ad arrivare anche lo scontento iraniano.

Altro aspetto di riguardo, sta nel ruolo – da confermare – delle forze arabe: l’impegno dell’Amministrazione Obama in questi ultimi giorni, era tutto orientato verso il coinvolgimento di questi paesi, anche attraverso la narrazione mediatica delle dichiarazioni di alti funzionari, sia per necessità strategiche, sia per cancellare la corposa parte della propaganda del Califfato che ruotava intorno agli “attacchi degli invasori occidentali”. Se quei cinque paesi hanno avuto veramente un ruolo portante in queste prime azioni sulla Siria, questo rappresenta un messaggio diretto alla popolazione dello Stato Islamico – una sorta di invito alla contro-insurrezione.

E infine, un altro interessante argomento di analisi, è relativo alla decisione di includere tra i target dei bombardamenti anche entità diverse dall’IS. Il gruppo Khorasan, secondo quanto dichiarato da CENTCOM, era considerato un pericolo imminente per Washington, e avrebbe potuto colpire in ogni momento in Occidente. Mentre della possibilità di azioni contro la Jabhat al Nusra, affiliazione qaedista in Siria, non si era mai parlato prima. Al-Nusra non ha mostrato mai interessi diversi da quelli locali siriani, e secondo alcuni analisti poteva essere addirittura una “spalla” non-ufficiale nella lotta all’IS – con cui è in rotta da tempo – sul campo: si trova massicciamente schierata anche sul Golan, dove in fondo, finora, era stata tollerata anche da Israele – per ragioni di interessi, visto che combatteva contemporaneamente Assad e Hezbollah, entità avverse agli israeliani.

Indubbiamente, uno dei tanti rischi che questa nuova fase del conflitto apre, è che l’attacco contro le postazioni di al-Nusra possa far sì che il gruppo torni a riunirsi con lo Stato Islamico, nell’ottica di una caccia al nemico comune.

@danemblog 

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