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Vi racconto l’incontro di Renzi in Silicon Valley. Parla Valeria Sandei (Almawave Usa)

Valeria Sandei è uno dei top manager italiani, e non solo italiani, che Matteo Renzi ha incontrato nel corso della sua visita nella Silicon Valley.

Sandei è amministratore delegato del gruppo Almawave e Presidente di Almawave Usa.

Ecco la conversazione con Formiche.net subito dopo aver incontrato il presidente del Consiglio.

Che impressione le ha fatto il premier? Che cosa vi ha detto?

L’impressione è stata molto positiva. Renzi ha comunicato agli imprenditori di andare avanti con determinazione nel loro percorso e rappresentato alcuni punti importanti del piano di riforme che intende attuare per rendere l’Italia un Paese sempre più attrattivo e in cui sia più facile valorizzare i nostri talenti.

Aveva incontrato altri presidenti del Consiglio italiani?

Non ho mai avuto prima l’occasione di incontrare un premier. L’impatto è stato molto immediato, diretto e aperto nel dialogo. L’ho apprezzato.

Che messaggio ha voluto lanciare a Renzi col suo intervento?

Il Gruppo Almaviva lavora nell’innovazione tecnologica. Siamo italiani, abbiamo 14.000 dipendenti in Italia e 23.000 all’estero, dove siamo cresciuti da zero, partendo solo 7 anni fa e portando le nostre competenze e capacità di innovazione maturate in Italia.

Cosa fa l’azienda che lei guida?

La mia azienda, Almawave, una delle società del Gruppo, lavora con oltre 200 giovani talenti, ingegneri, matematici, statistici, su tecnologie di frontiera – analisi del linguaggio naturale, della voce, statistica avanzata – in grado di trasformare i modelli di gestione della relazione di aziende e amministrazioni con i clienti e i cittadini, portando la semplicità del linguaggio che tutti amiamo come utenti internet anche nel mondo dell’accesso ai servizi, alle informazioni, alle transazioni.

Che fate negli Stati Uniti?

Siamo in Usa oltre che in altri Paesi nel mondo, per portare software con valenza globale,”Made in Italy”, e portiamo avanti questa importante sfida con tutta la nostra energia e le nostre risorse.

Qual è la ragione che l’ha spinta a sfidare la concorrenza della Silicon Valley?

Se sviluppi tecnologia e investi milioni di euro e crei laboratori con roadmap consistenti, un solo Paese non basta: il mercato è globale. Fare software e non essere in USA significa perdere il 50% del mercato mondiale potenziale. La competizione deve essere analizzata ma non spaventare. Del resto anche in Italia se hai un prodotto che non vale nessuno te lo compra, le grandi multinazionali ci sono anche qui. Il mercato USA è molto focalizzato sui risultati di efficienza e qualità che il software può portare e crede nella tecnologia di frontiera come leva per innovare il business. Su questo giocheremo la nostra partita e non credo che l’etichetta “Made in Italy” sarà un problema se avremo cose interessanti da dire. Comunque continuiamo ad avere ottimi riscontri da analisti di mercato e clienti internazionali che ci danno fiducia e ci convincono che siamo sul sentiero giusto.

Dalla Silicon Valley l’Italia come si vede? E’ un Paese su cui investire o da cui stare alla larga?

Io viaggio moltissimo, passando circa 20 giorni al mese all’estero. In qualunque luogo mi trovi, San Paolo, San Francisco, Johannesbourg, la percezione è sempre quella di un Paese in cui c’è tanto valore, ma spesso vi è anche attitudine a sottovalutare ciò che si fa da noi.

I miei investimenti sono in Italia, sono su competenze, risorse e progettualità basate da noi, perciò non sono la persona giusta per dire se si debba stare alla larga dal nostro Paese…

Meglio cercare di far tornare in Italia i cervelli italiani emigrati o no?

I cervelli emigrati possono aiutare da Silicon Valley o da altri luoghi. La mia CEO negli Stati Uniti è uno di questi cervelli, una “sintesi” di Silicon Valley (Bocconi, Stanford, Berkley, Google, start up…) e contribuisce molto bene da li supportando il nostro sviluppo e il nostro mercato.

Come si fa ad attrarre i talenti?

I talenti sono tali anche perché in genere amano ciò che fanno, dovunque siano; li attrai con la sfida intellettuale, con la progettualità importante in cui possano riconoscersi e a cui possano contribuire. Se la trovano in Italia restano, altrimenti vanno, e a mio avviso fanno bene.

Quali sono le leve su cui puntare in Italia?

Fare impresa in Italia non è facile, soprattutto in un mercato in costante arretramento, per questo come Gruppo continuiamo a investire nell’internazionalizzazione come leva per espandere i nostri orizzonti e creare nuove opportunità. Se però vai all’estero senza innovazione il viaggio di rientro è molto rapido. Credo che lavorando su queste due leve, innovazione ed internazionalizzazione, le nostre imprese potranno creare manager più forti e preparati, progetti consistenti che vadano oltre la fase di start up per divenire grande impresa e indotto, e dunque nuove opportunità per il Paese.

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