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De Magistris e le dimissioni, why not?

Commento pubblicato oggi da L’Arena di Verona, Giornale di Vicenza e Brescia Oggi

Se la legge è uguale per tutti, come si ostinano a scrivere sui tribunali, e noi cittadini a leggere e a credere, per un politico la legge dovrebbe essere “un po’ più uguale”. Nel senso che lui per primo, a prescindere dall’incarico ricoperto o dal partito di riferimento dovrebbe, ogni volta che la circostanza lo richiede, essere d’esempio nel pretendere il rispetto di questo antico principio di eguaglianza, cioè di giustizia. Ricchi o poveri, potenti o umili, la legge non fa distinzioni. Altrimenti, che Stato di diritto sarebbe?

Il destino bizzarro ha fatto sì che stavolta a dover far valere la circostanza di elementare civiltà,sia chiamato un ex magistrato importante, nel frattempo diventato sindaco di una città importante. Luigi De Magistris, primo cittadino di Napoli. Gli tocca dimostrare che certe parole scolpite nelle aule non sono retorica ipocrita di pochi illusi e molti creduloni. E lui sa, e lui può, perché De Magistris da pubblico ministero all’epoca non guardava in faccia nessuno, immedesimandosi in quel criterio di sacra equità: “La legge è uguale per tutti”. Di più. Se in giro c’erano politici condannati che ancora facevano politica -e ce n’erano molti, e ce ne sono ancora tanti-, De Magistris non temeva di dire a voce alta quel che i normali cittadini dicono a voce bassa, ossia con buonsenso: un condannato non è detto affatto che sia colpevole, finché non sarà una sentenza definitiva a decretarlo. Ma intanto è opportuno che quel politico condannato (“condannato” e non semplicemente “indagato”), si ritiri dalla cosa pubblica. Oltretutto sapendo che, se alla fine del processo risulteràestraneo ai fatti, il popolo sovrano potrà di nuovo eleggerlo, avendoapprezzato la coerente serietà con cui quella persona s’è comportata.

Ora De Magistris è stato condannato in primo grado a un anno e tre mesi per abuso d’ufficio per l’acquisizione illecita, ai tempi della sua celebre, ma non fortunatissima inchiesta “Whynot?”,di utenze di parlamentari. “Non lascio, si dimettano i giudici”, è stata la sua durissima risposta a chi gli suggeriva, prima che ci pensi la legge-Severino d’autorità col prefetto, di fare quel che lui suggeriva di fare agli altri in casi di condanna: dimettersi. “Resisterò, è una sentenza vergognosa”, ha rincarato la dose, guadagnandosi una risentita replica dall’Associazione nazionale magistrati e l’intervento del presidente del Senato, Pietro Grasso. Bufera per tutti nel più classico,ma inedito corto circuito fra politica e magistrati. O meglio fra la legge e il politico-magistrato che non ha imparato la lezione che impartiva.

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