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Ecco perché il Salento non è solo turismo. Viaggio nel Sud sviluppista/1

Con questo articolo inizia il viaggio nel Sud sviluppista curato da Federico Pirro dopo l’editoriale del direttore di Formiche.net, Michele Arnese

La notizia che la Porsche Engineering intende potenziare la sua presenza nel Salento con un investimento di 20 milioni intorno alla sua pista di Nardò – ove si collaudano auto di tutti i costruttori europei – e la recente quotazione in Borsa della società bergamasca Agronomia – che a Guagnano, un centro della provincia, ha nell’azienda Jentu la sua principale piattaforma produttiva in cui impiega 100 unità lavorative, coltivando e trattando verdure di quarta gamma – sono eventi che stimolano alcune riflessioni sull’industria localizzata in quella che una volta era chiamata la Terra d’Otranto.

Riflessioni tanto più necessarie perché, ad avviso di chi scrive, da anni ormai essa è considerata – come conferma la costante crescita delle presenze – una delle mete turistiche più trendy del Mezzogiorno e del Paese per le sue risorse paesaggistiche, storico-culturali ed enogastronomiche grazie alle quali le località più rinomate (Lecce, Otranto, Melendugno, Ugento, Castro, S. Maria di Leuca, Gallipoli, Porto Cesareo, Nardò, eccetera) si sono imposte sul mercato delle vacanze con strutture ricettive diversificate. E non a caso Lecce è in competizione con altre città italiane per essere proclamata capitale europea della cultura nel 2019. Il turismo, dunque, è divenuto una leva forte per la crescita locale, ma ciò induce molti osservatori a ritenere che questo territorio viva prevalentemente di turismo, agricoltura, commercio, artigianato artistico e Pubblica amministrazione, mentre l’apparato industriale operante nell’area viene non solo largamente sottovalutato nelle sue dimensioni in termini di addetti, unità locali, valore della produzione ed esportazioni, ma addirittura considerato ormai in larga parte distrutto dalla lunga recessione che ha colpito il nostro Paese.

Nulla di più lontano dalla realtà: l’industria nel Salento, invece, è storicamente ben radicata e diversificata, e vanta tuttora aziende di eccellenza in diversi comparti – metalmeccanica, agroalimentare, tac, estrattivo, legno-mobilio, chimica, cementiero, cartotecnica, Ict, edilizia – con localizzazioni diffuse in diversi Comuni che hanno assunto così caratteri anche di centri manifatturieri come ad esempio la conurbazione Lecce-Surbo, Trepuzzi, Galatone, Leverano, Galatina, Corigliano d’Otranto, Casarano, Tricase, Taurisano.

Spicca nel comparto metalmeccanico il grande stabilimento della CNH Industrial – frutto della fusione di Fiat industrial e della Cnh Global – che con 600 occupati diretti e 1.000 nelle attività indotte costruisce macchine movimento terra, esportate su diversi mercati. Sergio Marchionne lo ha considerato sito di eccellenza del Gruppo, trasferendovi le produzioni dalla fabbrica di Imola, poi dismessa. Accanto a tale impianto e in altri Centri operano medie industrie locali come la Lasim – poco più di 200 addetti attiva nell’indotto auto – la Cog (radiatori per auto), la Alcar (componentistica per il movimento terra), le Fonderie de Riccardis, il gruppo TO.MA (estrusi in alluminio, con annessa fonderia e impianti di verniciatura), la Eco met – che tratta rottami di ferro in grandi volumi e si accinge a rilanciare con altre aziende lo scalo commerciale di Surbo delle FS, prima costruito e poi abbandonato dalle stesse – la Giannuzzi (equipaggiamenti per aerei), le Officine Ricciato (allestimento veicoli), la S.ME.I. (meccanica di precisione) ed altre di minori dimensioni.

Nell’agroalimentare, fra poco più di 20 rinomate case vinicole, sono divenuti leader anche sui marcati esteri i marchi Leone de Castris, Conti Zecca e Cantele, mentre in altre branche del settore si segnalano fra le imprese di medie dimensioni il salumificio Scarlino, la già ricordata Jentu, la Interfrutta, i pastifici Cavalieri e Tandoi, la Quarta Caffè, l’Oleificio Cazzetta, l’Aia vecchia, il Molino del Salento, mentre molto diffuso è un artigianato conserviero di qualità che tratta grandi partite di ortaggi prodotti dall’agricoltura locale.
Nel settore estrattivo, nell’area di Cursi si estrae la rinomata ‘pietra leccese’, lavorata ed esportata da aziende fra le quali emerge la Pi.Mar che ha lavorato anche con Renzo Piano. Nel legno-mobilio sono ormai praticate costruzioni di arredi domestici e mobili da cucina come alla Inden, fra le maggiori nel settore in Puglia.

Nel farmaceutico emergono la Lachifarma e la Pr Chimica, la prima, produttrice fra gli altri di farmaci antimalarici esportati, e la seconda di antiossidanti naturali senza sostanze chimiche. Nel comparto cementiero spicca il grande stabilimento della Colacem di Galatina, nella cartotecnica l’imponente scatolificio della Imballaggi Lubelli a Galatone, mentre nell’Ict operano il call center della multinazionale svedese Transcom e la Comdata, quest’ultima con circa 1.000 occupati. Nell’edilizia emergono la Igeco e la Leadri attive nei lavori pubblici, e la Fersalento in quelli ferroviari.
Molto vivace si presenta inoltre il panorama delle start-up nate nell’Università del Salento che hanno avviato produzioni di beni e servizi nati da qualificati filoni di ricerca dell’Ateneo.

Consideriamo per ultimo il tessile-abbigliamento-calzaturiero che sino alla metà dello scorso decennio era il primo per numero di addetti, ma che nell’ultimo decennio ha subito soprattutto nei calzaturifici maggiori Filanto e Nuova Adelchi drastiche ristrutturazioni con il loro indotto che ne hanno causato la scomparsa. Ma la produzione calzaturiera continua tuttora con successo presso la Iris Sud e la Elata, mentre ‘contoterzismo’ di qualità si realizza per i marchi di Della Valle e Ferragamo da calzaturieri di Presicce e Casarano. Filati si producono alla Canepa a Melpignano – località notissima per la sua ‘Notte della taranta’, la kermesse annuale di musica popolare – berretti si confezionano alla Borsalino di Maglie e maglierie nelle Industrie tessili Barbetta di Nardò. Ma è bene ricordare che il Salento può vantare stilisti di fama ormai internazionale come Ennio Capasa e Gianni Calignano che, pur operando con i loro atelier a Milano e a Roma, mantengono rapporti di fornitura con le migliori manifatture locali.

Questo apparato industriale – di cui abbiamo citato le aziende maggiori, cui se ne affiancano molte altre di minori dimensioni – se da un lato fra il 2009 e il 2013 è stato duramente investito dalla crisi, dall’altro in molte delle sue aziende ha reagito con innovazioni di processi e prodotti, ricapitalizzazioni, ampliamenti di capacità e più aggressive politiche di marketing che hanno salvato quelle più dinamiche e qualificate, conservando così al Salento una consistente base manifatturiera e la sua occupazione. Anche il Tacco d’Italia, insomma, non è affatto un deserto industriale e non si accinge a diventarlo.

Federico Pirro – Università di Bari – Centro Studi Confindustria Puglia

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