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Perché Renzi apre a Camusso

Basta ascoltare le parole di uno storico sindacalista e politico esperto come Franco Marini per capire che forse qualcosa è cambiato. “Io vedo nella relazione di Matteo Renzi un’apertura vera e se non capisco male c’è uno strumento su cui lavorare ossia “tipicizzare di più quello che la Fornero prevede come giusta causa, se si mettono le mani lì la situazione si sblocca”, ha detto ieri dal palco della Direzione Pd, sollecitando l’unità del partito. Gli ha fatto eco il presidente della commissione Lavoro della Camera Cesare Damiano, certo non un renziano, parlando di “passo avanti”.

LE APERTURE
In effetti, nell’intervento del segretario Pd si sono intravisti segnali distensivi verso l’ala più intransigente del suo partito e soprattutto verso il sindacato: possibilità di reintegro per i licenziamenti disciplinari oltre che per i discriminatori, due miliardi per gli ammortizzatori sociali, lotta alla precarietà e la riapertura della sala Verde di Palazzo Chigi per concertare con i sindacati.

LA REAZIONE
“Noi siamo pronti”, ha risposto in una nota la Cgil, che ha comunque fatto notare come il discorso resti “ancora vago, indefinito e contraddittorio, a partire dalle affermazioni sull’articolo 18″.

GLI SCONTRI
Nulla a che vedere però con i toni durissimi sentiti nei giorni scorsi tra Susanna Camusso e il presidente del Consiglio. Il segretario Pd sembra in qualche modo aver accolto l’invito che all’indomani del suo videomessaggio di sfida su “Margaret Thatcher e Marta” era arrivato dal sindacato di Corso Italia attraverso un tweet: “Basta insulti al sindacato: guardiamoci negli occhi e discutiamone #fattinonideologia”.

LE MOTIVAZIONI
Sarà che sulla insolita cautela renziana possano aver influito i consigli del capo dello Stato che Renzi ha visto ieri. Napolitano condividerebbe sì con lui l’urgenza delle riforme, ma non il modo arrogante con cui sta tentando di imporle a forze politiche e sigle confederali.

Sarà poi che con questa mossa soft, il premier vuole fare breccia sulle più morbide Cisl e Uil e scongiurare il rischio di uno sciopero generale minacciato dalle tre sigle confederali.

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