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Un pensiero da Londra: e se Renzi non la sfanga?

Guardando l’Italia dalla perfida Albione, il primo pensiero che mi è sorto spontaneo questa mattina leggendo le news online è che il Presidente Matteo, pur con tutta la sua buona volontà, l’indubbio talento e quel pizzico di cattiveria che non guasta… non la sfanga.

Avevo già scritto tempo fa di qualche personalissima riserva sui famosi mille giorni, non tanto per le qualità o l’apparente decisionismo del premier, ma per l’ambiente nel quale si trova ad operare, ovvero i fattori indigeni di una maggioranza risicata, un partito schizofrenico  ai quali si aggiungono fattori esterni, crisi economica perdurante, accordi e vincoli europei preistorici rispetto ai quali gli errori commessi alla nascita della moneta unica sembrano quisquilie.

La discussione sull’articolo 18, le direzioni Pd e i compromessi al ribasso che sembrano arrivare, le ipotesi tafazziane sul Tfr in busta paga,  stanno a dimostrare che in questa condizione, non essendoci crescita e soprattutto trippa per gatti – leggi soldi – la sensazione è quella di assistere a mediazioni e tentativi di dubbia reale efficacia, sia sotto il profilo di una ripresa sia per quanto riguarda l’occupazione.

Poi dai una lettura ai giornali inglesi e quell’espresso che stai bevendo quasi ti va di traverso. Su produzione, occupazione, crescita qualche numero è certamente più significativo di mille parole e sterili programmi. In sintesi, il Governo inglese ha ridotto le tasse sulle imprese dal 28% al 21%. In Italia – pensi – già questo primo target sarebbe il sogno di ogni imprenditore. Ma non basta, dal prossimo anno l’aliquota nominale sarà ulteriormente abbassata al 20%, portando così il carico fiscale complessivo – giova ribadire complessivo – al 35%, ovvero il più basso tra i Paesi maggiormente industrializzati.

Quindi, non stupisce di leggere che alcune tra le grandi società di consulenza internazionale abbiano dichiarato che sono letteralmente prese d’assalto da multinazionali estere che hanno deciso o stanno decidendo di trasferirsi in Gran Bretagna, con il risultato enfatizzato anche dal governo Cameron di creare nuova ricchezza, ergo nuovi posti di lavoro  e rendendo sostenibile una buona crescita che, alla fine,  consentirà di far entrare al Tesoro miliardi di sterline in tasse. Senza troppe ciacole, è la chiusura del cerchio.

Ora – ti chiedi –  perché non copiare una banale e semplice ricetta? Il denaro – leggi investimenti soprattutto quelli esteri – va dove gli è più facile crescere e riprodursi. E siccome il Belpaese è gravato da ischemie quali burocrazia, apparato istituzionale, infrastrutture, attività illecite che richiedono ben più di mille giorni per essere curate, perché non partire dall’emulare una ricetta che funziona e potrebbe portare immediati risultati positivi su ambo i fronti? Considerando poi il fattore tempo a disposizione, letti anche gli indici ed i dati diffusi da Istat e Cnel, viene proprio da chiedersi cosa ‘sto dinamico ed esuberante premier italiano stia aspettando. I conti pubblici italiani non consentono un simile “azzardo”? E chi se ne frega. Un arto in cancrena non lo curi con aspirine e tanto meno con pannicelli caldi. E’ tempo di interventi seri, chiari e definitivi: quello delle ciaciole e delle mediazioni o finisce immediatamente oppure presto in Italia parlare di crescita, impresa e occupazione non avrà senso perché sarà davvero inutile.

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