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La scommessa di Sitael per una Puglia spaziale. Viaggio nel Sud sviluppista/3

C’è un Sud a vocazione spaziale ben rappresentato da Sitael, media azienda pugliese del gruppo Angelo Investments, attiva nella microelettronica per sistemi aerospaziali e nella fornitura di soluzioni “chiavi in mano” per microsatelliti di osservazione terrestre.

L’impresa ha da poco inaugurato un nuovo stabilimento a Mola di Bari. Ecco passato e presente dell’azienda in una conversazione con il suo ad Nicola Zaccheo.

Dottor Zaccheo, come nasce la scommessa di Sitael?

Non poteva che scaturire da una grande passione, ma anche da stime serie e autorevoli che identificano negli small satellite, il nostro segmento principale, un mercato in forte crescita nei prossimi anni. Anche per questo abbiamo voluto investire circa 20 milioni di euro nella nuova sede di Mola di Bari, che si sviluppa su una superficie totale di 30mila metri quadrati.

Sitael è un esempio virtuoso e isolato o è la dimostrazione che è possibile fare impresa all’avanguardia anche al Sud?

Credo che nel suo intervento durante la giornata inaugurale il premier Matteo Renzi avesse ragione. Il Sud può emanciparsi dalla logica di un’impresa ancorata solo a vecchie produzioni, per abbracciare anche l’alta tecnologia. Una cosa non pregiudica l’altra. In questo senso lo spazio rappresenta un settore strategico, che genera sviluppo e valore aggiunto, aumenta un’occupazione di qualità che consente alle nostre menti migliori di rimanere in Italia. Dovunque nel mondo gli italiani ricoprono posizioni di vertice e di grande responsabilità nel settore aerospaziale. Vorremmo che fossero messi in condizione di lavorare anche qui. Fa sempre bene ricordare che l’Italia è stato il terzo Paese a lanciare un satellite nello spazio dopo Usa e Urss con il programma San Marco. Noi lo spazio ce lo abbiamo nel sangue.

Ultimi risultati e prossimi obiettivi?

Sitael partecipa a tutte le missioni aerospaziali più importanti dell’Esa – Swarm, Sentinel, Gaia; è presente sulla Stazione spaziale internazionale; ha contratti importanti con l’Agenzia spaziale giapponese e con la Nasa; ed è l’unica impresa dell’aerospazio italiana presente con la sua tecnologia sulla sonda Curiosity nell’esplorazione di Marte. Abbiamo investito parecchio in questi anni, arrivando ad essere leader in molti settori, tra cui quello dei satelliti a propulsione elettrica. Ciò ci ha consentito di passare dai 20 dipendenti del 2010 agli oltre 300 di oggi, mentre proiezioni attendibili stimano che arriveremo a 1000 lavoratori entro 5 anni. Siamo concentrati su missioni utilizzanti small satellite, dedicate perlopiù all’osservazione della terra, soprattutto nel campo dell’infrarosso termico. Ma la nostra scommessa maggiore rimane lo sviluppo non solo dei satelliti, ma anche delle applicazioni per utilizzare al meglio i dati a terra. I risvolti sono numerosissimi, dalla sanità alla sicurezza.

La Nasa sceglie Boeing e Space X per costruire il nuovo “Shuttle”. Come commenta la notizia?

Il futuro è questo. I budget pubblici sono ormai limitati e lo saranno sempre più in futuro. Ben vengano capitali privati in questi campi. Alcuni aspetti critici dovranno certamente essere sempre armonizzati dal pubblico, ma il futuro del nostro settore è nelle applicazioni e nei servizi che questo può generare. La presenza privata è dunque un passo necessario, oltre che naturale.

Vedrebbe di buon occhio un progetto analogo in Europa?

Assolutamente sì. Aprire ai privati significa aprire alla competizione. In fondo è quello che facciamo già, come azienda privata. In Europa questo mercato è ancora dominato da grandi player statali, ma a poco a poco la situazione sta cambiando, anche grazie alle innovazioni apportate da Elon Musk e dalla sua Space X, che è un po’ il nostro modello.

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