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Perché Ncd dovrebbe lasciare il governo. Parla D’Alì (Ncd)

“Ci aspettano mesi molto difficili con riforme importanti che richiedono il consenso di una larga base parlamentare. Per questo, è giusto ragionare su una formula diversa dall’attuale esecutivo. Un sostegno esterno al governo da parte di Ncd, unitariamente a Forza Italia, potrebbe essere una soluzione. Ciò ci consentirebbe di poter affermare meglio alcune nostre proposte e di far valere di più i nostri risultati”. E’ questa la riflessione che Antonio D’Alì, senatore siciliano di Ncd e responsabile economia del partito, affida a Formiche.net.

Senatore, Ncd sta per compiere un anno. Quale il suo bilancio?
La funzione essenziale per cui è nata Ncd è stata quella di consentire all’Italia di mantenere la governabilità e avviare una stagione di riforme che sarebbe stata vanificata dal ritorno alle urne. Al governo, il contributo del nostro partito è stato grande nell’elaborazione di tante normative ma a basso impatto mediatico, a causa della predominanza del presidente del Consiglio a livello comunicativo. Il nostro obiettivo non è certo quello di collezionare medagliette ma quello di guardare alla sostanza delle cose. È chiaro però che in un’evoluzione del quadro politico bisognerà rifletterci.

Lei cosa propone?
Constatato che su alcune proposte forti di Ncd disattese come l’estensione del bonus degli 80 euro alle famiglie numerose o l’ulteriore riduzione dell’Irap non abbiamo avuto la possibilità di essere determinanti perché siamo al governo, potrebbe esserci l’opportunità di riallacciare le larghe intese con una formula diversa da quella originaria, cioè l’appoggio esterno, insieme a Forza Italia.

Insomma l’idea è quella di uscire dal governo. Perché?
C’è una differenza sostanziale tra fare parte del governo e fare parte della maggioranza. Si avvia nei prossimi mesi la stagione delle grandi riforme ed è necessario il coinvolgimento di una larghissima maggioranza per evitare sorprese dei franchi tiratori e perché è giusto che il Paese sia largamente rappresentato in questa fase. Sostenere il governo è un percorso che la stessa Forza Italia immagina di fare, riunirci potrebbe essere una svolta importante per tutto il centrodestra.

Un’altra svolta per il centrodestra potrà arrivare dall’avvio della Costituente popolare?
Io non penso ci siano spazi per una nuova avventura centrista, come è stato dimostrato ampliamente dalle ultime elezioni. Ncd deve recuperare la sua motivazione originaria di forza politica nuova, sganciata dai vecchi schemi, e la sua identità di forza di centrodestra. Per questo il dialogo con Fi deve restare assolutamente aperto.

Quali sono le priorità di questa stagione di riforme che si profila?
Al primo posto c’è la rivisitazione della struttura socio-economica del Paese. I confini amministrativi in Italia sono fermi a 150 anni fa e ciò provoca sprechi enormi che hanno fatto esplodere il debito pubblico. Imporre dei tagli senza ristrutturare non è la strada giusta. Pensiamo per esempio alle 21 Regioni, a tutti i relativi apparati, alla burocrazia, al fatto che non dialogano tra loro. Per me andrebbero abolite del tutto o comunque accorpate in sistemi omogenei con un bacino non inferiore ai 5/6 milioni di abitanti. Lo stesso vale per gli 8.200 Comuni. Sono una struttura arcaica che non possiamo più tenere, dobbiamo andare rapidamente verso le fusioni. Per questo sono molto deluso dall’andamento della riforma costituzionale e non ho partecipato alla votazione. Poteva essere la grande occasione per mettere mano con coraggio alla governance del territorio, se rimane così com’è, sarà un’occasione perduta.

Parlava di debito pubblico. Come arginare questo macigno che pesa sull’Italia?
A mio avviso, un’Europa che ha centralizzato la moneta, le banche e che ha imposto una serie di regole comuni dovrebbe coprire dal punto di vista gestionale una parte del debito pubblico dei suoi Stati. La mia idea è che l’Europa gestisca attraverso la Bce il 60% di tutti i debiti pubblici, consentendo un riallineamento dei tassi. La rimanente quota resterebbe in capo alle singole nazioni ma con un ulteriore effetto di trascinamento dei tassi al ribasso.

Ncd continuerà la sua battaglia sull’articolo 18?
Certamente Ncd dovrà sostenere questa battaglia e ciò provocherà dei problemi, visto il passo indietro di Renzi. Il presidente del Consiglio è stato tirato fortemente per la giacchetta dalla sinistra del suo partito e dai sindacati e sull’altare di una non spaccatura, in quanto segretario del partito, ha concordato di modificare alcuni punti già definiti in Commissione. Il problema si potrebbe anche non porre con la delega, se verrà approvata così com’è, ma si ripresenterà con i testi definitivi dei decreti legislativi.

Sul Tfr in busta paga su cui sta ragionando il governo, cosa pensa?
Si tratta di una soluzione che innanzitutto dovrebbe contenere un elemento volontaristico. Ogni medaglia ha il suo dritto e il suo rovescio. Ci sarebbe un immediato miglioramento dei saldi di busta paga ma verrebbe indebolito l’aspetto di integrazione pensionistica. Per lo Stato, ci sarebbe un incremento immediato delle entrate, di contro per le imprese bisognerebbe considerare che la voce Tfr è sempre stato un fondo delle componenti patrimoniali e quindi ci sarebbe da assolvere con cash all’eventuale richiesta del dipendente a riguardo. Se il governo decide di percorrere questa via, dovrebbe quindi assicurare l’attenzione del mondo del credito alle imprese in modo specifico su questo argomento.

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