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Ebola, così disinformazione e panico intralciano la lotta al virus

Bere acqua di mare, ingerire grandi quantità di olio di origano, strofinare sale sul corpo o acquistare miracolosi rimedi che “i potenti dell’industria farmaceutica mondiali” vogliono tenere nascosti per arricchirsi. L’associazione spagnola Dulce Revolución ha messo a disposizione dell’Organizzazione mondiale della salute le sue medicine naturali contro Ebola. Basta fare un giro su Internet per scoprire insoliti antidoti. Come succede con il cancro e altre malattie, c’è chi si improvvisa medico.

OLI ESSENZIALI CONTRO IL VIRUS

La Young Living sostiene sul suo sito: “Il virus di Ebola non può sopravvivere alla presenza di un livello terapeutico di olio essenziale di cannella e origano”; mentre la compagnia DoTerra scrive: “Molti oli essenziali sono antivirali… possono aiutare a prevenire il contagio di Ebola”. Negli Stati Uniti, dove la morte del paziente Thomas Eric Duncan in Texas ha scatenato il panico tra la popolazione, la Food and Drug Administration ha già preso provvedimenti contro diverse imprese che sostengono di guarire il virus.

LA STAMPA NON AIUTA

Paura, disinformazione e un uso sbagliato dei social media ostacolano la battaglia mondiale contro Ebola, secondo il settimanale Time. I giornali di certo non aiutano a calmare la popolazione. I titoli delle prime pagine della stampa internazionale annunciano l’apocalisse: “L’Oms decreta un’emergenza di salute pubblica a livello mondiale”, scriveva il 20 agosto France 24; “Ebola fuori controllo” è stato il titolo di apertura del Pais il 5 settembre; “Gli scienziati pronosticano un futuro catastrofico a causa di ebola” era l’apertura del Times il 12 settembre del 2014.

PANICO IN SPAGNA

#VamosAMorirTodos (Moriremo Tutti) è uno dei Trending Topics di Twitter in Spagna da quando l’infermiera Teresa Romero (in isolamento da lunedì nell’ospedale Carlos III di Madrid) ha contratto il virus dal missionario Manuel García Viejo. Per tranquillizzare la popolazione, il premier Mariano Rajoy aveva chiesto di dare fiducia ad “uno dei migliori sistemi sanitari del mondo”.

Peccato che i protocolli non siano stati rispettati. La donna si è toccata il viso con un guanto mentre si toglieva la tuta e nessuno ha controllato se la procedura si fosse svolta come prevede il regolamento dell’Oms. Per 10 giorni la donna ha svolto una vita normale, nonostante presentasse alcuni sintomi della malattia. In ospedale le avevano consigliato di assumere paracetamolo. Un altro hashtag di successo in Spagna riguardava la campagna per salvare il cane della Romero: #SalvemosExcalibur.

FORME DI CONTAGIO

In Africa occidentale i governi hanno deciso di chiudere le frontiere. In Liberia, la pena per chi nasconde in casa un malato di Ebola è di due anni. L’esercito ha l’ordine di sparare contro chi vuole attraversare i confini.

Sempre sui social network si leggono commenti di gente convinta che l’ebola si trasmetta soltanto parlando con un malato, respirando la stessa aria, o addirittura chi crede che colpisca soltanto persone di colore. Le immagini degli assistenti sanitari con maschere e tute integrali non aiutano, sembrano uscite da un film di fantascienza. È importante ricordare che, come riconosce l’Oms, il virus si trasmette avendo contatto con liquidi biologici (sangue, vomito, sudore) di persone o animali infetti e con sintomi in evidenza.

SI PUÒ GUARIRE DI EBOLA

In un’intervista pubblicata dal quotidiano francese Le Monde, Medici senza frontiere ha detto che “il tasso di mortalità di Ebola è tra il 20 e il 90%”. Il numero è così ampio perché il virus è pericoloso, soprattutto quando è curato male. Si muore per disidratazione ed emorragia. Le trasfusioni di sangue e la costante idratazione possono aiutare più di un vaccino sperimentale.

Ma niente panico. Almeno in Italia. Almeno per ora. La Stampa racconta oggi un “viaggio nell’ospedale romano Spallanzani come ‘finto’ malato”. Nella simulazione sono stati rispettati tutti i parametri del protocollo: “Terapie non ci sono, ma si procede con antibiotici ad ampio spettro, sostanze idratanti, farmaci anti vomito. ‘Tutte cose che nel 70% dei casi aiutano a uscirne vivi’, garantisce (il primario Nicola) Petrosillo. Così è per il nostro paziente 0, che dopo 3 settimane può tornare a casa. Senza virus e senza averlo trasmesso. Si spera”.

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