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Perché non concordo con l’entusiasmo di Sacconi e Ichino sull’articolo 18 renziano

L’Italia è un Paese invertito. Con il maxiemendamento al Jobs act Poletti 2.0, a fronte di una formulazione assolutamente generica della norma di delega in materia di licenziamento individuale, il centro destra rischia di subire una sconfitta storica sulla legge Biagi che potrebbe – sulla base delle pur vaghe norme votate – essere smantellata dai decreti delegati, cosa che non riuscì nemmeno al governo Prodi con Rifondazione comunista in maggioranza e Cesare Damiano al dicastero Lavoro. La sinistra, dal canto suo, si contorce le budella sul nulla (visto che dell’articolo 18 non si parla nemmeno)  mentre non si accorge che è vicina ad ottenere qualcosa che somiglia molto al cosiddetto ‘’contratto unico’’. Comunque, il provvedimento deve ancora passare dall’esame della Camera, dove a Renzi faranno vedere i sorci verdi. Capisco le posizioni di Maurizio Sacconi e di Pietro Ichino. Possono cantare vittoria, però, soltanto perché i loro avversari – per motivi incomprensibili –  sono tanto sciocchi da continuare a lamentarsi della sconfitta. Sacconi ed Ichino si fidano delle intenzioni e degli orientamenti di Pier Matteo Renzi Tambroni al momento della  predisposizione dei decreti delegati. Auguri. Ma acquisterebbero mai una macchina usata dal ‘’garzoncello scherzoso’’?

I leader europei sono degli indovini? Oppure sono talmente preparati da impadronirsi anche dei problemi più complessi in pochi minuti ? Conoscono così bene  gli ordinamenti degli altri Paesi da poter cogliere al volo ciò che va in direzione delle c.d. riforme strutturali? Sembra difficile. Eppure Merkel, Hollande e Barroso, a Milano, hanno rilasciato – in diretta – dichiarazioni  di apprezzamento per il Jobs act Poletti 2.0. Non solo prima che il testo fosse votato, ma anche conosciuto. Non risulta che Pier Matteo Renzi Tambroni si fosse recato a Milano con una copia del maxiemendamento, già tradotto in inglese da Pietro Ichino.

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