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Ebola, ecco la baruffa sui protocolli

Il protocollo dell’Organizzazione Mondiale della Salute (Oms) è molto chiaro: per non contagiarsi di Ebola, il personale sanitario deve coprire la testa, il collo e le orecchie con una cuffia chirurgica. Devono essere indossati occhiali protettivi e mascherina per non entrare in contatto con possibili schizzi di sangue o fluidi del paziente. Inoltre, sotto la tuta devono essere indossati camice e pantaloni chirurgici, resistenti e facili di disinfettare, e stivali di gomma e guanti, entrambi sopra la tuta. Nessuna parte del corpo deve essere esposta. Come ultimo strato, un grembiule impermeabile.

Un rito che bisogna seguire con molta cura e che in alcuni casi non è stato rispettato. Il risultato? Secondo l’Oms ad oggi il bilancio dell’epidemia Ebola è di 9000 casi e un tasso di mortalità che è salito dal 55% al 70%.

PICCOLI GESTI IMPORTANTI

In un articolo pubblicato oggi sulla Stampa, Domenico Quirico racconta il suo viaggio a Kenema, il luogo simbolo dell’epidemia, e spiega come sta imparando rapidamente “i piccoli gesti dei tempi di Ebola”: non toccarsi mai gli occhi o il viso con le mani, misurarsi la febbre, azioni ordinarie ma sulle quali bisogna fare attenzione. “Il morbo si insinua nelle piccole dimenticanze, usa le abitudini più banali per entrare in te”, ricorda l’inviato.

RAPPORTO CON IL CADAVERE IN AFRICA

Il giornalista spiega che, tra le cause della diffusioni del virus, c’è il rapporto con il defunto nella cultura africana. In Africa il morto “lo si tocca, lo si espone, lo si lava. L’acqua dell’ultimo bagno vien sparsa sui dolenti, in qualche caso la si beve. È così che Ebola ha attecchito e svolto il suo lavoro di morte. Perché il cadavere che rilascia tutte le sue secrezioni è il maggior veicolo di contagio. Quando uomini coperti da strani scafandri si sono presentati nelle case per portar via i cadaveri la gente si è ribellata, li ha nascosti: i nostri morti non possono finire così!”. Ecco perché il virus si è diffuso con tanta velocità.

MEDICI EROI IN KENEMA

All’ospedale di Kenema sono morti 27 operatori sanitari. Dal primario agli infermieri. Sono diventati eroi nazionali “come quelli che accettarono di entrare a Cernobil o nella centrale giapponese di Fukushima, a sfidare il Mostro nella sua tana”, spiega Quirico. Ma il contagio del personale sanitario è un incubo che non riguarda soltanto l’Africa, ma anche l’Occidente. In Spagna l’infermiera Teresa Romero è infetta di ebola dopo avere assistito il missionario Manuel García Viejo, morto il 26 settembre a Madrid. Negli Stati Uniti, un’altra infermiera, Nina Phamm, ha dato positivo al test del virus. Aveva assistito il paziente Thomas Eric Duncan, morto a Dallas lo scorso mercoledì. Ma come si sono contagiati?

VIOLAZIONI DEL PROTOCOLLO

Nei due casi è stata confermata la violazione del protocollo. Romero si è toccata il viso con un guanto dopo essere stata in contatto con fluidi del paziente e anche Pham non ha rispettato qualche passaggio della normativa.

Il direttore del Centers for Disease Control and Prevention, Tom Frieden, ha confermato che l’organizzazione sta riconsiderando il protocollo contro l’infezione di Ebola. “Dobbiamo ripensare il modo in cui affrontiamo il controllo del virus perché anche una sola infezione è inaccettabile”, ha detto. E’ necessario intensificare la formazione e istruzione degli assistenti sanitari per affrontare meglio la malattia. Frieden ha spiegato che tra i cambiamenti che vogliono inserirsi nel protocollo c’è l’azione di “spruzzare di disinfettante gli operatori sanitari dopo che escono da una stanza con un paziente Ebola. Un passo che attualmente si fa in Africa, ma non negli Stati Uniti”.

LA POSIZIONE DELL’OMS

Il direttore dell’unità di malattie trasmissibili, sicurezza ambientale e medio ambiente dell’Oms, Guenael Rodier, sostiene che non è necessario modificare il protocollo per fare fronte alla crisi di Ebola. “Siamo sicuri che in Spagna si sta facendo un’inchiesta su cosa è successo”, ha detto. “Per adesso – ha aggiunto Rodier l’Oms non considera necessario cambiare il protocollo, dopo l’infezione dell’infermiera in Spagna. Il contagio accidentale in persone esposta al virus può succedere. Nonostante, il rischio si può e deve ridursi, con misure di prevenzione più rigorose e il controllo dell’infezione. L’Oms farà un’inchiesta su questo e altri casi”.

ACCORDI TRA OBAMA, HOLLANDE E ONU

Secondo il Wall Street Journal, su Ebola il presidente americano, Barack Obama, ha parlato al telefono con il presidente francese, Francois Hollande, e il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon. Hanno discusso su nuove misure per contenere il virus, tra cui lo screening dei passeggeri al momento della partenza e di arrivo e una più diffusa adozione di misure di screening che sono già partite lo scorso sabato negli Stati Uniti.

MENO VITTIME DELL’INFLUENZA

Dal 1976, quando è stato scoperto, circa 4000 persone sono morte di Ebola. Ma Ebola è meno contagioso della tubercolosi, la varicella o l’influenza. Nel mondo muoiono 250mila persone per influenza nel mondo, una cifra molto più alta di quella di Ebola.

In un’editoriale pubblicato il 6 ottobre, il quotidiano El Mundo ha chiesto alla comunità di sconfiggere gli allarmismi. “Il contagio di Ebola di un’infermiera che aveva assistito ai due missioni morti a causa del virus è una drammatica notizia che ha provocato una grande sorpresa e una logica preoccupazione. Ma Ebola non si dall’aria, come l’influenza, ma per il contatto con i fluidi contaminati una volta che la persona contagiata presenta i sintomi ed è in fase avanzata, quando presenta vomiti ed emorragie, per cui è necessario dare un messaggio di tranquillità alla popolazione”. Ora resta capire se il protocollo dell’Oms è insufficiente o si è commesso l’errore umano dell’imprudenza.

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