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Perché Eric Schmidt sostiene che i veri rivali di Google sono Facebook e Amazon

Contro l’Unione europea che accusa Google di monopolizzare il settore della ricerca (e non solo) e forse di abusare della sua posizione dominante (controlla più del 90% delle ricerche su Internet nel nostro continente), il colosso americano mette in guardia: ci sono aziende anche più potenti di noi. I nomi? Facebook nel mobile e Amazon nella ricerca.

LE PAROLE DI ERIC SCHMIDT

E’ stato Eric Schmidt, l’executive chairman di Google, ad affermare che la maggiore rivale della sua azienda nella ricerca è Amazon, in un discorso in cui ha replicato a chi criticava il potere di mercato di Big G. “Siamo solo una delle tante finestre sul web”, ha detto Schmidt.

Schmidt, che parlava in una conferenza a Berlino, ha detto che la sua azienda non dovrebbe essere soggetta a regolazione come se fosse il “gatekeeper” (una sorta di porta di ingresso) di Internet, data l’influenza di altri colossi americani come Amazon e Facebook.

L’executive chairman di Google ha spiegato che la nuova generazione di utenti di Internet preferisce la ricerca da mobile e “l’app più popolare del mondo, anche in Europa, è Facebook”. Nella ricerca, poi, “molti pensano che il nostro principale concorrente sia Bing di Microsoft o Yahoo. Ma in realtà il nostro primo rivale nella search è Amazon”, perché gli utenti di Internet spesso vanno direttamente sul sito del grande retailer Usa quando fanno shopping, senza passare per i motori di ricerca.

Schmidt si è rivolto anche agli editori, con cui Google è da tempo ai ferri corti. Secondo Schmidt, gli utenti usano in molti casi i siti dei giornali senza passare prima per Google; per esempio, la rivista tedesca Bild, “il giornale più letto in Europa, riceve circa il 70% del suo traffico direttamente”, ha indicato.

Schmidt non ha tralasciato di rispondere alle lamentele delle aziende del settore viaggi, come Yelp e TripAdvisor, che hanno accusato Google di comportamento lesivo della concorrenza: Schmidt ha detto che queste aziende godono di ottima salute nonostante affermino che Google metta a repentaglio i loro affari.

“Nessuno è costretto a usare Google se non vuole”, ha concluso Schmidt.

SOTTO PRESSIONE IN EUROPA

Le parole di Schmidt vanno lette nel contesto delle forti pressioni che Google subisce in Europa per la sua posizione dominante sul web. L’ultimo caso in ordine di tempo che riguarda l’azienda americana è la sentenza del commissario alla protezione dei dati di Amburgo, Johannes Caspar, che ha ritenuto che Big G crea profili dei suoi utenti senza il loro consenso esplicito, infrangendo così la legge tedesca sulla privacy. Google infatti mette insieme diverse informazioni arrivando alla creazione di “complete schede personali” dei singoli utenti da cui si possono dedurre informazioni sensibili come l’orientamento sessuale dell’utente, se è sposato o single, dove si trova e dove ha viaggiato, e così via. Caspar ha perciò ordinato a Google di prendere provvedimenti affinché chi usa le sue piattaforme, come Gmail, sia in grado sempre di controllare fino a che punto e in che modo i suoi dati sono usati per creare dei profili.

Google non è nuova a queste bacchettate dai regolatori della privacy. Anche in Italia, Gran Bretagna, Francia, Spagna e Olanda Google è nel mirino per la capillare raccolta di dati personali sulle sue piattaforme e l’autorità francese per la privacy ha anche multato Big G per 150.000 euro dopo che la società ha ignorato il termine di tre mesi per portare le sue policy in linea con il diritto francese.

Intanto continua ad essere aperta l’inchiesta della Commissione europea sul possibile comportamento anti-concorrenziale di Google nella ricerca: il caso risale a novembre 2010 e il colosso americano ha cercato di fare già delle concessioni (presentandone tre diverse versioni) all’Antitrust Ue, non ancora però ritenute sufficienti. Anzi, ora Joaquín Almunia, il commissario Ue alla concorrenza, ha dichiarato di fronte al Parlamento europeo che, a meno che Google non modifichi nettamente la sua proposta per patteggiare, potrebbe essere colpita da uno “statement of objections”, primo passo formale verso una multa che potrebbe ammontare al 10% del fatturato globale dell’azienda, ovvero circa 6 miliardi di dollari.

In Europa Google è nel mirino delle autorità anche per il sistema operativo Android, che Big G avrebbe slealmente sostenuto con accordi preferenziali con i produttori di device.

PERCHE’ AMAZON

Non stupisce dunque che Schmidt parli dei suoi concorrenti per alleggerire parte della pressione sulla sua azienda. Ma che Amazon e Facebook abbiano un ruolo di peso nei loro settori è un dato di fatto. Il colosso delle vendite online, per esempio, si è notevolmente rafforzato, non solo aumentando la sua presenza sui mercati globali (ha messo in cantiere un investimento di due miliardi di dollari in India per cavalcare l’atteso boom dell’e-commerce nel Paese) ma comprando a inizio anno la piattaforma di video gaming in streaming Twitch Interactive per quasi 970 milioni di dollari, un’acquisizione che secondo gli analisti è uno scacco per Google, che avrebbe avuto un notevole vantaggio dal comprarsi questa società. 

“Ora Amazon ha il potenziale per avere un suo You Tube”, ha commentato Paul Armstrong, consulente di Here/Forth. Ben Schachter, analista di Macquire, ha osservato che il candidato all’acquisto considerato “naturale” dagli addetti ai lavori era Google, che in precedenti trattative avrebbe offerto un miliardo di dollari per Twitch: essendo proprietario di You Tube, avrebbe avuto a disposizione il luogo ideale per pubblicare i video in streaming di persone che giocano ai video games. Ma anche per Amazon ci sono enormi potenzialità da sfruttare con l’acquisto della piattaforma – che a luglio contava 55 milioni di visitatori che hanno guardato 250 milioni di ore di giochi –  perché le consente di avere accesso a una nuova audience, il gaming, “uno dei quattro pilastri su cui Amazon sta costruendo il suo media business”, nota Michael Goodman di Strategy Analytics.

La piattaforma può inoltre consentire al gigante dell’e-commerce di spingere sul settore dell’advertising online e di catturare una bella fetta dei 6 miliardi di dollari di ricavi da pubblicità su Internet che eMarketer prevede per quest’anno, anche in questo facendo concorrenza diretta a Google. “Questo non significa che ora Amazon possiede un You Tube”, commenta  Armstrong, “ma ha il potenziale per averne uno”. “È un accordo significativo soprattutto perché priva Google di qualcosa di importante, non tanto per quello che dà ad Amazon”, ha addirittura detto James McQuivey di Forrester.

FACEBOOK E LA PARTITA DELLA PUBBLICITA’

Schmidt ha parlato a ragion veduta anche del ruolo di Facebook nel mobile. Già a gennaio 2013 Facebook è diventata la app mobile più popolare negli Usa in termini di utenti unici, superando Google Maps, secondo i dati di comScore Mobile Metrix. Oltre ad avere l’audience più vasta, la app di Facebook è di gran lunga la prima per livello di engagement: rappresentava il 23% del tempo speso sulle mobile app negli States, mentre le app di Google collettivamente ne rappresentavano il 10%.

Il trend si è confermato a dicembre 2013, quando un sondaggio pubblicato da Consumer Intelligence Research Partners sulle app mobili più usate negli States ha ribadito la supremazia di Facebook. Facebook a fine anno scorso era usato 4 volte di più della seconda app in classifica, che era Twitter. Google search e Google Maps sono solo al nono e al dodicesimo posto rispettivamente anche se la classifica si basa sulla frequenza d’uso, non sul reach. Ovvero: Google e Google Maps sono probabilmente su quasi tutti i cellulari, ma Twitter e Facebook sono usati molto più di frequente.

Che il mobile sia una fetta sempre più significativa dell’attività di Facebook è dimostrato anche dai suoi risultati finanziari, sempre più trainati dalle mobile ads, che rappresentano ormai la fetta più grande della torta pubblicitaria. E oltre un miliardo di utenti di Facebook si connette mensilmente da device mobili. Facebook ha anche esteso il suo network pubblicitario al mobile Internet e acquistato Little Eye Labs, startup indiana che produce un software per analizzare le performance delle app per Android.

Di nuovo, la rivalità con Google si gioca sulla pubblicità, specialmente su piattaforme mobili, dove è il traino della crescita. Google attrae oggi un terzo del valore (140 miliardi di dollari) del mercato delle Internet ads, ma la quota di Facebook sta aumentando a passi da gigante, essendo raddoppiata in due anni a quasi l’8%, secondo dati di eMarketer. Tanto che l’analista Jennifer Wise di Forrester Research si aspetta che Google annunci presto qualche novità nel campo della pubblicità, soprattutto per piattaforme mobili: mentre l’Ue pensa alla posizione dominante sulla ricerca il vero problema di Big G è come rimanere prima nella corsa per attrarre la spesa pubblicitaria che sta diventando sempre più “cross-device”.

 

 

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