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Partito della Nazione: cenni di «Terza Repubblica»

Negli ultimi giorni si è molto parlato del «Partito della Nazione»: qualcuno lo ha fatto per difenderlo, altri per definirlo, i più per denigrarlo. Eppure quel “partitone” che per tanti rappresenta una sorta di “scandalo” o di “incubo”, esiste da sempre. È emerso dalle urne con il 37% del PdL nel 2008 e si è ripresentato puntualmente alle recenti europee nella forma dirompente del 41%.

Dunque, il 25 maggio non è nato l’agognato grande partito della sinistra ma, più realisticamente e solo nei numeri, si è materializzato quel «partito d’Italia» che storicamente – dal centro – suona la grancassa della politica italiana. Un partito ancora senza volto e senza nome ma con un leader ampiamente riconosciuto e, soprattutto, con una collocazione obbligata: il centro.

Ecco lo scoglio!

Quanto al nome, fin dal suo insediamento Renzi non ha mai nascosto il desiderio di cambiare nome (e pelle) al PD. Per i volti permane la fucina “Leopolda” e per la virata al centro (luogo politico da evocare sempre con molta cura e qualche scongiuro) ecco pronto l’Italicum new style: premio al maggior partito e apparentamento con l’ala moderata.

Ma si sa: banchetto ricco, mi ci ficco! E c’è da scommettere che molti saranno i commensali. Ad iniziare da quel Cav che con il suo PdL ambiva a divenire il volano “attrattore” – al centro – della politica italiana. Velleità storicamente basata sull’acqua ed inevitabilmente naufragata.

Se nell’Italia politica esiste una regola essa recita: l’Italia si governa dal centro. Un centro con il cuore che batte a sinistra.

Quindi, gli ingredienti per una stabilizzazione (o, per alcuni, restaurazione) del quadro politico sembrano esserci tutti. A meno che non si ecceda con l’ambizione “maggioritaria”. Renzi non può permettersi di perdere nessuno: né i “vitali” partner di governo, né la minoranza interna (da qui l’apertura sulla direzione de l’Unità), né Forza Italia. Il Premier sa benissimo che se un partito deve nascere, e nascere al centro, esso non potrà fare a meno del consenso dell’ala moderata. Quella che gli ha permesso di vincere le primarie e governare a Firenze. E, soprattutto, quella che gli permetterà di riformare l’Italia e presentarsi al voto da “eroe”.

La Terza Repubblica, dal cuore antico, è alle porte!

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