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La minoranza Pd scelga: o sta con Camusso o con Renzi. Parla Rondolino

Le ricette camussiane? Sono la causa del crack italiano. Ne è convinto, nel giorno della manifestazione della Cgil a Roma, Fabrizio Rondolino, giornalista e analista politico, già tra i consiglieri di D’Alema a Palazzo Chigi e ora sostenitore del corso renziano.

La piazza della Camusso è più un invito alla scissione nel Pd o più contro il Jobs Act?
Il pretesto è il Jobs Act, ma l’icona è di una manifestazione contro il governo e prevalentemente contro Matteo Renzi. Il problema è della minoranza del Pd e credo dovrebbero risolverlo da soli. Personalmente avrei difficoltà a stare in un partito e contemporaneamente manifestare contro il segretario e leader. Non sono propenso a espulsioni o scissioni, ma penso che esista un problema di coerenza.

Quali le differenze rispetto ai tre milioni portati in piazza da Cofferati nel 2002 contro Berlusconi?
La differenza fondamentale è che adesso al governo c’è la sinistra. Naturalmente ciò porta con sé una separazione netta fra la sinistra riformista e quella conservatrice. Non la chiamo radicale perché quel termine significa andare alla radice del problema, invece questa mi pare sostanzialmente una sinistra che punta a vivere in un mondo tramontato continuandone a difendere i privilegi, che a loro paiono dei diritti. Quando un diritto riguarda una minoranza smette di essere tale. La Cgil vive un dramma culturale e psicologico.

Quale?
Improvvisamente si trovano in minoranza nella società. Quarant’anni fa il lavoro dipendente a tempo indeterminato rappresentava il 90% della forza lavoro. Oggi solo un terzo. La mia non vuol essere una bestemmia ma un tentativo di descrizione neutra delle cose: è un po’ come la manifestazione milanese di Matteo Salvini. Si tratta di due movimenti tendenti alla conservazione di identità e diritti. Quando il mondo cambia c’è sempre qualcuno che si spaventa. In termini sociologici sono movimenti a difesa dell’esistente contro la modernizzazione. La società multietnica è espressione di modernizzazione come lo è la nuova sensibilità nel lavoro.

Patrimoniale per creare lavoro, propone la leader della Cgil: che ne pensa?
E’ socialismo. Tassare i ricchi poi innescherebbe una discussione su chi lo è realmente. Concettualmente è l’idea che la ricchezza accumulata rappresenti un peccato da espiare e che i posti di lavoro si aumentano assumendo statali. Ma questo è già stato fatto: l’Italia di oggi che non funziona è esattamente l’Italia socialista che la Camusso ancora ripropone, dove le tasse non servono a far funzionare la macchina pubblica ma a costruire consenso assumendo postini o forestali che non servono. L’inizio del caos, della mancata stabilità, del debito pubblico, della troika è da ritrovare proprio nel debito pubblico fuori controllo, creato dalle ricette camussiane.

Camusso, Landini, Fassina, Civati e Vendola: quanto è verosimile nella politica post ideologica la nascita di una Cosa rossa?
Si chiama vintage, il ritorno all’antico. Ha un suo mercato ma naturalmente è di nicchia. Credo che avrebbe una forbice di consenso tra il 5 e il 7%, però sono convinto che ci sia, così come è presente in tutta l’Europa meridionale.

“Veltroni battistrada, e noi mosche cocchiere” ha osservato giorni fa Giuliano Ferrara sul Foglio a proposito del Pd non più aggregato di correnti e culture di appartenenza. Nasce il partito della nazione?
È una parola che non mi piace, perché poi aprirebbe ai nazionalismi. Sono un europeista federalista, il mio mondo ideale prevede un’Europa politica con un altro governo delle comunità locali. E’ proprio la nazione che non ha più molto senso di esistere. Il concetto di partito della nazione è abbastanza chiaro: in grado di rappresentare la maggioranza degli interessi del Paese raccogliendo un consenso trasversale, rispetto alle passate appartenenze. Ma alla fine tutti quelli che vincono le elezioni sono partiti della nazione, così come la Cdu della Merkel, i socialisti di Mitterand e così via. Su questo aspetto non insisterei, mi piace che Renzi abbia invece trasformato in realtà quell’intuizione di Veltroni: il partito a vocazione maggioritaria.

twitter@FDepalo

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