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L’altra sinistra

Il mese che oramai volge al termine ha offerto spunti interessanti a tutti gli osservatori politici del continente sudamericano.

Si sono infatti svolte elezioni presidenziali in tre paesi del continente latino-americano. I risultati in tutti i casi hanno visto la sinistra confermarsi al potere, segno di una riconfermata fiducia nelle politiche di governo.

In Bolivia il 12 ottobre Evo Morales, leader indigeno del partito Mas (Movimento per il socialismo) ha ottenuto il suo terzo mandato. La rielezione ha legittimato il suo programma socialista, che ha avuto come obiettivi la nazionalizzazione delle riserve naturali, l’incremento della spesa pubblica, l’aumento delle spese destinate alle politiche sociali, la riduzione della povertà e un maggiore spazio alla maggioranza indigena.

Altra vittoria importante è stata quella di Dilma Roussef, Presidente uscente del Brasile e leader del Pt (Partito Dei Lavoratori), su Aecio Neves, candidato conservatore che aveva sbalordito tutti quando al primo turno ha eliminato la candidata del Psb (Partito Pocialista Brasiliano), Marina Silva.

La storia del Brasile degli ultimi anni è però un caso a sé. Infatti sebbene il gigante sudamericano, membro dei BRICS, sia riuscito ad affermarsi come ottava potenza economica mondiale, ha dovuto fare i conti con una radicata corruzione, con la spaccatura sempre più netta del paese che presenta un nord povero e un sud industrializzato e più ricco, e con uno spreco di fondi senza precedenti.

A tal proposito è storia nota quella delle manifestazioni che hanno contrassegnato i mondiali del 2014 dove la bassa e media borghesia e le classi meno abbienti sono scese in piazza ed hanno manifestato il proprio dissenso contro le politiche del governo, che ha investito miliardi di dollari di fondi pubblici per i Mondiali e per le Olimpiadi, che si svolgeranno nel 2016 a Rio De Janeiro, piuttosto che utilizzarli per costruire scuole e ospedali, strutture presenti in maniera iniqua sul territorio.

Infine l’Uruguay. Il piccolo paese, con poco più di tre milioni di abitanti, negli ultimi anni ha fatto parlare molto di sé grazie ad un Presidente unico nel suo genere quale Pepe Mujica che, per disposto costituzionale, non ha potuto ricandidarsi.

Qui Tabarè Vazquez, leader del Frente Amplio, salito già al potere negli anni 2000, primo Presidente di sinistra nella storia uruguaiana, andrà al ballottaggio con il candidato di centrodestra Luis Lacalle Pou, con un ampio margine di vantaggio avendo ottenuto al primo turno il 43/44 % dei voti contro il 32 % della destra.

Ed è proprio il suo predecessore, ossia Pepe Mujica, che stavolta Vazquez dovrà ringraziare.

Mujica, nonostante sia conosciuto nel mondo con il soprannome di “Presidente più povero del mondo” per aver deciso di trattenere per sé solo il 10 % dei 12000 dollari che spettano quale appannaggio presidenziale, e destinando il restante 90% alle classi più povere, ha fatto del suo paese un modello da seguire per molti.

Sul piano dei diritti sociali Mujica ha approvato le leggi sull’aborto e sulle nozze gay, ha legalizzato la marijuana, ha portato avanti una lotta senza quartiere alla criminalità organizzata e ha investito molto nelle politiche sociali.

Il Sudamerica continua, insomma, ad essere una roccaforte del socialismo e della sinistra. Cristina Fernandez de Kirchner in Argentina, Rafael Correa in Ecuador, Nicolas Maduro in Venezuela, Ollanta Humala in Perù sono altri esempi di paesi che hanno scelto il socialismo come unica alternativa a una crisi galoppante, figlia del neo-liberismo e del capitalismo finanziario.

 

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