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Ilva, ecco i due rischi nefasti. Che fa Renzi?

La Gazzetta del Mezzogiorno sabato 25 ottobre ha riportato ampi stralci di un nuovo documento della gip Patrizia Todisco che – dopo aver fatto compiere visite ispettive ai custodi giudiziari all’Ilva – ha inviato alla Procura della Repubblica, per le sue valutazioni e gli eventuali provvedimenti conseguenti, i risultati delle stesse visite ispettive. Dai risultati si evincerebbe che in due anni non vi sarebbero stati interventi significativi per la riduzione delle emissioni nocive, causa “di inquinamento e di morte” e che pertanto la stessa attività criminosa prosegue creando le condizioni perché da parte della Procura si debbano assumere i provvedimenti idonei a porre termine alla stessa

Domanda: si è forse alla vigilia di una nuova fase della complessa vicenda Ilva che potrebbe preludere ad altri provvedimenti della Procura, accolti dalla gip, di negazione della facoltà d’uso ad impianti peraltro ancora sotto sequestro? La risposta è affermativa secondo diversi addetti ai lavori.

Altra domanda: non è singolare la coincidenza secondo la quale il documento esce alcuni giorni dopo l’udienza del commissario Piero Gnudi in Parlamento in cui ha affermato che il 75% delle misure Aia è stato attuato? E non è evidente allora un’implicita accusa di falso a quanto da lui dichiarato? Interrogativi dietrologico-maliziosi? Forse.

Ma forse è giunto il momento che il governo si occupi direttamente della questione dell’Ilva di Taranto sotto tutti gli aspetti, normativi – con legislazione eccezionale anche riferita alle competenze degli organi giurisdizionali in materia – finanziari e societari, in particolare sui reati ambientali.

Se, come tutti sanno, a Taranto l’Italia si sta giocando un pezzo importante del sistema industriale, questa partita deve essere avocata sotto ogni profilo da Palazzo Chigi con altri provvedimenti anche normativi che vadano nella direzione indicata dalle leggi sinora approvate dal Parlamento e dalle sentenze della Corte Costituzionale e della Cassazione sulla vicenda Ilva, notano fonti vicine al dossier.

Anche tenendo conto che, come sottolinea oggi il Sole 24 Ore, “l’azienda non ha soldi, che i 125 milioni erogati dalle banche come prima rata del prestito-ponte stanno finendo e che degli altri 125 per il momento non se ne parla perché le banche attendono chiarezza”. Risultato? Su Ilva incombono due rischi. Da un lato impianti nuovamente sequestrati dalla magistratura, dall’altro casse a secco (con relativo effetto sugli stipendi dei dipendenti…).

Non proprio un bel biglietto da visiti per potenziali acquirenti, veri o presunti.

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