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Ecco il groviglio normativo che ammorba Ilva

Quando Matteo Renzi scese in Puglia per un tour che toccò anche la città di Taranto in occasione della Fiera del Levante lo scorso mese di settembre, al suo ingresso in Prefettura fu accolto da un gruppo di operai e ambientalisti che chiedevano di partecipare all’incontro sull’Ilva.

Presenti, con i sindacati confederali e dei metalmeccanici, Confindustria, Camera di Commercio e il sindaco della città, Ezio Stefàno, anche il viceministro allo Sviluppo Economico, Claudio de Vincenti, ed il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Luca Lotti.

Fu proprio in quell’occasione che Renzi spiegò che “l’Ilva è una questione nazionale”, che “la scommessa dell’Ilva, di questo Governo, di tutte le persone per bene  è che si possa fare produzione  industriale nel rispetto dell’ambiente” e che “questa partita appartiene al futuro e non solo al passato”. E Formiche.net, con un commento del professor Federico Pirro, uno dei pochi intellettuali meridionalisti non piagnoni ma appassionati e informati, apprezzò le parole del presidente del Consiglio.

Il motivo? Proprio da questa vicenda, e da alcuni nodi che si porta dietro, che dipenderà non solo il futuro dell’Ilva, ma il futuro industriale dell’Italia, come per certi aspetti mostra anche il caso Thyssen di Terni, in queste ore incandescente anche politicamente (qui il corsivo di Formiche.net).

Dossier come quello dell’industria siderurgica tarantina attraggono molti investitori stranieri che, tuttavia, rischiano di essere messi in fuga da precedenti ben poco incoraggianti sotto il profilo delle relazioni con la magistratura, soprattutto quella che si occupa di ambiente.

In particolare, un chiaro esempio è il caso di  Tirreno Power, il gruppo che ha tra i suoi soci Sorgenia, controllata dalla famiglia De Benedetti e difesa dall’ex ministro della Giustizia, Paola Severino. Il fatto è che il sito produttivo della centrale di Vado Ligure, il cui nome è già salito agli onori delle cronache per i problemi finanziari, si trova sotto sequestro da marzo per presunto disastro ambientale. L’inchiesta conta al momento dieci indagati e il suo sviluppo, a quanto risulta a Formiche.net, spaventa diversi investitori internazionali in quanto c’è il timore che indagini di questo tipo possano coinvolgere anche la nuova proprietà di Ilva.

Cosa può dunque fare il governo per migliorare la situazione? Direttamente poco, ma può sicuramente agire sul quadro normativo, intervenendo nel processo d’approvazione del disegno di legge sui reati ambientali, che è attualmente in discussione al Senato, sottolineano diversi addetti ai lavori.

A non far dormire sonni tranquilli a chi deve fare investimenti è la scolorita distinzione tra colpa e dolo nelle imputazioni per delitti ambientali, spiegano gli esperti del settore. Un’indeterminatezza giuridica che è stata sollevata anche da Confindustria nel corso di una recente audizione alle Commissioni Riunite Giustizia e Territorio del Senato.

L’associazione degli industriali italiani solleva un punto per niente trascurabile, vale a dire la chiarezza normativa. Se da un lato, infatti, le aziende che cercano chiarezza nel sistema normativo e nella definizione dei comportamenti punibili penalmente non possono che accogliere positivamente l’intenzione del disegno di legge in esame di completare e integrare il codice penale, dall’altro esistono ancora sensibili margini di miglioramento, come la necessità di ripensare la scelta di punire i delitti di inquinamento e disastro ambientale anche quando vengono commessi esclusivamente a titolo di colpa.

Una singolare anomalia peraltro in tempi di Presidenza Italiana della Unione Europea – rimarcano esperti del settore – visto che proprio il disegno di legge non segue le indicazioni dell’UE nel distinguere, nei reati ambientali, tra azioni commesse con colpa e delitti commessi con dolo o per grave negligenza finendo per mettere così sullo stesso piano chi ha deliberatamente scelto di compiere un illecito e chi si è trovato, colposamente ma non volontariamente, nella posizione di aver compiuto un illecito.

Anche su questo fronte, dunque, occorre cambiare verso per davvero.

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