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Armeni e Carfagna duettano sugli ovociti stile Apple e Facebook

Rinviare, senza la paura di perderla del tutto, la possibilità di essere madri. Opportunità o aberrazione? L’interrogativo in realtà nasconde un mondo. Quello incerto delle giovani che cercano un lavoro, e quello di altre che rischiano di perderlo. Eppure, se letto con altri occhi, questo fenomeno potrebbe rappresentare il superamento della disparità biologica tra uomo e donna e altre forme di condizionamento.

Tutto nasce negli Stati Uniti dove Facebook e Apple hanno annunciato di voler concedere alle loro dipendenti la possibilità di congelare i propri ovuli per dedicarsi alla carriera spostando in avanti le lancette dell’orologio biologico.

LE PRIME REAZIONI

Passando per la Rete la notizia ha destato grande eco sulla stampa dove le parole emancipazione e femminismo si sono mescolate al rigetto argomentato.
“Io considero la proposta di Facebook e Apple semplicemente aberrante, perché tale è il messaggio culturale in essa contenuto”, ha scritto sul Foglio la giornalista Ritanna Armeni.
“E’ una grande opportunità offerta dalla scienza”, ha scritto su Panorama la giornalista del Tg1 Barbara Carfagna.

QUESTIONE DI LIMITI

Consapevole del disagio che potrebbe indurre una donna giovane ad abbracciare la proposta di Facebook e Apple come un’ancora di salvezza, Armeni pone al centro delle sue riflessioni la questione del lavoro:
“Qual è il ruolo che una donna ritiene giusto di dover raggiungere prima di scongelare gli ovociti, senza temere che questo blocchi la sua carriera? Trovare un lavoro può essere il limite al quale è giusto sottoporsi? E se il lavoro la donna ce l’ha, qual è il momento della sua carriera nel quale può dire: adesso mi fermo e faccio un figlio?”, ha scritto la giornalista già al Manifesto sul quotidiano diretto da Giuliano Ferrara.

O DI OPPORTUNITA’…

Carfagna sposta invece l’attenzione sul terreno delle opportunità offerte dalla scienza: “Congelare gli ovuli entro i 30 anni eliminerebbe la causa biologica all’origine di effetti negativi, sociali e culturali, che accompagnano la fine dell’età riproduttiva della donna, precoce rispetto all’uomo”, si legge su Panorama.

UN EQUIVOCO?

Ma le differenze tra il nostro paese e quello americano nel modo di intendere il lavoro femminile rischiano di creare fraintendimenti.
Per Armeni “quel benefit che sembra moderno e generoso manda a dire che altri interventi a favore della maternità sono inutili, obsoleti, impossibili”.

Come offrire allora alle donne le stesse opportunità degli uomini nel lavoro e nella carriera?

“Questa opportunità la si può dare in vari modi. Quando esistevano davvero gli imprenditori illuminati e perfino adesso, qualche volta nei posti di lavoro si aprivano asili nido e si agevolava così il rapporto delle donne con il lavoro”, scrive Armeni.

Ma per Carfagna l’idea che le soluzioni siano alternative è figlia di un equivoco tutto europeo: “Nella Silicon Valley le stesse aziende offrono già una schiera invidiabile di vantaggi alla pianificazione familiare”.

SERENITA’ MENTALE E LIBERTA’ DI SCELTA

In realtà per la giornalista del Tg1 i vantaggi che le aziende americane starebbero valutando hanno a che fare con la serenità mentale delle dipendenti: “L’azienda si avvantaggia della dedizione delle giovani ma loro ampliano il ventaglio di opzioni tra cui scegliere a fronte di tutti gli imprevisti e i cambiamenti della vita.
Quali?
“A una ventenne che pensa di non volere figli si offre la possibilità di affrontare il futuro senza il retro pensiero che a 40 anni potrebbe pentirsi”, di “diminuire il rischio di aborto, molto frequente in caso di procreazione assistita con il proprio ovulo anziano” e di “donare ad altre”, scrive Carfagna.
Ma Armeni dubita che il meccanismo sia conveniente anche per le donne. Lo sarà sicuramente per le aziende: “Tengono legate alla produzione donne che spesso sono più brave degli uomini, più capaci di un lavoro di squadra e più flessibili, evitando che si allontanino anche solo qualche mese”, si legge sul Foglio.

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