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Il Corriere della Sera inchioda un Gentiloni filo-Putin

E’ un gioco di sfumature ma un dubbio, forte, sorge dopo la lettura della grande intervista che il nuovo ministro degli Esteri italiano ha rilasciato al Corriere della Sera.

La titolazione di via Solferino è tutta concentrata sulla posizione del nostro Paese nella crisi ucraina. Paolo Gentiloni per la verità parla a tutto campo, sottolineando in particolare il ruolo dell’Italia nel Mediterraneo e in Libia.

Non c’è dubbio però che le tensioni fra Kiev e Mosca rappresentano una emergenza purtroppo non sopita e che anzi va acuendosi. Proprio il giornale diretto da Ferruccio de Bortoli aveva ieri dato giusta evidenza alla posizione dell’Alleanza Atlantica dando voce al segretario generale della Nato che ha espresso del tutto logicamente parole forti e ferme.

In una continuità di fatto fra le posizioni espresse da Emma Bonino prima e da Federica Mogherini poi, Gentiloni ha espresso una posizione “doppia”: da un lato ha ribadito la fedeltà occidentale dell’Italia (sanzioni contro la Russia incluse) e dall’altro ha confermato l’approccio aperturista verso Putin, spingendosi a dire con nettezza che l’Ucraina non aderirà alla Nato neppure in futuro.

Questa linea del “siamo con gli Usa ma anche con Mosca” si riflette anche nella titolazione del Corriere che in prima pagina prova a sintetizzare “Diplomazia e dialogo per garantire l’Ucraina e il ruolo della Russia”. Nella pagina interna il titolo è tutto putinista isolando una singola frase estratta dal contesto più ampio del ragionamento di Gentiloni: “Garantire alla Russia il suo ruolo di grande Paese”.

Nessuna sorpresa se a leggere questo titolo qualcuno nelle sedi diplomatiche occidentali sarà saltato sulla sedia e nessuna sorpresa se il messaggio sintetico che arriverà nei ministeri degli Esteri stranieri sarà che l’Italia torna a prendere posizione pro-Putin. E il fatto che questo avvenga mentre il Cremlino, piegato dalle sanzioni e “tradito” dalla Cina, prova ad alzare i toni e a sfidare Washington ed i suoi alleati. Quando serve, ancora una volta, l’Italia non è presente, o lo è solo a metà.

Quello che Gentiloni dice al Corriere non è di per sé scorretto ma la tempistica da una parte e l’enfasi di via Solferino dall’altra rendono la posizione della Farnesina politicamente sbilanciata anche se molto apprezzata da molte feluche, a partire dal consigliere diplomatico di Giorgio Napolitano che prima di arrivare al Quirinale era stato ambasciatore a Mosca. Se a questo aggiungiamo il sonoro silenzio della Mogherini rispetto alla “invadenza” russa in Ucraina, non stupisce la perplessità che si registra in Europa e negli Usa a proposito del nostro modo di interpretare l’Alleanza Atlantica.

In particolare, fa specie che nessuno alla Farnesina abbia informato il ministro Gentiloni che Putin è infuriato più con la Ue per l’accordo di libero scambio con Kiev che non con la Nato per il suo allargamento ad est. L’attivismo anti-russo della Polonia non piace a Mosca, è vero. Ma è anche giusto ricordare che l’Alleanza Atlantica ha già incluso la Turchia (in modo incoerente l’Ue l’ha respinta, invece) ed aveva – fino alla crisi dei mesi scorsi – un rapporto di collaborazione intensissimo con la Russia. Il punto non è chiudere all’Ucraina ma lavorare per portare dentro Mosca (Putin non è eterno…).

Certo, come ha chiarito la responsabile dell’ufficio stampa della Nato Carmen Romero proprio sul Corriere, non è al momento al vaglio una soluzione militare alla crisi che si sta consumando ad est dell’Europa. Questo non toglie che l’ambiguità non favorisce neppure la soluzione diplomatica che invece, anche nelle settimane scorse, è progredita quando l’Europa si è presentata unita e semmai concreta (mettendo le risorse economiche a garanzia di Kiev e della stessa Mosca).

Alla fine, il timore è che una bella ed ampia intervista di un bravo politico come Gentiloni finisca per passare come un inutile e gratuito passo falso della nostra diplomazia. Il faccia a faccia in Australia fra Renzi e Putin dimostra che si può dialogare senza fare dichiarazioni pubbliche compromettenti. Tanto più se quelle dichiarazioni, come quelle evidenziate oggi dal Corriere, possono alimentare una interpretazione maliziosa di un normale bilaterale fra Italia e Russia a margine del G20.

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