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Isis e non solo. Perché serve una linea unitaria sui rapimenti dei terroristi

Dopo l’ennesima decapitazione dell’Isis ai danni di un ostaggio statunitense, Peter Kassig, il capo di Stato americano, Barack Obama, intende rivedere la linea politica sui rapimenti all’estero. Una notizia che dovrebbe spingere l’Europa e l’Italia a ripensare la loro linea su episodi analoghi, in modo da creare una condotta condivisa per meglio contrastare i terroristi, notano diversi osservatori.

CASI ECCEZIONALI

Finora Washington si è rifiutata di discutere il pagamento di un riscatto per i prigionieri, in contrasto con la condotta di molti Paesi europei, che spesso li hanno segretamente liberati negoziando con i rapitori, finanziando di fatto i jihadisti. E non è detto che l’atteggiamento americano cambi, ma la particolarità degli ultimi casi, unita al loro numero crescente, ha convinto il presidente Usa a intervenire.

LE INDISCREZIONI

Il Daily Beast, entrato in possesso di una lettera scritta al deputato repubblicano Duncan Hunter da un’alta funzionaria della Difesa, Christine Wormuth, riporta indiscrezioni secondo cui la revisione voluta da Obama dedicherà “particolare attenzione nell’esaminare il coinvolgimento della famiglia, la raccolta di dati dell’intelligence, con un miglioramento del coordinamento tra le agenzie e il rafforzamento dell’intero approccio governativo“, senza fare riferimento all’esborso di somme di denaro o altre contropartite.

OPINIONI DIVERGENTI

Che la Casa Bianca volesse rivedere la linea americana sul tema, l’aveva già confermato Alistair Baskey, portavoce del National Security Council, che ha spiegato come Obama abbia deciso questo passo l’estate scorsa. L’opinione pubblica e le famiglie delle vittime, in particolar modo, hanno criticato spesso l’Amministrazione Usa per la sua intrasigenza in merito al pagamento dei riscatti, che proprio ieri il segretario di Stato, John Kerry, ha definito un elemento di maggior pericolo per i cittadini americani e non una soluzione del problema. L’opinione più diffusa è, probabilmente, quella che si debba giudicare caso per caso.

LA LINEA ITALIANA (E GLOBALE)

E l’Italia? Anche i casi di rapimenti di cittadini italiani non mancano, purtroppo, come ricorda l’ambasciatore Antonio Armellini, commissario dell’Istituto Italiano per l’Africa e l’Oriente. L’ultimo ostaggio liberato è stato l’italosvizzero Federico Motka, rilasciato il 25 maggio scorso, grazie alla mediazione dei servizi segreti italiani, come ha annunciato Palazzo Chigi. E sono ancora 6 gli italiani nelle mani dei terroristi, tra i quali Greta Ramelli e Vanessa Marzullo, le due ventenni cooperanti scomparse a luglio, e il gesuita Paolo Dall’Oglio. Ma a dividere le due sponde dell’Atlantico, come sottolinea il diplomatico in un commento su AffarInternazionali, è che Roma, come altri Paesi del Vecchio continente, a volte “paga (un riscatto, ndr)” e “lo fa senza confermare, ma neanche smentire“. La mossa di Obama può essere dunque l’occasione per riflettere su quelle che Armellini chiama “minacce sistemiche globali – Al Qaida, Is, ma anche Boko Haram – che richiederebbero” invece “una risposta coordinata da parte della comunità internazionale nel suo complesso“. Il fatto che essa sia stata spesso zoppicante (Italia inclusa) e abbia dato l’impressione che Washington sia da sola nella lotta al terrore, costituisce “un potente incentivo per queste forme di violenza e mette in mostra una debolezza che dovrebbe indurre a riflettere – conclude il diplomatico – su quali siano le caratteristiche e i limiti di un sistema internazionale di sicurezza nel quale manchi un centro dì imputazione – e di potere – egemone e perciò stesso unitario“.

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