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Ecco cosa dirà Papa Francesco a Strasburgo

Ventisei anni fa Giovanni Paolo II visitava il Parlamento europeo, indicando tre campi di missione per l’Europa unita: la custodia del creato, la solidarietà verso i migranti e i rifugiati, la ricostituzione di una visione integrale dell’uomo. Temi che Francesco ha fatto propri, rendendoli un cardine del pontificato. Basti pensare che sul primo punto menzionato da Papa Wojtyla, la custodia del creato, il Pontefice regnante sta scrivendo un’enciclica. Probabile, dunque, che martedì 25 novembre, quando Francesco prenderà la parola nell’emiciclo di Strasburgo, le questioni care a Giovanni Paolo II tornino a risuonare con forza nell’Aula.

“TEMI DI GRANDE E DRAMMATICA ATTUALITA'”

D’altronde, “sono temi di grandissima attualità, forse potremmo aggiungere di drammatica attualità”, ha detto in un’intervista concessa al Centro Televisivo Vaticano il segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin. “Questi temi ricorrono spesso nei discorsi” di Francesco. “Soprattutto questo della solidarietà, che non è soltanto uno dei valori dell’Europa unità, ma che è l’obiettivo stesso dell’esistenza dell’Europa, e certamente una delle sue dimensioni fondamentali. E la giusta prospettiva anche per affrontare e per trattare questi temi è quella di una visione integrale dell’uomo, che è il terzo aspetto della visione e della proposta di Giovanni Paolo II. Un uomo considerato in tutte le sue dimensioni, quando anche la dimensione spirituale e la dimensione trascendente”.

LA PRIMA VOLTA NELL’EUROPA UNITA

Sarà la prima volta che il Papa parlerà in un Paese membro dell’Unione Europea (l’Albania, infatti, dove s’è recato nei mesi scorsi, non fa parte dell’Ue), e c’è molta attesa per il messaggio che indirizzerà, ricordando anche quanto disse nell’intervista al Corriere della Sera dello scorso febbraio. “Perché Santo Padre non parla mai d’Europa? Che cosa non la convince del disegno europeo?”, gli chiese Ferruccio de Bortoli. E Francesco rispose:Lei ricorda il giorno in cui ho parlato dell’Asia? Che cosa ho detto?  Io non ho parlato né dell’Asia, né dell’Africa, né dell’Europa. Solo dell’America Latina quando sono stato in Brasile e quando ho dovuto ricevere la Commissione per l’America Latina. Non c’è stata ancora l’occasione di parlare d’Europa. Verrà”.

“EUROPA PERCEPITA COME REALTA’ LONTANA E BUROCRATICA”

Si troverà davanti i rappresentanti di una istituzione in cui solo il trenta per cento degli europei ha fiducia, anche per effetto della crisi economica. Spiega Parolin che “l’Europa è percepita dalla gente come una realtà molto lontana, molto distante, una realtà burocratica che non si interessa degli effettivi problemi che vive ogni giorno la gente”. Ma, di più, questa crisi “si articola nella perdita di speranza, una perdita di fiducia che l’Europa possa dare risposta ai tanti problemi che il continente si trova a vivere”. Il fatto è che probabilmente, aggiunge il segretario di Stato vaticano, “non è più un dato comunemente accettato quello che è stato all’origine dell’Europa. Non è più un presupposto comune che permetta di affrontare insieme anche i problemi, le difficoltà e le sfide”.

OPERA DI FORMAZIONE E DI EDUCAZIONE PER I GIOVANI

Ciò che serve è “un’opera di formazione e di educazione soprattutto nei confronti dei giovani, per cercare di mostrare concretamente la validità del progetto europeo. Perché il progetto europeo, se vissuto secondo lo spirito e i valori dei padri fondatori, può essere ancora in grado, oggi, di rispondere alle sfide dell’Europa attuale e di dare risposte concrete alla gente”.

IL PROBLEMA DELLA DISOCCUPAZIONE

A creare sfiducia  c’è “il grande problema della disoccupazione, la mancanza di lavoro da parte soprattutto di tanti giovani. Per cui aumenta l’esclusione sociale. Invece una solidarietà e un’attenzione particolare a questa categoria di persone potrà essere un cammino sicuro per ridare vigore al progetto dell’Europa”.

LA QUESTIONE DEL RICONOSCIMENTO DELLE RADICI CRISTIANE

Il cardinale Parolin riprende in mano la questione (annosa, delicata e travagliata) del riconoscimento nei trattati comunitari delle radici europee dell’Europa. Il porporato ritiene che sia in corso una rivalutazione delle stesse: “Se guardiamo il trattato di Lisbona, nel primo articolo sono richiamati una serie di valori che sono fondamentalmente cristiani, che hanno le loro radici nella storia e nell’apporto che il nostro cristianesimo ha dato al continente, a partire dalla dignità della persona umana, il tema della libertà, della democrazia, dello stato di diritto, il tema del rispetto dei diritti umani”. Tutti valori che, dice, “nascono dall’humus del cristianesimo”. E tutto questo senza dimenticare “il contributo che i cristiani devono dare anche alla costruzione europea”.

“ALLARGARE GLI SPAZI DELLA RAGIONE”

Il segretario di Stato richiama poi “un concetto molto caro a Papa Benedetto, che è quello di allargare gli spazi della ragione – tra fede e ragione non c’è opposizione – come spazi di incontro e collaborazione con tutti, per la costruzione di quest’Europa che tutti desideriamo e che tutti sogniamo”.

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