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Ecco chi finanzierà la banda ultralarga di Renzi

Mentre le grandi aziende del settore sgomitano per posizionarsi sul mercato italiano delle telecomunicazioni, il piano di Renzi per lo sviluppo della banda ultralarga prosegue il suo iter. Inviato a Bruxelless, il documento strategico del governo è stato messo da qualche giorno in consultazione, al termine della quale sarà pubblicato nella sua versione definitiva da aggiornare semestralmente a partire dal secondo semestre 2015.

GLI ATTORI

La realizzazione del piano vedrà impegnati tutti gli attori, con alcuni distinguo del governo: “L’attore principale della presente strategia è il mercato che è chiamato a investire in un’infrastruttura ritenuta strategica per lo sviluppo del Paese. L’intervento pubblico è quindi solo sussidiario agli investimenti privati al fine di stimolarli”, si legge sul documento del governo.

OBIETTIVI E COPERTURA FINANZIARIA

Per massimizzare la copertura a 100 Mbps (“ultrabroadband” nel significato dell’Agenda Digitale Europea) dell’85% della popolazione e garantire a tutti i cittadini almeno 30 Mbps (fast broadband) sono stati messi sul piatto 6 miliardi di euro pubblici che andranno a sommarsi ai 2 miliardi di euro di investimenti privati dichiarati dagli operatori del settore nel triennio 2014-16.

LE RISORSE

Nel dettaglio saranno utilizzate risorse di natura regionale, nazionale e comunitaria provenienti dal Fers (Fondo Europeo per lo Sviluppo Regionale), dal Fears (Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale) e dal Fsc (Fondo Sviluppo e coesione).
Le risorse pubbliche stanziate corrispondono a 6,189 miliardi. Circa 2,4 miliardi giungeranno dal Fondo europeo di sviluppo regionale e dal Fondo europeo sviluppo rurale, i fondi strutturali Ue in larga parte destinati alle regioni meridionali. Altri 419 milioni arriveranno dal Piano Strategico Bul e 230 milioni dai programmi nazionali Fers. Il piano prevede inoltre che vengano stanziati “fino a 5 miliardi di euro per le infrastrutture di telecomunicazioni a partire dal 2017” per il tramite del Fondo coesione e sviluppo.

“Potranno concorrere al finanziamento della strategia – si legge sul documento integrale – anche il Fondo Junker ed economie/sinergie sviluppate da una gestione efficiente del Sistema pubblico di connettività”.

LE PRECISAZIONI DI BASSANINI SUL PIANO JUNCKER

Sul piano promesso dal presidente della Commissione europea Juncker per rilanciare la crescita dell’Europa occorre fare delle precisazioni: “Attenzione – ha detto il presidente di Cassa depositi e prestiti, Franco Bassanini, – non ci sono 300 miliardi di fondi pubblici nel piano Juncker”.
“Il piano – ha spiegato Bassanini – consentirà di mobilitare 300 miliardi di nuovi investimenti che secondo l’idea di Juncker si faranno creando le condizioni per gli investimenti privati, mettendo sistemi di garanzia che consentano di raccogliere più facilmente i finanziamenti bancari agli investitori e facendo intervenire la Banca europea degli investimenti”.

L’INTERVENTO DEI PRIVATI

L’impegno stimato degli operatori privati, concentrato nelle prime 482 città italiane, è per un investimento complessivo di poco inferiore a 2 miliardi di euro. “Modalità e intensità della partecipazione privata – si legge sul piano strategico del governo – saranno definite solo dopo l’esito della consultazione pubblica”.

LA SUDDIVISIONE IN BASE AL FABBISOGNO

Il documento del governo definisce poi nel dettaglio le soluzioni finanziarie individuate in base al relativo fabbisogno delle aree di intervento che sono state suddivise in 4 cluster.

“Per passare da 30 a 100 Mbps entro il 2020 nelle principali 15 città italiane (Cluster A) – specifica il testo del governo -, i privati dovranno investire, senza il concorso di finanziamenti pubblici, ma avvalendosi di misure di defiscalizzazione, circa 1 mld di euro per raggiungere 571mila edifici ancora non raggiunti a 100 Mbps, in cui risiedono circa 9,4 milioni di persone, ovvero il 17% della popolazione”.

Nelle 1.122 città (Cluster B) in cui risiede il 47% della popolazione dislocati in 4,5 milioni di edifici, sono necessari invece 6,1 mld di euro, anche di provenienza pubblica a debito e solo in minima parte a fondo perduto.

Per portare la banda ultralarga da 2 a 100 Mbps in circa 2.650 città in cui risiede il 22% della popolazione (Cluster C), dislocata in 3,5 milioni di edifici sono necessari invece 4,2 miliardi di euro, in parte di provenienza pubblica a debito e a fondo perduto.

Nel Cluster D, al quale appartengono circa 4.300 comuni, per portare la banda ultralarga da 2 a 30 Mbps coprendo 2,3 milioni di edifici in cui risiede il 15% della popolazione, è necessario infine 1 miliardo di euro, interamente pubblico a fondo perduto.

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