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Che cosa succede davvero in Rai

Canone, progetti di riforma, ricorsi del cda contro l’azionista, un dg sostanzialmente a bagnomaria. Benvenuti nel fantastico mondo della Rai. Partiamo dalla questione canone in bolletta.

I NUMERI

Stando alle cifre ufficiali la percentuale di italiani che non pagano il canone Rai si aggira attorno al 30%, pari ad un mancato introito di 500 milioni di euro. Dunque il governo ha davvero avuto paura di questa maggioranza relativa, al punto da addurre ragioni tecniche quali la mancanza di tempo per l’inserimento del provvedimento nella legge di Stabilità, per bloccare il Canone nella bolletta elettrica, nonostante i perentori annunci del sottosegretario alle Comunicazioni Antonello Giacomelli, oppure la partita è solo politica?

IL RETROSCENA

Una Rai più ricca potrebbe tornare a fare investimenti, rovinando lo status quo, come sostengono gli oppositori occulti al Canone in bolletta. Se il governo voleva davvero riformare il canone, i cosiddetti tempi tecnici c’erano eccome, avendo dato prova di celerità con atti legislativi ben più complessi. Giacomelli, vicino al ministro Enrico Franceschini, il dispositivo lo aveva scritto da tempo, con tanto di dettagli e capitoli particolareggiati. Un solo articolo con otto commi da inserire nella stabilità, al quale avrebbero fatto seguito i decreti attuativi.

LA LEVATA DI SCUDI

 

Dunque il tema è solo e soltanto politico. Forte di questa dettagliata visione del problema il viceministro dell’Economia Enrico Morando, in commissione Bilancio alla Camera, aveva annunciato che l’emendamento sarebbe stato inserito al Senato per essere approvato in tempo per l’attuazione a gennaio. Una volta fatto l’annuncio è iniziata la levata di scudi. A guidare la rivolta contro il canone in bolletta è stato l’Ncd di Angelino Alfano. La capogruppo Nunzia De Girolamo, che ha fatto sua la battaglia del canone, in sostanza ha avvisato il governo che sulla tassa in bolletta avrebbe portato la gente in piazza. All’esponente alfaniana si sono accodati un po’ tutti, dai grillini alla Lega, fino ad arrivare ad un pezzo del Pd che vorrebbe addirittura l’abolizione del canone, per finire con i gestori delle reti elettriche.

 

IL NIET DI RENZI

Troppo rischio per una modesta riforma ha pensato, a quel punto, Matteo Renzi, dopo aver sentito anche gli uomini del Cavaliere che si occupano di televisione. E così, con il solito audace colpo di mano, il premier ha tolto l’argomento dal tavolo lasciando con il cerino in mano al sottosegretario Giacomelli. Che ora rischia di entrare nel cono d’ombra di coloro che non sono più graditi al capo, dato che è tornato a rilanciare la sua idea nonostante il “Niet” del governo.

 

L’OBIETTIVO DI PALAZZO CHIGI

Evidentemente fra Palazzo Chigi e il ministero dello Sviluppo Economico, dicastero di cui fa parte Giacomelli, il solco del non dialogo si va allargando. In realtà l’esecutivo ha stoppato l’operazione non tanto per il no netto e senza condizioni del Nuovo centrodestra, quanto per la riforma della governance della Rai. Il vero obiettivo di Matteo è quello di dare alla tv pubblica un assetto societario in linea con i tempi.

UNA LEGGE GASPARRI 2.0

Via il direttore generale avanti con l’amministratore delegato e cda ridotto. Insomma il tema che appassiona il governo è la versione 2.0 della legge Gasparri. Per fare ciò, però, serve il consenso (stando al nuovo lessico renziano la non opposizione) di Forza Italia e del Nuovo centrodestra. Con i due lati della stessa medaglia dovrà trattare nomi e ruoli e disegnare la futura mission della Rai. Ovviamente sullo sfondo c’è anche il tema dell’informazione. Il progetto messo a punto dall’attuale direttore generale, Luigi Gubitosi, che mira ad accorpare le testate, non piace quasi a nessuno. In nome e per conto di una pluralità che ormai è solo nelle parole, tutti preferiscono mantenere l’attuale forma: un Tg per ogni rete.

LE DOMANDE SUL CANONE IN BOLLETTA

Se si dovesse andare al voto in primavera il canone in bolletta sarebbe stato usato contro il governo, accusato di aumentare le tasse, non di ridurle; è l’osservazione che circola in ambienti renziani. E il premier non può certo correre questi rischi. Infine perché fare un favore ad vertice Rai sostanzialmente ostile verso il governo? Il ricorso contro il taglio dei 150 milioni è stato vissuto dal presidente del Consiglio come una sorta di sfida personale. E così a gennaio ci ritroveremo fra le mani il solito caro vecchio bollettino da 113 euro, con la solita possibilità di evadere la tassa più odiata dagli italiani.

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