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Angela Merkel vince di nuovo. Gioie e tribolazioni della Germania

Il successore di Angela Merkel alla guida dell’Unione Cristiano Democratica (Cdu) non poteva che essere Angela Merkel. I democristiani tedeschi hanno tenuto ieri a Colonia il congresso del partito e hanno scelto di riconfermare loro leader la cancelliera tedesca con il 96,7% dei voti. Un po’ meno del risultato di due anni fa: il 97,9%.

Secondo l’agenzia Ard, la popolarità di Merkel è del 67% e la maggioranza dei tedeschi la sosterrebbe in un quarto mandato. Per l’analista Timan Mayer, Merkel “ha convinto le persone a fidarsi di lei. Ma curiosamente ci è riuscita grazie ai voti meno politicizzati”. Il ministro delle Finanze, Wolfgang Schäuble, l’ha comparata a Napoleone.

SISTEMA POLITICO TEDESCO

Merkel ha spiegato che la Cdu, che guida dal 2009, ha molte difficoltà a trovare alleati politici in un sistema come quello tedesco, che costringe i partiti ad accordarsi. Ha insistito che la Cdu non farà nessun tipo di alleanza con gli anti-europeisti di Alternativa per la Germania e ha sostenuto che un altro problema dei democristiani è la debolezza regionale. Nonostante il partito abbia il 40% dei consensi degli elettori, governa soltanto in quattro dei 16 stati del Paese.

L’EX MALATO DI EUROPA

Nel suo intervento durante il congresso, Merkel ha ricordato “l’invidiabile mercato del lavoro della Germania” e un successo del quale è particolarmente orgogliosa: l’approvazione del bilancio nazionale con zero deficit, il primo dal 1969. “L’austerità non è in guerra con la crescita né con gli investimenti”, ha detto.

Nel 1999, quando è stato introdotto l’euro, l’economia tedesca era la “malata” del continente. La crescita risentiva del peso delle tasse e dell’eccessiva regolamentazione. Circa quattro milioni di tedeschi erano senza lavoro. Tutto è cambiato dopo la crisi del 2008. Secondo un reportage di Prospect, “mentre quasi tutto l’occidente era stato messo in ginocchio da roboanti ma fragili operazioni finanziarie, i tedeschi, famosi per la loro solida e stabile ingegneria industriale, sembravano improvvisamente al sicuro”.

LA CRISI PARLA TEDESCO

“Non invidiate la Germania”. Così titolava qualche settimana fa il settimanale Internazionale nella sua storia di copertina: l’economia tedesca non va particolarmente bene. “Le banche non scoppiano di salute – continua Prospect la crescita della produttività è modesta e gli investimenti sono inadeguati”. Rispetto a sei anni fa, la Germania è crescita solo del 3,6% e dal 2000 al 2013 gli investimenti sono calati dal 22,3 al 17% del Pil. Inoltre, il Paese investe soltanto il 5,7% del Pil in istruzione e formazione, meno della Francia e di altri Paesi, compreso il Regno Unito, che investono oltre il 7,5%.

Secondo il quotidiano Die Zeit, “è la fede cieca nell’obiettivo (di abbassare il deficit, ndr) che spinge il governo tedesco a perseguire il traguardo del pareggio di bilancio. In realtà, negli ultimi anni tutti sono stati d’accordo sul fatto che la Germania non doveva contrarre altri debiti e che il governo doveva cercare, per la prima volta in 50 anni, di azzerare il deficit”. E aggiunge: “Un risultato che avrebbe dovuto comunicare affidabilità in questi tempi di turbolenze politiche ed economiche. Nel frattempo, però, sono scoppiate nuove crisi globali e altre ne sono riemerse: in Siria, in Iraq, in Russia, in Cina. Ora la crisi incombe anche sulla Germania. Ci sarebbero quindi molti buoni motivi per rinunciare all’obbiettivo. Ma il governo tedesco non ha intenzione di cedere”. La testardaggine è attribuita “all’ambizione personale di un ministro, all’irritazione di un partito e alla debolezza della grande coalizione”.

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