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Ecco come cambiano le regioni francesi

Il 17 dicembre, l’Assemblea nazionale francese ha approvato in via definitiva la nuova carta delle Regioni francesi, che passano da 22 a 13. Annunciata dal presidente Hollande a gennaio 2014, la riforma ha subito un dibattito acceso, tanto da impedirne l’adozione entro l’estate – come voleva il primo ministro Manuel Valls.

Nel corso delle tre letture, sia alla Camera sia al Senato, il dibattito si è concentrato sul numero, sui confini delle Regioni e sui relativi capoluoghi. L’approvazione della legge è un risultato politico che supera le incertezze dell’estate, sebbene siano ancora possibili ulteriori aggiustamenti, per esempio se vincesse il ricorso già depositato – tra manifestazioni di protesta a Strasburgo – per restituire il perimetro regionale all’Alsazia, ora perduta in una grande regione che comprende Lorena, Ardenne e Champagne.

L’obiettivo di semplificare il sistema territoriale è largamente condiviso in Francia, avviato da diversi anni tra molti contrasti, e costituisce una delle “riforme strutturali” che il governo Valls aveva inserito nel più ampio programma di semplificazione e di riduzione della spesa per 50 miliardi di euro. Contando su risparmi per 11-12 miliardi di euro, la riforma vorrebbe eliminare un livello territoriale – il dipartimento – e prevede un significativo trasferimento di competenze alle Regioni, accorpate e ridotte in numero, una forte e obbligatoria condivisione dei servizi a livello intercomunale, riducendo alla semplice rappresentanza politica i numerosi comuni che si è infine rinunciato a riunire: oltre trentaseimila, contro gli ottomila comuni italiani e i dodicimila tedeschi.

Affiancato dal ministro per il decentramento, Marylise Lebranchu, il Senato francese ha iniziato questa settimana l’esame della seconda parte della riforma, sul tema delle competenze, che dovranno passare alla regione sia dal dipartimento, sia dall’amministrazione centrale. Il modello francese guarda a quello tedesco e intende fare della regione il soggetto motore dello sviluppo economico, e assegnargli inoltre alcuni compiti gestionali in materia di strade (che da dipartimentali diventeranno regionali), di trasporti, di edilizia scolastica.

Nel quadro delle riforme strutturali, si tratta di un segnale positivo per il governo di Manuel Valls, che a marzo 2015, come quello italiano, dovrà presentare le proprie carte al Consiglio e alla Commissione, nello scenario in un probabile procedimento guidato per rispettare gli impegni del six e del two pack. Non a caso, l’obiettivo di completamento della seconda parte della riforma, quella sulla concentrazione delle competenze sulle regioni e sul livello intercomunale, è fissato entro febbraio, in parallelo con l’altra riforma in corso, il cui progetto di legge su “Attività e crescita” è stato approvato dal governo il 10 dicembre e sta iniziando l’iter parlamentare.

Una coppia di riforme francesi, quella territoriale e quella su liberalizzazioni e crescita, che assomiglia alla coppia di riforme italiane, sul Senato territoriale e sul mercato del lavoro. Compiti a casa assai simili, con le stesse scadenze.

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