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Metroweb? Libera banda larga in libero Stato. Parla Stefano Parisi

C’è un piano del governo sulla banda ultralarga in consultazione fino a domani, e ci sono i piani di investimento sulla fibra degli operatori di telecomunicazioni. In mezzo c’è il dossier Metroweb, la società della banda larga milanese contesa tra Telecom e Vodafone, ma sulla quale in ambienti governativi si disegnano possibili, nuovi, scenari.

Stefano Parisi, ex direttore generale di Confindustria ed ex presidente di Confindustria digitale, ora presidente di Chili-Tv, commenta – nell’ambito degli approfondimenti avviati da Formiche.net – quale dovrebbe essere il ruolo dello Stato nella digitalizzazione dell’Italia e quale quello delle maggiori aziende del settore.

Cosa pensa del piano del governo sulla banda ultralarga?

L’obiettivo del governo di raggiungere i target di copertura indicati dall’Agenda Digitale Europea è giusto. Bisogna però evitare confusioni di ruolo. Per la copertura a 100 mega del 50% della popolazione italiana le aziende Telecom Italia, Fastweb e Vodafone stanno investendo e devono impegnarsi a realizzare l’obiettivo. Nel loro interesse e nell’interesse del Paese. Sono le prime 100 città italiane. Zone ad alta densità di popolazione dove il ritorno dell’investimento è certo e dove è solo necessario garantire parità di accesso. Per ora si sta adottando la tecnologia FTTC, poi si dovrà evolvere verso l’FTTH. Le risorse pubbliche devono invece sostenere gli investimenti nelle altre aree dove il ritorno dell’investimento è molto distante nel tempo.

Quindi un approccio diverso in base alle aree geografiche individuate dal piano del governo…

Da questo punto di vista bisogna distinguere fra ciò che possono fare gli operatori a regole di mercato e ciò per il quale è necessario, ed anche possibile in base ai fondi comunitari, l’intervento di finanziamenti pubblici. In questo quadro è importante che nelle cosiddette zone nere (le grandi città e le zone industriali con il migliore rapporto costi-benefici, ndr) si mettano sotto monitoraggio i piani industriali delle aziende. Per assicurarsi che i piani rispettino i tempi previsti dall’Agenda Digitale Europea.

Pensa che saranno sufficienti le risorse pubbliche indicate dal piano?

Le risorse pubbliche sono poche e le condizioni della finanza pubblica non consentono di poter dare di più. Il problema dunque è come saranno utilizzate. Non dovrebbero essere utilizzate  in interventi pubblici sulle aree nere ma solo nelle zone a fallimento di mercato. E l’intervento deve essere certo ed efficace: bene il credito di imposta, ma serve certezza, sia nell’entità dello sconto fiscale sia sulla realizzazione del progetto, altrimenti rischiamo di avere una situazione in cui, persistendo l’incertezza, le aziende non investono.

Quale ruolo può giocare Metroweb?

Metroweb ha giocato e gioca un ruolo centrale in Italia. Ha un importante know how sull’FTTH e ha consentito la realizzazione della migliore rete in fibra in città molto importanti a partire da Milano. Metroweb deve continuare il suo sviluppo di rete secondo le regole del proprio mercato. Può accogliere nel suo azionariato altri operatori, oltre a Fastweb, e razionalizzare gli investimenti secondo le esigenze condivise dei propri azionisti. Chi ha investito in Metroweb ha delle aspettative di ritorno del proprio investimento. In ogni caso, fuori da tentazioni dirigiste è necessario che le regole di mercato vengano rispettate.

Il vice segretario generale della presidenza del Consiglio, Raffaele Tiscar, ha prefigurato, come ultima soluzione, anche l’ipotesi che possa essere Infratel a realizzare la rete in via sussidiaria. Come vede questa ipotesi?

Il dirigismo e le minacce non vanno da nessuna parte. Questo è un settore privato dove operano aziende private che rispondono al mercato e ai loro azionisti. In Lombardia qualche anno fa ci fu già un tentativo di forzare il mercato e fallì miseramente. Oggi sarebbe un errore affidare ad una azienda pubblica la realizzazione della rete fuori da regole di mercato. Si rischia un inutile spreco di risorse.

Pensa che le aziende private siano in grado di realizzare gli investimenti necessari? Le condizioni di mercato lo consentono?

Il mercato italiano è debole. Poco più del 50% delle famiglie italiane ha una connessione a banda larga fissa in casa (contro il 70/80% di molti paesi europei). E questo dato non cresce da anni. I prezzi dei servizi tlc continuano a ridursi per la competizione tra aziende che si contendono sempre gli stessi clienti usando prevalentemente la leva del prezzo. I ricavi e i margini delle aziende si riducono, ma i clienti consumano sempre più banda e gli investimenti sono necessari per mantenere la qualità del servizio. Questo è un quadro che prelude ad un consolidamento del settore che, a questo punto è auspicabile.

Qual è la missione che spetta adesso allo Stato?

Il settore pubblico dovrebbe piuttosto impegnarsi a realizzare la propria parte dell’Agenda Digitale Europea: la trasformazione digitale delle amministrazioni pubbliche. Oggi il 50% delle famiglie italiane non ha internet perché non è indispensabile averlo. Può farne a meno. Non è indispensabile nei rapporti con la PA, con il sistema sanitario, con il sistema previdenziale, con il sistema scolastico, con il fisco. E la nostra PA è costosa e inefficiente. Una PA digitale renderebbe indispensabile l’uso di internet a tutte le famiglie, il mercato ricomincerebbe a crescere con un evidente beneficio per tutti: aziende di tlc, Pubbliche amministrazioni, settore privato. La trasformazione digitale della PA è la vera leva per far ripartire l’economia e liberare risorse pubbliche, ridurre i costi della PA, ridurre la pressione fiscale, spingere per l’innovazione, creare ricchezza e occupazione.

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