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Come è nata la lista dei nuovi cardinali di Papa Francesco

“I nuovi cardinali sono un’iniziativa forte: indicano i vescovi che egli vuole come suoi consiglieri, cui tra l’altro è affidata la scelta del successore”, scrive oggi sul Corriere della Sera lo storico Andrea Riccardi, commentando la lista (sorprendente) di coloro che riceveranno la berretta rossa nel concistoro del prossimo 14 febbraio: “Tutti pastori, eccetto un curiale”, aggiunge, segno che “per la Curia è tempo di riforme più che di nomine”.

“IL PAPA NON HA GUARDATO ALLE CARRIERE”

Fondamentale, a giudizio del fondatore della Comunità di Sant’Egidio, è la carità pastorale, che diventa “chiave di tutte le nomine di Francesco“. Lo si vede, scrive, “anche dai cardinali ultraottantenni da lui scelti. Non ha guardato alle carriere: un colombiano novantacinquenne che fu padre conciliare al Vaticano II e un vescovo mozambicano, che ricostruì la Chiesa dopo la rivoluzione. C’è anche un’ex nunzio, Rauber, noto per un’intervista critica sulle nomine di Benedetto XVI“. Il dato saliente, a conferma di un’impressione già registrata un anno fa, quando fu letta la lista dei prescelti per il suo primo concistoro, è che “cadono le diocesi cardinalizie. I cardinali sono la voce di un polo nel concerto della Chiesa, non più i titolari di una sede storica”.

OBIETTIVO: SFOLTIRE I PORPORATI CURIALI E METTERE FINA AGLI AUTOMATISMI

Concetto, questo, su cui s’è soffermato anche il vaticanista Andrea Tornielli sulla Stampa: il Papa, osserva, “intende proseguire sulla strada iniziata un anno fa: sfoltire i porporati curiali, mettere fine a qualsiasi automatismo per quanto riguarda le sedi più ambite, dette ‘cardinalizie’, il cui titolare era certo, per tradizione, di ricevere la berretta”. E’ evidente, aggiunge Tornielli, “che Francesco desidera ridisegnare il futuro conclave, associando nel collegio degli elettori pastori in prima linea in situazioni difficili, in terre di frontiera come Tonga e Myanmar, in regioni dilaniate dalla violenza come Morelia in Messico, talvolta chiese piccole o che vivono in situazioni di minoranza”.

I PRESCELTI NON SAPEVANO NULLA

“Con determinazione e creatività Francesco si è mosso tra tradizioni, norme canoniche e regole non scritte”, sottolinea Maria Antonietta Calabrò sul Corriere della Sera: “Innanzitutto i prescelti non sapevano nulla della decisione di Francesco. Alcuni sono stati avvisati dalla Radio Vaticana, che li cercava per le interviste, altri, come l’italiano Edoardo Menichelli, vescovo di Ancona, addirittura dalle suore che hanno sentito il nome dalla voce del Papa all’annuncio”.

TANTI I RIMASTI A BOCCA ASCIUTTA

Marco Ansaldo, su Repubblica, ricorda gli assenti più che i presenti nell’elenco letto da Francesco ieri all’Angelus: “Solo due gli italiani e presi per giunta dalle periferie, Ancona e Agrigento, lasciando così a bocca asciutta grandi città come Torino e Venezia tradizionali sedi cardinalizie, oltre a qualche monsignore da tempo in attesa di uno scatto più per aspirazione di carriera che per reali meriti sul campo”. Alcuni, aggiunge ancora il vaticanista del quotidiano di Largo Fochetti, “si aspettavano la nomina di Bruno Forte, segretario speciale del recente Sinodo dei vescovi, ma forse le critiche di eccessiva vicinanza al Pontefice hanno fatto consigliare per un turno di attesa. Così come per Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, pure lui in pole position dopo l’Incontro mondiale delle famiglie il prossimo autunno a Philadelphia. Giubilate anche le aspirazioni di Rino Fisichella, presidente del Consiglio della Nuova Evangelizzazione, ed ex cappellano a Montecitorio quindi considerato troppo vicino al mondo politico”.

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