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Financial Times e Charlie Hebdo, chi sono gli stupidi e i farisei in Europa

Il Financial Times lo ha censurato e Tony Barber, direttore per l’edizione europea, ha riscritto il commento originario purgandolo delle espressioni più odiose. Ma anche dopo il lavacro del politicamente corretto, la sua opinione traspare chiara: quelli di Charlie Hebdo se la sono cercata. Non solo provocatori (e questa del resto, è la raison d’être del settimanale), ma “stupidi”. Si fa presto a chiedere se erano stupidi anche gli inglesi uccisi negli attentati di Londra del 2005, se anche loro se l’erano voluta quella morte orrenda, lacerati dalle bombe dei terroristi islamici. Ma il punto non è questo. Il punto è che Barber rappresenta il volto ipocrita di un’Europa che, sotto il velo della prudenza, si arrende.

E’ l’ignavia dei sepolcri imbiancati, è la complice correttezza dei farisei che rispettano alla lettera la legge e ne tradiscono lo spirito. Charlie Hebdo non è un settimanale islamofobo come lo ha definito su SkyNews24 una giornalista francese da sempre in Italia, Marcelle Padovani. Così come non è antipapista. E’ anti e basta, corrosivo, estremista, anarchico. Dell’Islam ha messo alla berlina il fondamentalismo che, inutile negarlo, ha conquistato l’egemonia culturale tra i musulmani, in Europa e, particolarmente, in Francia dove sono più numerosi. Basti vedere il mutamento dei costumi e dei comportamenti dagli anni ’90 in poi (non solo il velo delle donne).

Ma i colleghi di Charlie, morti per la libertà tout court (aggiungere “d’espressione” è anch’essa un’ipocrisia) hanno reso più intensa la loro battaglia con l’11 settembre 2001 (un anno dopo hanno difeso Oriana Fallaci il cui pamphlet, “La rabbia e l’orgoglio”, veniva pubblicato in Francia tra le proteste dei benpensanti), perché hanno capito la portata dello scontro in atto, a differenza dai tanti Barber per i quali il problema è chetare, ammansire, scendere a patti, come fece con Hitler e Mussolini a Monaco nel 1938 il suo concittadino Arthur Neville Chamberlain, insieme al collega francese Edouard Daladier.

Con l’islamismo radicale non si può scendere a patti perché sfida la sostanza dei nostri valori e quella cultura che si è andata via via costruendo nei secoli a partire dall’umanesimo romano tanto detestato dal filosofo nazista Martin Heidegger, fino alla carta dei diritti dell’uomo. Non metto in dubbio che anche Barber ne sia convinto, ma il suo problema sono “le forme di lotta”. In realtà esse vanno commisurate alla natura e alla portata dello scontro. Se è così, la diplomazia non serve davvero a molto.

C’è chi dice che questo è l’11 settembre dell’Europa. Non è vero, l’Europa è stata già attaccata al cuore, come a Londra, appunto, o a Madrid nel 2004. Solo che ogni volta gli europei dimenticano, vogliono dimenticare perché sono preoccupati soltanto del loro orizzonte egoistico, perché l’Europa è da tempo il regno dell’ultimo uomo di Nietzsche, infingardo e meschino.

Questo non è l’Islam, si sente ripetere, soprattutto da quella parte del mondo musulmano che ha levato la sua voce contro l’assalto a Charlie Hebdo. Giusto. Ma dov’è l’Islam “vero”? Perché non è riuscito a isolare i terroristi? Michele Serra si è chiesto come mai tra i musulmani non c’è un Guido Rossa, facendo riferimento all’operaio comunista che denunciò le Brigate rosse nella sua fabbrica e venne ucciso nel gennaio 1979. Non per cercare il martire “buono”, naturalmente, ma perché solo nel momento in cui le comunità islamiche si ribelleranno alla predicazione degli imam fondamentalisti, solo allora sarà possibile invertire il corso degli eventi.

E’ ovvio, il terrorismo rosso era diverso ideologicamente e politicamente (se non altro perché costola della cultura politica europea). Ma Serra ha ragione: il salto di qualità è avvenuto quando si è capito che i brigatisti non erano “compagni che sbagliano”, ma nemici della classe operaia organizzata per lottare con gli strumenti della democrazia. Ebbene oggi i carnefici di Charlie sono, tutt’al più, “fratelli che sbagliano”. Non sono mai diventati nemici perché tutti noi abbiamo avuto paura di sfidarli. E non lo diventeranno mai se continuerà a prevalere la linea di Tony Barber. Quello “stupido” che ha lanciato sul volto insanguinato dei martiri di Charlie, dobbiamo rigettarlo oltre che sullo stesso giornalista britannico, anche su tutti noi che gli abbiamo dato retta.

Stefano Cingolani

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