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Charlie Hebdo, ecco sfide e contraddizioni della Francia di Hollande

La Francia del giorno dopo sembra un operato che si sveglia dopo l’intervento, ancora sotto gli effetti delle medicine e delle anestesie. Sono peraltro cominciati i borbottii tradizionali e tipici di questo popolo poco accomodante. Ci sono alcune cose in tutta questa storia di violenza e di attentati contro la sicurezza dello Stato che vengono mal digerite.

Come è possibile che due fratelli, brigatisti islamici, in azione terroristica, armati fino ai denti, esecutori implacabili, perdano una carta di identità su una macchina che abbandonano dieci minuti dopo la strage? Sono apparsi più dei brigatisti cretini, che dei militari islamici combattenti. E contro di loro si è mossa poi una macchina da guerra impressionante, tutta ripresa in una diretta TV, tanto appassionante, quanto un tantino imbarazzante, non trattandosi certo di uno spettacolo di intrattenimento.

Questi due fratelli Kouachi, di origine algerina, stavano in una lista nera dei “servizi” da tempo; sono stati in carcere, ove hanno avuto la loro formazione ”teologica”; e poi nelle aree di addestramento e di guerra in Yemen e Iraq, con alcune andate e ritorno; e poi in squadre islamiste di formazione e di lotta, note e denunciate. Come è stato possibile che siano potuti passare all’azione?

L’altro brigatista, di origine maliana, Coulibaly, è passato all’attacco in contemporanea e in accordo con i Kouachi, in altra zona di Parigi; ha poi fatto un’intervista telefonica ad una importante TV nazionale, mentre era dentro al supermercato ebraico di Vincennes, aveva già ucciso tre ostaggi e aveva il mitra fumante ancora in mano; in questa intervista diffusa al termine delle operazioni, Coulibaly (convertitosi all’Islam in carcere) ha dichiarato di essere amico e in accordo con i fratelli Kouachi; e che il suo dante causa era l’Isis; sua moglie, ora ricercata perché altrettanto pericolosa, è algerina e amica dell’algerina moglie di uno dei due Kouachi. Insomma si è trattato di una azione di guerra fatta in famiglia, tra un kebab e l’altro; un mitra e l’altro. E lo Stato?

Tutti questi traffici, che richiedono abitazioni parigine, viaggi, abiti, alimenti, vita quotidiana e non solo: anche armi, munizioni, coperture, passaporti, luoghi di incontro e quindi, nel caso specifico, verosimilmente di culto; tutti questi traffici, con quali risorse sono stati fatti? Con quali stipendi? Con quali rendite? Cherif Kouachi, anche lui in un’intervista telefonica TV in piena azione terroristica, ha dichiarato che loro lavoravano per Al Qaida yemenita. Già: Al Qaida, Yemen; Isis, Iraq, Siria, sunniti; anche sauditi ed emirati?

Nella Francia del giorno dopo le televisioni sono letteralmente occupate dalle rituali figure governative che si presentano come salvatrici della patria, ripetendo ritornelli retorici sulla Francia “repubblicana”, sulla tolleranza, sulla unità della Nazione, sulla forza dello Stato (il Presidente ha addirittura fatto sottolineare di essere stato lui a dare l’ordine dell’assalto finale alla tipografia e al supermercato!). Ma poi sotto banco hanno voluto eliminare dalla loro “festa” politica prevista per l’11 prossimo, il Fronte Nazionale, che è repubblicano e nazionale, come loro (o no?), rompendo con quello che oggi è il più importante partito francese (risultati delle ultime elezioni europee 2014).

Faranno una grande marcia di fermezza contro la violenza islamista, presenti diversi capi di governo occidentali, compreso il nostro Renzi; ma assenti i loro unici e importanti oppositori (e da sempre oppositori dell’estremismo islamico) che sono orientati a manifestare altrove in piena e totale autonomia, essendo stati costretti a rompere la grande unità nazionale. Nasce il dubbio di un disegno per sfruttare la tragedia a fini di parte; nel caso, un disegno perverso, sia dal punto di vista etico che da quello politico: il Governo aveva la possibilità di riportare ad unità, da sé stesso gestita, un’opposizione crescente in una Francia in grande crisi economico-sociale e ora anche “istituzionale”; e non lo ha fatto.

La Francia è in guerra contro gli islamisti nell’Africa sub-sahariana, in Iraq, Siria, Afganistan; e ora sente che la guerra le è stata riportata in casa propria. Si valutano a qualche migliaia i brigatisti islamici francesi, pronti a passare all’azione. C’è una grande preoccupazione in giro, per la gestione della sicurezza interna e come per quella della politica militare estera. Le guerre si fanno per vincerle; non per partecipare con le bandiere o per far piacere a qualcuno. E non sembra che , allo stato attuale, le armate nazionali impegnate nei diversi scacchieri abbiano possibilità di uscirne vincenti.

Sempre che le guerre si debbano fare; la Francia è stata tra i promotori della guerra nell’Africa sub -sahariana, in Libia e in Siria; forse i francesi avrebbero voluto volentieri fare a meno di questi focolai infetti. Ed è soprattutto da questi focolai, che sta arrivando il sistema brigatistico in Francia, come da tempo era stato minacciato.

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