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Charlie Hebdo, la lezione di Fallaci e Houellebecq

Grazie all’autorizzazione dell’autore pubblichiamo un articolo di Corrado Ocone uscito sul quotidiano Il Garantista

Va dato atto a Michel Houellebecq di saper sollevare dibattiti su temi che è come se la coscienza occidentale volesse rimuovere, che sicuramente esorcizza pur interrogando essi il suo futuro, nemmeno troppo lontano. Lo ha fatto, qualche anno fa, con il tema delle possibilità dell’ingegneria genetica, dei suoi risvolti sociali e politici (la cosiddetta “biopolitica”); lo fa ora con il tema dell’avanzare dell’Islam politico fin nei gangli vitali dei nostri Stati, come ha dimostrato drammaticamente ieri l’assalto omicida al “Charlie Hebdo”. Stiamo parlando, ovviamente, di Sottomissione, il nuovo romanzo dello scrittore francese che, tragica coincidenza!, è uscito proprio ieri nel suo Paese e che, fra una settimana, sarà disponibile anche in italiano (Bompiani).

La discussione su di esso ferveva in Francia già da qualche settimana: non sulla sua qualità letteraria, che toccherà ai critici e ai lettori valutare, ma sul capo di imputazione, diciamo così, che è il centro del libro. Il vero tema di esso è infatti non, o non solo, l’Islam politico, ma l’Occidente, ovvero la sua crisi direi morale (e quindi di identità) prima ancora e molto più che di strategia politica. È come se, di fronte all’islamismo, alla nostra incapacità, o meglio scarsa volontà, di capirlo, e quindi anche di affrontarlo, venisse fuori in tutta la sua drammaticità l’esaurimento di quelle risorse vitali e di quelle energie che permettono ai popoli di emergere nella storia, affermarsi e infine di non soccombere. Non è un caso che il protagonista del libro di Houellebecq  sia un professore universitario che si accomoda al nuovo potere islamico, traendone sicurezza e vantaggi, senza porsi troppi problemi.

Ma sul banco degli imputati è più in generale la società occidentale tutta, a cominciare dalla sua classe politica, che segue una politica di appeasement rispetto al terrorismo islamico, in un modo non troppo dissimile da quello che avvenne negli anni Trenta di fronte all’avanzare di Hitler. Perché avviene questo? Perché, nonostante segni inequivocabili visibili da tempo, gli occidentali non prendono sul serio quell’islamismo politico che è a tutti gli effetti il nuovo totalitarismo? Perché voci profetiche come quelle di Oriana Fallaci non solo non sono state prese in considerazione, in passato, ma ma sono state anche accusate di essere “fasciste”?

I motivi sono tanti. Il primo è connesso all’essenza stessa della democrazia liberale, la quale non è fatta per scaldare i cuori, non avendo saputo sviluppare una retorica all’altezza delle libertà che garantisce. È potuta così crescere la convinzione che il liberalismo abbia a che fare con il relativismo, che non creda in una verità ultima da difendere strenuamente. Mentre è evidente che, consistendo la verità del liberalismo proprio nella necessità di tenere aperto un tavolo di discussione con tutte le opinioni e con tutti gli individui, esso non può non combattere coloro che questa verità non accettano. E che, casomai, pensano di servirsi della libertà, del suo metodo aperto, per conquistare il potere e poi, dall’alto di mutati rapporti di forza, imporre il loro mondo chiuso. Che è quello che accade nel romanzo “visionario” (utopico e distonico) di Houellebecq.

La democrazia, che predica la tolleranza, non può che essere intollerante con gli intolleranti. Deve fermarli prima che possano arrecare danni. Ma c’è poi un motivo più intimo, diciamo così, sostanziale, dell’appeasement dell’Occidente. Esso ha origine intellettuale, ma segna in qualche modo lo “spirito dei tempi”, la sostanza delle retoriche vincenti. Houellebecq, mi sembra di capire, se la prende con gli intellettuali dell’ambiente post modernista che domina la cultura francese. Ma credo che, con uguale e più ragione, se la sarebbe potuta prendere con certa cultura liberal e politicamente corretta che domina negli ambienti accademici e nei centri di potere soprattutto americani.

Questa cultura, in nome di una concezione astratta del rispetto e della dignità di ogni essere umano, finisce per avere e diffondere una visione strabica della realtà. Può perciò succedere che tradizionali segni di identità occidentali, come il presepe e il crocefisso, vengono giudicati “offensivi” verso i musulmani, cosa che però non vale in senso contrario. Ma una cultura che si autoannulla può avere un futuro? E il dialogo con tutti, pur sacrosanto, può svolgersi fra chi può manifestare una sua identità e chi invece deve nasconderla? Perché la strage dei cristiani non fa notizia? Se a questo aggiungiamo il fatto che in molti anche fuori dall’ambiente intellettuale, per quieto vivere o per pavidità, si autocastrano, abbiamo un quadro preciso della situazione.

Ad una sicurezza immaginaria finiremo per sacrificare poco alla volta il più caro dei nostri beni, la libertà. Qualcuno dirà, statene sicuri, che quelli dello “Charlie” se la son cercati: potevano dire le stesse cose senza essere così irriverenti e sferzanti. Ma solo in un periodo di decadenza si può pensare che la saira possa non essere offensiva, ridursi a quella arte paracula e inoffensiva che, ad esempio in Italia, passa per tale. La libertà di “offendere”, se concerne libere opinioni, fa parte delle libertà occidentali. È la manifestazione di quella liberté de plume che proprio a Parigi, più di due secoli fa, predicava Voltaire. Un’ultima considerazione: è veramente impressionante come il romanzo di Houellebecq sembri costruito sulle tesi espresse con una chiarezza estrema anni fa da Oriana Fallaci, da questo punto di vista ancor più profeta del nostro.

Nel discorso tenuto, ad esempio, al momento della consegna del prestigioso premio statunitense dedicato ad Annie Taylor, la grande giornalista ebbe ad affermare che l’Islam prima che col terrorismo aveva vinto con l’emigrazione, col fatto che la nostra Europa fosse diventata “Eurabia”. In quel caso fioccarono le accuse di razzismo. E qualcuno, meschinamente, descrisse Oriana come una donna malata e quindi non consapevole di quanto stesse dicendo. Ma bastava leggere con attenzione per capire che non di razzismo si trattava, ma di un invito a tenere aperti gli occhi: un invito a stare attenti a chi, a qualunque razza o religione appartenesse, volesse imporci un sistema di vita e credenze di stampo totalitario. L’ospitalità è certo un valore, ma non può essere estesa a chi vuole bruciarti la casa. A Oriana Fallaci, come oggi forse a Houellebecq, più che loro facevano paura i nostri.

Corrado Ocone

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