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Con i populismi non si frantuma il fanatismo islamico. Parla lo storico Cardini

L’Occidente? Non è una vittima innocente e il fanatismo religioso non è la spiegazione della strage di Charlie Hebdo, osserva a Formiche.net lo storico Franco Cardini. Piuttosto, occorre fare mente locale non alle Crociate, “invocate a sproposito”, bensì alle colonizzazioni passate e recenti quando “abbiamo fatto la storia un tanto al chilo e depredato luoghi come la Nigeria, i più ricchi al mondo ma con la popolazione più povera del pianeta”.

Dopo la strage di Parigi siamo in guerra?

Dire che siamo in presenza di un nuovo 11 settembre è una semplificazione giornalistica, ma è altrettanto vero che molto è cambiato. Si tratta di un evento complesso e di contrastante lettura. Evidentemente non ha favorito l’intesa tra popoli che, da una parte, sono preoccupati per la propria incolumità e, dall’altra, hanno la sensazione che questi gesti aumenteranno forme di incomprensione ed emarginazione. Ha ragione il Papa a dire che c’è una guerra in atto.

Chi sono i nemici?

In questo conflitto a bassa intensità, i gruppi fondamentalisti sono una galassia poco controllabile e in lotta fra loro, al cui interno vi sono possibili cellule terroriste. Accanto a ciò, ecco l’iniziativa privata riconducibile ai tre attentatori parigini con uno dei due fratelli che si fa risalire ad un gruppo di Al-Qaeda. Ma vorrei ricordare che Al-Qaeda non è un’organizzazione piramidale, ma reticolata e molto spesso è un modo di vivere. L’attentatore del supermarket ebraico si rifaceva al Califfato, ma sarei curioso di capire quanto il Califfato si rifacesse a lui. Faccio un esempio: se issassi in casa mia una bandiera nazista allora sarei affetto da qualche turba mentale, ma non vorrebbe significare la mia automatica appartenenza ad una cellula organizzata.

Quanti errori di comunicazione ci sono e quanti sono invece di natura analitica?

Siamo in una situazione paradossale, ma nemmeno troppo. Sono i frutti della postmodernità in un conflitto dove il nemico è difficilmente percepibile e quindi eliminabile. Si parla di gruppi che, direttamente o indirettamente, sarebbero armati da potenze del mondo arabo che però non sono quelle che tradizionalmente si intendono come ostili all’occidente. Non è la Repubblica Islamica dell’Iran ad armarli che, di contro, potrà mandare armi agli hezbollah libanesi.

Si parla delle monarchie del Golfo come finanziatori del terrorismo: che ne pensa?

Beh, all’interno dell’Islam c’è una sorta di guerra civile: il caso parigino è una realtà che in qualche misura viene esportata dal mondo arabo e di cui noi finiamo per essere oggetto. E’ estremamente difficile prendere delle misure, sicure e definitive, così come accade nella medicina preventiva che può impedire di contrarre un certo malanno ma non può escluderlo a priori. La priorità sarebbe di mantenere la calma e tentare di vedere le cose come sono: questo temo che manchi a noi occidentali.

E’ l’Occidente che fatica a comprendere il mondo arabo oppure c’è una predisposizione di quel mondo alla violenza?

Siamo nella posizione di quelli che si sentono vittime innocenti. Mi capita spesso in sede simposiale di dover ricordare, ad un uditorio anche colto, che noi europei abbiamo sulle spalle, nel bene e nel male, la responsabilità di mezzo millennio di occupazione e sfruttamento intensivo. Tutto ciò avrà portato cultura e civiltà, ma ricchezza direi di no, perché semmai l’abbiamo presa noi da loro. Ha portato repressione, odio, rancore: sono nodi che stanno venendo al pettine per una situazione che è secolare. Invece con il nostro sistema di fare la storia un tanto al chilo facciamo sempre riferimento alle Crociate, mentre invece sono invocate a sproposito.

Per quale ragione?

Non pensiamo mai alla durissima oppressione coloniale o a ciò che hanno combinato le potenze liberali nella Prima Guerra Mondiale, quando promisero agli arabi unità e progresso contro i turchi, nemici della Germania, e poi in realtà dopo il 1918 impiantarono un sistema neo coloniale, con francesi e inglesi pronti a spartirsi interi territori. L’occidente commette l’errore di dimenticare cosa ha fatto nei confronti del mondo dei diversi e pensa che tutto il male sia stato commesso solo da Hitler e Stalin, mentre invece non è così. La Nigeria è uno dei Paesi più ricchi al mondo per le risorse che possiede, ma la sua popolazione è tra le più povere.

Da queste colonne Foad Aodi, presidente delle Comunità del mondo arabo in Italia, ha detto che il vero pericolo sociale non sono gli arabi, ma il populismo di Matteo Salvini. Che ne pensa?

Ha ragione. Quel tipo di populismo, che fa risalire tutte le colpe del disagio italico unicamente ai nuovi arrivati nel nostro Paese, è un rischio che politici responsabili dovrebbero evitare. D’altra parte è anche vero che nell’Islam in forte crescita, in Italia come in Europa, esistono due tipologie diverse di pericolosità. La prima con i potenziali terroristi che, giunti con tutte le buone intenzioni di integrazione, si trovano male ed entrano in contatto con gruppi jihadisti che sono dappertutto, anche nelle moschee o nei gruppi di preghiera. Ma non è una buona ragione per impedir loro di pregare. Evidentemente la sorveglianza va esercitata, ma nei modi che lascino la possibilità di vivere. In secondo luogo c’è il fenomeno, ancora poco qualificato, dei musulmani europei. L’Islam fa proselitismo ma è più facile che si convertano all’Islam ex atei che ex cattolici coscienti di essere tali. Ma una fede condotta in modo responsabile non può portare all’odio verso altro.

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