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Ecco il bisturi di Papa Francesco su Ior e dintorni. Seconda parte

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class Editori e dell’autore, pubblichiamo la seconda puntata dell’inchiesta di Antonio Satta uscita sul settimanale Milano Finanza diretto da Pierluigi Magnaschi

Quando sarà pronto, andrà sotto la Segreteria pure un organismo nuovo di zecca, il Revisore generale, con compiti di audit su tutti i dicasteri della Curia e le altre istituzioni collegate con la Santa Sede e lo Stato del Vaticano, insomma una sorta di Corte dei Conti del Papa. Ma soprattutto sotto la Segreteria è finito lo Ior che era precedentemente autonomo. A capo della segreteria, con rango di Cardinale Prefetto, il Papa ha nominato Pell (vedere box in pagina), che a tutti gli effetti è ora il ministro delle Finanze del Pontefice, al quale risponde direttamente.

Francesco punta molto su Pell, che ha soprannominato Il ranger, e i risultati sembrano arrivare. Ai primi di dicembre, in una intervista al periodico britannico Catholic Herald Magazine, Pell ha rivelato che nella sua personale spending review ha scovato un’enorme quantità di soldi che mai erano apparsi sui bilanci ufficiali. «In realtà», ha detto, «abbiamo scoperto che la situazione è più rosea di quanto sembrasse, poiché centinaia di milioni di euro si trovavano in particolari sezioni della contabilità e non apparivano chiaramente nel bilancio». Non si tratta quindi di fondi illeciti, ma di capitali che congregazioni e altri organismi vaticani gestivano in autonomia, e chi redigeva i bilanci ufficiali non sapeva (apparentemente) della loro esistenza. Pell non ha fatto nomi, ma tutti hanno pensato al dicastero delle missioni, il potentissimo Propaganda Fide, che ha sempre avuto un bilancio proprio, distinto da quello consolidato. Ora però la musica è cambiata e come ha riferito al magazine cattolico, tutte le organizzazioni della Santa Sede dovranno adeguarsi «ai moderni standard di contabilità» e soprattutto dovranno essere trasparenti. Non solo, ha aggiunto Pell: nonostante il suo intervento sia circoscritto «alla Santa Sede, allo Stato del Vaticano e ai 200 enti religiosi che dipendono direttamente dal Vaticano», ci sono già «cardinali e vescovi che hanno chiesto esplicitamente se possono adottare le nuove procedure finanziarie e le stesse modalità di tenere il bilancio, introdotti lo scorso novembre per il Vaticano. Anche questo è un lavoro per il futuro». E per ottenere risultati adeguati, Pell ha fatto redigere un manuale sulle politiche di financial management, che ha distribuito a tutti gli enti vaticani che si occupano di finanza, organizzando corsi intensivi di aggiornamento per ragionieri, segretari e contabili dei vari uffici.

Intanto, come informa il bollettino ufficiale numero 5 del Consiglio per l’Economia (tutto ora viene annunciato pubblicamente), i bilanci consuntivi 2014 di congregazione e degli altri organi della Santa Sede «dovranno registrare qualsiasi transazione o saldo non precedentemente riconosciuto in bilancio, e realizzare inventari completi, in modo che tutti i valori siano correttamente riportati nei saldi di apertura 2015». Come un caterpillar, Pell ha travolto tutte le resistenze della vecchia curia, con l’appoggio totale del Papa, che in luglio ha emanato un secondo motu proprio per trasferire alla Segreteria per l’Economia i compiti che fino ad allora erano stati della Sezione Ordinaria dell’Apsa, cioè tutta la gestione operativa della Santa Sede (bilancio, acquisti, risorse umane, stipendi, il Ced, l’ufficio legale), ma anche il patrimonio immobiliare dello Stato, insieme alle risorse finanziarie e gli investimenti affidati dagli altri enti della Santa Sede. All’Apsa, che come già detto risponde comunque alla Consiglio per l’Economia e funzionalmente alla Segreteria, resta tutto ciò che rientrava nella Sezione straordinaria, cioè l’amministrazione dei beni finanziari trasferiti dallo Stato Italiano in base alla Convenzione finanziaria allegata ai Patti lateranensi, quelli affidati da altri enti della Santa Sede, nonché altri fondi acquisiti successivamente. Compiti che rendono di fatto l’Apsa la vera banca centrale del Vaticano, e che la riforma in atto intende semmai rafforzare, come ha spiegato in marzo il cardinal Marx, il cui obiettivo è fare in modo che «d’ora in poi lo Ior non danneggi più la reputazione della Santa Sede».

Ma anche l’Apsa in passato ha dato il suo valido contributo alla non brillante immagine delle finanze vaticane. Basta pensare a monsignor Nunzio Scarano, un passato remoto di funzionario di banca (prima di prendere i voti), poi un passato prossimo di capo contabile all’Apsa, e infine un presente di imputato per riciclaggio e falso in atto pubblico. Nel gennaio del 2013 la procura di Salerno lo ha messo agli arresti domiciliari insieme a un altro sacerdote. Nel mirino dei pm sono finite finte donazioni per case di cura e per anziani del valore di circa 6 milioni di euro, provenienti da società offshore e transitate sui conti di Scarano presso l’agenzia Unicredit di Via della Conciliazione e presso lo Ior.

Per tenere tutto sotto controllo, Pell, che in un primo tempo s’era insediato nel Torrione di San Giovanni, all’estremità occidentale della Città Leonina, nelle scorse settimane si è spostato nella Torre di Niccolò V, che presidia i limiti orientali della Città-Stato ed è la storica sede dello Ior, prendendo possesso di quello che fino a qualche mese fa era l’ufficio del presidente. Con Pell si è spostato anche Danny Casey, project management officer della nuova organizzazione, dopo essere stato l’amministratore della diocesi di Sidney e organizzatore delle Giornate mondiali della Gioventù del 2008.

Al fianco di Pell c’è il Segretario della nuova organizzazione, ossia il numero due, Alfred Xuereb, un sacerdote di 56 anni che gira per Roma in bicicletta. Il religioso, che ha il grado di Presbitero ed è anche membro dell’Ordine di Malta, è stato secondo segretario di Benedetto XVI per poi diventare il principale collaboratore di Francesco, che poi lo ha indicato alla Segreteria per l’Economia. Xuereb è maltese, come anche Zahra, che dopo essere stato direttore della banca centrale di Malta è ora vice coordinatore del Consiglio per l’Economia, organo in cui siede anche l’italiano Vermiglio, docente di economia aziendale a Messina, nella stessa università dove ha insegnato pure Zahra. Vermiglio ha fatto parte anche del board di Bank of Valletta, di cui Zahra è stato presidente, ma soprattutto, come ha raccontato un’inchiesta dell’Espresso, i due avevano costituito la Misco Advisory, una jv tra lo studio legale di Vermiglio e la Misco Malta, società di consulenza finanziaria fondata da Zahra. Manager della controllata Misco Directors Network era invece il francese de Franssu, anche lui, come gli altri due, membro laico del Consiglio per l’Economia e da luglio nuovo presidente dello Ior. Una rete di connessione che ha subito fatto gridare alla lobby maltese che si sarebbe impossessata della finanza vaticana, estromettendo dalla prima poltrona della banca del Papa Ernst von Freyberg, nobile discendente della famiglia sveva Freyberg-Eisenberg che aveva preso il posto di Ettore Gotti Tedeschi, dopo la discussa defenestrazione voluta dall’ex segretario di Stato Bertone. In realtà anche von Freyberg fa parte dei Cavalieri di Malta e la situazione sembra più complessa.

È innegabile che da tempo il partito italiano sia in difficoltà nel Palazzo Apostolico. Dall’Aif, l’Autorità di informazione e vigilanza costituita con motu proprio da Benedetto XVI nel 2010 per mettere in regola lo Stato Vaticano rispetto alle regole internazionali in materia di riciclaggio, sono usciti in anticipo rispetto alla scadenza naturale i cinque membri del direttivo in carica dal 2011. Erano tutti italiani: Claudio Bianchi, Marcello Condemi, Giuseppe Dalla Torre, Francesco De Pasquale e Cesare Testa. Gli ultimi due erano stati gli autori della riforma del 2010, modificata nel 2012 e poi ancora nel 2013, questa volta sotto Papa Francesco. Tutti e cinque, però, il 16 gennaio 2014 avevano scritto una lettera al Segretario di Stato Parolin, per lamentare «l’opacità informativa» dell’Aif sotto la gestione del direttore René Brulhart. Un messaggio, pubblicato dal Messaggero, che aveva fatto molto rumore, spingendo l’allora presidente dell’Aif, il cardinale Attilio Nicora, a un duro confronto con Parolin, conclusosi con le dimissioni di Nicora.

Nel nuovo direttivo, nominato in giugno, l’unica italiana è Maria Bianca Farina, amministratore delegato di Poste Vita e di Poste Assicura. Gli altri componenti sono Marc Odendall, amministratore di fondazioni e consulente finanziario (Svizzera), Joseph Yuvaraj Pillay, presidente del Consiglio dei consultori del Presidente della repubblica di Singapore; Juan Zarate senior advisor presso il Centro per studi strategici e internazionali (Csis) e docente di giurisprudenza ad Harvard (Stati Uniti) considerato un grande esperto di lotta al riciclaggio internazionale. Come vicedirettore, indicazione che spetta di diritto al Segretario di Stato, Parolin, ha indicato ad interim Tommaso Di Ruzza, che è già funzionario dell’Aif. Una composizione che è stata considerata una vittoria di Brulhart che peraltro, dopo una presidenza retta ad interim dal vescovo Giorgio Corbelli, è stato di recente nominato presidente dell’Aif, raggiungendo il risultato di essere il primo laico e anche il primo non italiano a ricoprire l’incarico. Originario di Friburgo, in Svizzera, 42 anni, Brulhart è stato per otto anni Direttore della Financial Intelligence Unit (Fiu) del Liechtenstein ed è considerato anche lui un vero esperto nella lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo, tanto che la sua scelta come consulente fu spiegata nel 2012 da padre Federico Lombardi, portavoce del Papa, come il segnale forte per rispondere alle raccomandazioni di Moneyval. «La Santa Sede», disse Padre Lombardi, «ha deciso di avvalersi della collaborazione sistematica di un esperto internazionale nelle attività della lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo». (continua – 2/3)

Antonio Satta è vicedirettore di MF/MilanoFinanza

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