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Il presidente Grasso e la scuola di Don Milani

La figura di Don Lorenzo Milani (1923-1967), parroco, scrittore, giornalista ed educatore, continua ad interessare ed a far discutere. Dopo che Papa Francesco, nel discorso rivolto al mondo della scuola il 10 maggio 2014, ne ha pienamente sancito la “riabilitazione” definendolo «un grande educatore», ora anche il Presidente del Senato Pietro Grasso, in un discorso ufficiale, ne ha rilanciato «l’importanza, la forza e l’attualità del messaggio».

CONVEGNO “LA MEMORIA E L’IMMAGINE. SCUOLE PER LA STORIA”

Presentando il 13 gennaio il progetto ministeriale “La memoria e l’immagine – Scuole per la storia“, Grasso ha rappresentato «l’onore e il privilegio» del Senato di ospitare i materiali sulla storia della scuola italiana raccolti dall’équipe del Ministro Giannini, accompagnati da «un’anteprima delle foto della mostra monografica su Don Milani, che sarà inaugurata nel corso del mese di febbraio presso il MIUR». Febbraio, ha aggiunto il Presidente, è non a caso il mese scelto dal premier Matteo Renzi per presentare in Consiglio dei Ministri il risultato del lungo confronto iniziato mesi fa sul progetto di riforma “La buona scuola” che, il massimo inquilino di Palazzo Madama, si augura «possa trovare davvero le migliori soluzioni ai molti problemi che affliggono la scuola italiana» (Intervento del Presidente Grasso in Sala Zuccari, Roma-Senato della Repubblica, 13 gennaio 2015).

GRASSO: “ANDARE OLTRE L’IMMAGINE BUONISTA DI DON MILANI”

Nell’intervento non sono poi mancati passaggi davvero originali su Don Milani, almeno per una figura come il Presidente del Senato. Grasso ha ad esempio raccomandato ad andare «Aldilà dell’immagine buonista ed edulcorata che di lui viene proposta, la sua vita, il suo pensiero e il suo impegno furono pieni di vero fervore: cristiano da un lato – perché non dimenticò mai di essere un prete, un pastore di anime inviso alle gerarchie e mandato per punizione in quella Barbiana che da borgo sconosciuto lui ha trasformato in un modello di riferimento nella riflessione pedagogica nazionale e internazionale – e sociale dall’altro».

Inoltre, il magistrato che ricopre attualmente la più alta carica dello Stato dopo le dimissioni del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ha rievocato il carattere squisitamente cristiano e sacerdotale dell’idea di scuola del Priore di Barbiana. Infatti, ha aggiunto Grasso nel suo intervento per Don Milani la scuola «era sacra come un “ottavo sacramento”, è un’idea radicale. Sapeva essere anche duro con i suoi ragazzi – anche se in punto di morte confessò di aver amato più loro di Dio – duro perché vedeva nell’educazione l’unica arma democratica di riscatto per i figli della povera gente che frequentavano le sue lezioni. Per questo nella famosissima “Lettera a una professoressa” si scagliò contro la scuola che perdeva gli ultimi come “un ospedale che cura i sani e respinge i malati”».

DON MILANI E PAPA FRANCESCO

La metafora della Chiesa come un “ospedale” che riscatta dalle «ferite» e dalle povertà dei poveri e dei “periferici esistenziali”, permette di associare la figura del sacerdote fiorentino a quella dell’attuale Pontefice che, come noto, è stato insegnante ed ha operato per decenni nei sobborghi di Buenos Aires. Una immagine rimbalzata su tutti i giornali è stata quella di cui Francesco si è servito spiegando alla Civiltà cattolica di vedere «la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia. E’ inutile chiedere a un ferito grave se ha il colesterolo o gli zuccheri alti! Si devono curare le sue ferite. Poi potremo parlare di tutto il resto», recita un passaggio dell’intervista a Padre Spadaro (cfr. A. Spadaro, Intervista a papa Francesco, in La Civiltà cattolica, 19 settembre 2013, pp. 461-462).

BERGOGLIO/MILANI: “L’ATTRAZIONE DELLA TESTIMONIANZA”

Una originale “comparazione” fra gli scritti e discorsi di Bergoglio da Arcivescovo e poi da Pontefice, e quelli del sacerdote fiorentino, è contenuta nell’ultimo libro di Giuseppe Brienza, Don Milani e Papa Francesco, l’attrazione della testimonianza, appena pubblicato dalle Edizioni Cantagalli, con una Prefazione del Vescovo di Trieste Mons. Giampaolo Crepaldi (Siena 2014, pp. 152, € 10). Dalla necessità di un apostolato che affondi le sue radici nel cuore del popolo, alla critica dell’ideologia dominante e del denaro, per finire con l’importanza della scuola per l’evangelizzazione nella Chiesa, nel libro emergono non poche analogie ed affinità nel “pensiero pastorale” di due uomini così distanti per formazione e cultura ma legati entrambi dalla passione per la Parola e l’Annuncio.

Il primo aspetto con il quale è possibile accomunare Bergoglio e Milani, si sottolinea nel libro, è quello pastorale. Brienza rileva innanzitutto al rapporto personale d’intimità con Dio, vissuto con gli altri, soprattutto con i poveri, alla stregua di una relazione come da Padre a figlio. Ha affermato in proposito il Papa in una recente catechesi: «Nella Chiesa, il Dio che incontriamo non è un giudice spietato, ma è come il Padre della parabola evangelica. Puoi essere come il figlio che ha lasciato la casa, che ha toccato il fondo della lontananza da Dio. Quando hai la forza di dire: voglio tornare in casa, troverai la porta aperta, Dio ti viene incontro perché ti aspetta sempre, Dio ti aspetta sempre, Dio ti abbraccia, ti bacia e fa festa. Così è il Signore, così è la tenerezza del nostro Padre celeste» (San Pietro, 2 Ottobre 2013). La stessa cosa, naturalmente, deve essere reciproca, deve cioè essere provata anche dall’uomo verso Dio. A modo suo, è questo un concetto che si può leggere in una formidabile lettera di Don Milani, che scrisse così ad uno dei suoi allievi: «Io non credo in Dio: sarebbe troppo poco. Io gli voglio bene».

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