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La parità di genere dimenticata dalle riforme di Renzi

Palazzo Chigi e neanche tutto, ma pochi intimi, collegato con Palazzo Grazioli e anche qui tra pochi intimi, sono diventati recinti, luoghi di potere esclusivo e si sente nell’aria uno sgradevole fetore di autoritarismo e altroché sensazione di dittatura strisciante. Così è per la legge elettorale, per il jobs act, per la legge sulla giustizia, e non parliamo poi del prossimo Presidente della Repubblica, che pare essere solo ed esclusivamente un affare privato.

Comincio volutamente dalle polemiche e le obiettive difficoltà riguardanti un testo di riforma elettorale che ora contiene una premessa riepilogativa (quella appunto contenuta nell’emendamento Esposito), alla quale l’intero testo dovrà essere conforme. E qui entra in scena il SUPER CANGURO 1° emendamento detto antiostruzionismo Esposito che -attenzione!- recepisce l’accordo del Nazareno del 2014 (facendo così finta per l’ennesima volta di dare un ruolo al parlamento, infatti il meccanismo cancella gli oltre 48000 mila emendamenti. Non rinuncio a esprimermi (per quello che conta ma sicuramente serve a chi legge) sull’impianto, drasticamente modificato, dell’intera riforma, sulla quale alcune cose segnano negativamente la futura legge, come la possibilità di pluricandidature in ben dieci collegi.

Non mi faccio illusioni per le norme di garanzia di genere contenute nell’emendamento Esposito, anche perché sicuramente la doppia preferenza di genere è un passo avanti e anche e soprattutto la percentuale minima del quaranta per cento del sesso meno rappresentato nelle capolisture in ciascuna delle venti circoscrizioni (che raggruppano i cento collegi). Criteri rafforzati con l’approvazione dell’emendamento 1.7001/166 a firma delle senatrici di tutti i gruppi (testo originario prima firma Fedeli, Cirinnà, proposto da Finocchiaro alla legge elettorale sulla rappresentanza di genere. Infatti a pena di inammissibilità della lista, infatti, nel numero complessivo dei capolista nei collegi di ciascuna circoscrizione non possono esservi più del 60 per cento di candidati dello stesso sesso.

RISULTATI FRUTTO DI LUNGHE ed ESTENUANTI BATTAGLIE DELLE ASSOCIAZIONI E di alcune parlamentari. Ma rimane sempre e comunque il problema delle risorse economiche che la politica deve stanziare e gestire equamente per le candidature sia maschili che femminili e dunque dell’organizzazione e gestione che non può rimanere strettamente in mano ai soliti capetti o alla gradevolezza asservita di giovani e meno giovani signore ammesse ai cerchi magici renziani e berlusconiani per eseguire i compiti assegnati.

Parliamo dunque e chiaramente della riforma degli organismi preposti alle politiche attive e particolarmente di genere con particolare attenzione alla parità tra uomini e donne che secondo la Commissione Europea sono la priorità posto che nella strategia UE 2020 la parità sia occupazionale che salariale attraverso politiche di promozione antidiscriminatorie sono e rimangono in cima agli impegni assunti. Palazzo Chigi e il Ministero del lavoro,nonostante le richieste e le proposte e il tanto e ottimo lavoro fatto in condizioni umilianti per le risorse destinate alle consigliere di parità unici pubblici ufficiali operativi sul territorio e a livello nazionale e internazionale, con un colpo da SUPER GAMBERO, attraverso la legge di stabilità cancella, azzera, elimina, persino la dignità del ruolo del Fondo (?) dalla legge 2015 in capo al Ministero del lavoro di ben UDITE UDITE per il 2014 di 314,000 mila euro non più rifinanziato, peraltro non è ancora canalizzato compreso quello del 2013, cifra complessivamente a disposizione a livello nazionale per tutte le consigliere di parità.

Per aver conoscenza di ciò che l’Ufficio nazionale della consigliera di parità continua a svolgere senza alcuna risorsa e riconoscimento invito a leggere il sito wwww.consiglieranazionaleparita.lavoro.gov.it. Ma non basta. Nella legge di stabilità si fa riferimento ad una razionalizzazione degli organismi in capo al Ministero del lavoro fermi restando i compiti della Presidenza del Consiglio: qual è dunque la casta che si occuperà con competenza di politiche attive di genere? Che prenderà in carico il Codice delle Pari opportunità il ruolo delle consigliere di parità del dlgs 198/2006? La legge la cancellano?

Per quello che riguarda chi scrive e non solo, noi ci siamo e ci saremo con la nostro saper fare ed essere con dignità e forza, con quella forza che da tanto tempo ormai stanno cercando di stordire con umiliazioni settarie e volgari perché il consenso si ha non per decreto ma per rigore personale e che collettivamente viene riconosciuto da quel che fai per il bene comune con quella concettualizzazione formale e razionale e quell’esperienza che siamo orgogliose di possedere che si riannoda nelle politiche concrete e autenticamente sociali dalla parte delle donne e del lavoro.

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