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Il futuro già presente

Si fa tanto parlare di futuro e si rimanda a quando sarà. Il futuro sembra appartenere ad una dimensione temporale separata dal nostro presente e da quello che chiamiamo passato, cioè dalla realtà delle esperienze che ci “fanno essere”.

Abbiamo urgente bisogno di visionari, di persone che sappiano cogliere ed accogliere i “segni dei tempi”, che esprimano il talento di un “tempo integrato” che vive in ciascuno di noi nell’ “essere in continuo”. Ma i visionari non si comprano e tanto meno si aspettano; la visione ci appartiene, fa parte della nostra responsabilità di persone-cittadini.

E’ così, nell’essere visionari, che il futuro già cammina con noi, appartiene al nostro presente e ci chiama ad innovare, senza rottarmarle, le esperienze che abbiamo vissuto. Il futuro vive nell’ essere cambiamento, nella possibilità-capacità dell’essere umano di guardare con l’occhio complesso ai mondi che evolvono.

Invocare il futuro è un segno della degenerazione della convivenza umana; lo si invoca troppo spesso per giustificare i nostri errori, le nostre incapacità, la nostra mancata volontà di essere pienamente; lo si invoca per illuderci che le nostre certezze siano l’espressione di un eterno presente perfetto che ci limitiamo a rincorrere. Ed è così, invocando il futuro, che non lo viviamo, che lo subiamo anziché costruirlo, che non lo comprendiamo né com-prendiamo in noi.

 

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