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Ebola: il virus sta mutando, ma noi ora siamo più sereni

Gli scienziati che si occupano del monitoraggio di Ebola in Guinea, dicono che il virus è mutato. I ricercatori francesi dell’Institut Pasteur, che per primi hanno individuato il focolaio nel marzo scorso, stanno indagando se le mutazioni renderanno il virus più contagioso.

La conta dei contagi è arrivata a 22 mila ─ con un rallentamento del ritmo, tanto che l’argomento “ebola” è ormai quasi dimenticato dai media mainstream, dopo settimane di accalorata (e spesso esagerata) trattazione. Le vittime accertate sono 8795 tra Liberia, Sierra Leone e Guinea, principali zone di diffusione.

Il genetista Anavaj Sakuntabhai ha detto alla BBC che conoscere i cambiamenti delle molecole virali, è fondamentale per le cure e per i trattamenti epidemiologici. I virus come Ebola, a RNA (tipo l’Hiv o l’influenza), sono soggetti ad alti tassi di mutazioni ─ circostanza che va monitorata, in quanto rende i ceppi in grado di adattarsi e dunque ne amplifica il contagio potenziale,

L’attenzione dei ricercatori, è concentrata sui diversi casi asintomatici riscontrati in alcuni pazienti, che rappresentano i possibili (eventuali) futuri vettori del virus mutato. Anche se secondo Jonathan Ball, un virologo dell’Università di Nottingham, i casi di contagi asintomatici esistono e sono noti, dunque c’è da aspettare per capir se è soltanto «un gioco di numeri» questo aumento.

La più grossa paura delle organizzazioni mediche, è che le mutazioni possano portare il virus ad essere in grado di diffondersi per via aerea: per evitare le paranoie allarmistiche già provate un paio di mesi fa, va detto che non ci sono elementi che facciano pensare che questo stia già accadendo e si tratta di un’evenienza messa in conto dagli studiosi da subito. Per ora, la contagiosità è legata allo scambio di fluidi corporei.

I ricercatori stanno utilizzando un metodo chiamato sequenziamento genetico per monitorare i cambiamenti nel make-up genetico del virus. Finora hanno analizzato circa 20 campioni di sangue provenienti da Guinea e altri 600 sono già stati inviati ai laboratori per l’analisi nei prossimi mesi.

Studi simili in Sierra Leone, avevano dimostrato che il virus è cambiato molto nei primi 24 giorni dallo scoppio dall’epidemia, anche se si trattava di mutazioni di valore relativo, soprattutto sotto l’ottica della trasmissione e di quella degli interventi medici di cura e profilassi.

Lo studio del virus e dei casi asintomatici, cercherà di far chiarezza anche sul come mai certi individui, appartenenti allo stesso contesto socio-geografico, riescono a sopravvivere e altri no. Attualmente il tasso di sopravvivenza è intorno al 40%. Da questi dati si potrà tarare meglio anche un eventuale vaccino.

A proposito di ciò, i medici dell’Istitut Pasteur hanno fatto sapere di aver pronte due possibili soluzioni, che dovrebbero aprire alla sperimentazione umana entro fine anno. La più papabile deriva dal vaccino del morbillo, e funziona con l’analogo principio di somministrare alle persone una forma indebolita e innocua del virus, così da permettere lo sviluppo “artificiale” degli anticorpi.

La comunità scientifica è concorde nel sostenere che la soluzione migliore, sebbene questa epidemia stia via via scomparendo (per la prima volta, riferisce l’Oms, ci sono stati meno di 100 nuovi casi nei tra Paesi maggiormente colpiti), resta quella dello studio di una vaccinazione, perché i portatori naturali del virus (nel caso per esempio i piccoli animali) continueranno a restare in circolazione in ambienti umani.

@danemblog

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