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Che cosa contiene la finanziaria (audace) di Obama

La buona notizia per Barack Obama è che i suoi detrattori non pensano più che sia un socialista. La cattiva è che ora credono sia un dittatore. Il Washington Post, mai troppo tenero con il presidente degli Usa, riassume così un sondaggio di Pew che dall’inizio della sua esperienza alla Casa Bianca chiede ai cittadini americani cosa pensino del loro capo di Stato.
Al quale riservano parole ruvide, certo, ma dal risultato poi non così sorprendente. Entrambi i termini, visti con gli occhi di chi vive oltreoceano, delineano bene il sentimento con il quale la cosiddetta “pancia” dell’America si accinge a valutare la finanziaria che Obama ha presentato oggi al Congresso.

IL DOCUMENTO

Socialista, si diceva. Perché il documento da 4 triliardi di dollari contiene l’annunciato aumento delle tasse per i più abbienti. Una misura fortemente osteggiata dal Partito Repubblicano, che ha già annunciato battaglia. E dittatore. Perché – secondo i suoi critici – Obama intende far passare il provvedimento (o almeno tentarci, nel più classico degli scaricabarile) conscio del fatto che dal primo gennaio, per effetto del tonfo alle elezioni di midterm, sia la Camera sia il Senato sono saldamente nelle mani del Gop.

A SOSTEGNO DELLA MIDDLE CLASS

Il presidente vuole aumentare le imposte ai ricchi per sostenere la classe media, una scelta che ha scatenato le ire di alcuni tra i maggiori finanziatori repubblicani, come i fratelli Koch, una coppia di industriali che si prepara a inondare le prossime presidenziali con la cifra record di 900 milioni di dollari a favore dei candidati dell’Elefante. La riforma obamiana dovrebbe portare nelle casse dello Stato 320 miliardi di dollari in dieci anni, con l’aumento al 28% (dal 23,8%) dell’aliquota massima di tassazione su guadagni in conto capitale e dividendi per le coppie con redditi superiori ai 500mila dollari all’anno, e un maggior prelievo fiscale sulle banche di grandi dimensioni. Soldi che servirebbero a coprire i 175 miliardi di agevolazioni fiscali per la classe media e i 60 miliardi necessari per pagare i due anni di community college (l’università pubblica) a milioni di studenti.

LE ALTRE MISURE

Il piano del presidente prevede 74 miliardi di dollari in più per spese nel settore della difesa, per progetti infrastrutturali e iniziative per lo sviluppo e la ricerca, per un totale di 530 miliardi per investimenti civili e 561 miliardi per quelli militari. I tagli automatici sono entrati in vigore nel 2013, per poi essere ridotti per il 2014 e il 2015 con una legge bipartisan, ma il compromesso scadrà con l’attuale anno fiscale, il 30 settembre.
Per compensare l’aumento della spesa, la Casa Bianca fa affidamento sulle riforma del sistema sanitario, sull’eliminazione di scappatoie fiscali e sulla riforma dell’immigrazione.

La manovra contiene anche un’altra norma che farà discutere, ovvero 478 miliardi di investimenti in infrastrutture da finanziare con una sorta di scudo per far rientrare in America i profitti delle compagnie all’estero. Il rientro, spiegano i media Usa, sarà tassato al 14%, poi la flat rate sarà del 19%. Circa 238 miliardi così ottenuti sarebbero poi usati per l’Highway Trust Fund, per finanziare i nuovi progetti infrastrutturali e coprire i debiti. L’esito del piano è però tutto da vedere.

GLI OSTACOLI

Considerata la maggioranza repubblicana a Capitol Hill, è facile prevedere che alle più immediate valutazioni di contesto si aggiungano infatti quelle del lungo periodo. Le dichiarazioni al vetriolo iniziano a fioccare e non è detto che un accordo sia possibile. Per molti esponenti repubblicani, il documento ha una connotazione troppo politica, già manifestata da Obama durante il recente discorso sullo Stato dell’Unione. Difficilmente il Gop cederà a misure condiderate eccessivamente progressiste dalla parte più oltranzista del proprio elettorato e che consentano ai democratici di appuntare un’altra medaglia sul petto.

LA SITUAZIONE ECONOMICA

Dopo mesi di calo costante nei sondaggi, la stella di Obama è tornata infatti a brillare da poco, grazie agli incoraggianti dati sull’occupazione a stelle e strisce, uscita dalle paludi della crisi che ancora attanaglia l’Europa e cresciuta, oltre ogni più rosea aspettativa, di circa il 5%. Se l’inquilino della Casa Bianca sorriderà ancora sarà più chiaro venerdì, quando saranno resi noti i dati di un nuovo test sulla situazione economica, con il report sul lavoro a gennaio.

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