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Popolare di Milano, Bper e Ubi. Chi gongola ai vertici per la riforma Renzi

Da un lato i comunicati ufficiali della categoria, in cui non si lesinano strali contro il decreto sulle Popolari firmato Matteo Renzi. Dall’altro, le voci di molti amministratori delegati che, sovente a margine delle presentazioni dei bilanci di fine esercizio, si sbilanciano sottolineando gli aspetti potenzialmente positivi della trasformazione in Spa, ovvero l’obiettivo formalmente dichiarato dall’esecutivo nell’approvare il controverso decreto.

LA POSIZIONE UFFICIALE

Assopopolari, l’associazione di categoria presieduta da Ettore Caselli, all’indomani della pubblicazione del decreto aveva annunciato in un comunicato che non avrebbe lasciato “nulla di intentato perché il decreto venga meno e l’ordinamento giuridico continui a consentire a tutte le banche popolari di mantenere la propria identità”, definendo il decreto legge “ingiustificato e ingiustificabile”, oltre che “gravido di conseguenze negative sul risparmio nazionale e sul credito a famiglie piccole medie imprese”. La politica economica dell’esecutivo è “finalizzata – si legge ancora nel documento – esclusivamente a trasferire la proprietà di una parte rilevante del sistema bancario italiano alle grandi banche internazionali”.

…E QUELLE UFFICIOSE

Formiche.net aveva cercato di raccogliere anche le opinioni degli ad delle dieci banche coinvolte nel processo di trasformazione che le porterebbe, dopo la conversione del decreto in legge, a diventare Spa nel giro di 18 mesi. A fine gennaio però, si raccolsero una serie di laconici “no comment”. Oggi, invece, qualcuno inizia a esprimersi. Il consigliere delegato di Bpm Giuseppe Castagna, lo ha fatto ad esempio nel corso della presentazione dei conti trimestrali, due giorni fa. Bpm, ha detto Castagna – come riporta Milano Finanza – è pronta a cogliere le sfide che si presenteranno, essendo “in una posizione decisamente migliore per cogliere eventuali opportunità rispetto all’anno scorso”. “Ci potranno essere delle sinergie – ha aggiunto il numero uno della Popolare di Milano – ma parlare di ciò è ancora prematuro”. Il capo azienda di Bpm ha ricordato che lo scorso anno la sua banca aveva proposto una modifica dello Statuto proprio per arrivare alla trasformazione in Spa, proposta che non era passata in assemblea. “Un cambiamento nella governance era necessario, ma i richiami dei vertici ai soci sono rimasti in passato lettera morta”. E oggi, se ci fosse un obbligo di legge, “ci terremmo a mantenere il nostro schema con i colleghi dipendenti vicini alla banca come soci. In linea di massima, penso che più si va verso il mercato e più le forme di governo devono essere adeguate”, ha detto Castagna.

LE PAROLE DI MASSIAH DI UBI BANCA

Anche in casa della prima Popolare italiana, pur funestata da inchieste giudiziarie che toccano vertici e lambiscono pure il presidente di Intesa, Giovanni Bazoli, non si rintracciano troppi antagonismi rispetto al provvedimento del governo: “E’ un decreto inatteso che sta diventando una legge – ha detto ieri Victor Massiah, consigliere delegato di Ubi Banca – Ora, per quello che so, il sistema delle banche sta dialogando con il governo e quello che penso è che si troverà un accordo nella direzione di porre un tetto al possesso azionario, ma è un lavoro in corso”, ha rilevato. Alla fine di questo processo ci sarà, automaticamente o meno, una conversione in spa: sarà un cambiamento radicale che può ovviamente rendere tutte le banche più contendibili. E in questo caso Ubi Banca – ha rimarcato MF/Milano Finanza dando conto delle parole di Massiah – ha confermato la propria ambizione a giocare un ruolo di “aggregatore” nel processo di consolidamento del sistema bancario, una volta però chiarite le regole del gioco: bisogna aspettare la conversione in legge del decreto sulla trasformazione delle popolari in spa e si consolidi la normativa a livello di Eba. “Non abbiamo mai negato un ruolo di potenziale aggregatore ma sono solo situazioni che creano valore per i nostri azionisti, e non per quelli degli altri, che verrebbero prese in considerazione”, ha chiarito Massiah.

TAGLI E GOVERNANCE SECONDO BPER

Anche Alessandro Vandelli, ad di Bper presieduta da Caselli, ha fatto il punto sul decreto mentre raccontava il piano industriale che prevede la chiusura di 130 filiali e l’uscita di 581 dipendenti. In caso di trasformazione in Spa,”è molto difficile avere una stabilità di governance con 90mila azionisti”, ha detto Vandelli secondo quanto riporta Repubblica e quindi “la mia idea è che serva avere un gruppo di azionisti stabili, non per affrontare un’altra banca che ci volesse comprare, ma proprio per avere stabilità di governance e perché un fondo basato non so dove non possa arrivare con i soldi e prendersi il controllo della banca”. Secondo Vandelli è impensabile che si faccia marcia indietro. E tuttavia “è molto difficile trovare una soluzione. Dobbiamo capire che questo cambio di forma societaria cambierà tutto”. Non si è sbilanciato molto anche perché, come lui stesso ha dichiarato, il presidente di Bper Caselli, è anche presidente di Assopopolari. Ma non ha potuto non ricordare il “ruolo fondamentale svolto dalle popolari in questi anni a sostegno dell’economia italiana. E lo hanno svolto con questa struttura e con il voto capitario. Noi stessi, con questa struttura e col voto capitario, abbiamo molti fondi nel capitale e siamo presenti sul mercato wholesale. Spero che si possa trovare un bilanciamento tra l’idea del governo e la nostra, per mantenere alcune caratteristiche da public company” delle banche popolari.

COSA C’È DIETRO AL CAMBIO DI ROTTA DEGLI AD

Dunque va bene, trasformiamo pure le Popolari in Spa. Cosa c’è dietro questo ammorbidirsi delle posizioni? Una spiegazione l’ha fornita Equita Sim e cioè che le Popolari potrebbero “accettare una qualche riforma nella governance in cambio di una bad bank sostenuta dal governo”, per poter gestire l’enorme massa di sofferenze a bilancio. Che è un problema soprattutto per le Popolari, in quanto i grandi istituti come Intesa e Unicredit hanno la potenza di fuoco per fare da sé. E nel frattempo, mentre si preparano a trattare con il governo sul punto, si preparerebbero a un’ondata di fusioni e acquisizioni “come mossa difensiva – scrive ancora Equita – per evitare nel futuro scalate ostili”, possibili con la fine del voto capitario. Dal consolidamento potrebbero nascere due grandi banche popolari, le cui sinergie faranno accrescere fino al 9% nel 2017 la redditività. “La nostra combinazione preferita sarebbe un remake della fusione Bpm e Bper, ma non possiamo escludere che anche il Banco possa farne parte. In tal caso, Ubi potrebbe fondersi con il Creval o con la Pop. Sondrio”.

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