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Ecco perché la guerra ibrida della Russia in Ucraina preoccupa la Nato

Uno degli aspetti più pericolosi della crisi di Kiev? Il rischio emulazione. Le azioni di destabilizzazione condotte dalla Russia in Ucraina, tra le quali “sofisticate combinazioni di mezzi di guerra convenzionali e non convenzionali“, potrebbero ispirare i potenziali avversari della Nato, statali e non, in altre parti del mondo.

LO SCENARIO

Mosca continua a sentirsi minacciata dall’allargamento dell’Alleanza Atlantica ad Est e prova a impedire che anche Kiev, dopo essersi associata all’Unione europea, entri definitivamente nell’orbita occidentale anche per ciò che concerne gli aspetti di sicurezza e difesa. Negli ultimi mesi, la Russia ha pagato pesantemente i costi di questa strategia. A causa delle sanzioni e complice il crollo del prezzo del petrolio, la sua economia boccheggia, il rublo è crollato e l’inflazione è alle stelle. Nonostante ciò, secondo molti strateghi militari, questa tattica destabilizzante potrebbe fare scuola, moltiplicando i teatri di crisi, ad esempio in Asia orientale o in Medio oriente.

IL CONFRONTO TRA NATO E RUSSIA [INFOGRAFICA]

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(fonte: Business Insider –  clicca sull’immagine per ingrandire)

IL REPORT DI IISS

È la conclusione a cui giunge l’International Institute for Strategic Studies nel suo rapporto annuale sugli scenari di guerra, ripreso da Radio Free Europe. Il think tank londinese spiega che l’applicazione della “guerra ibrida” della Russia in Ucraina, basata su “azioni segrete e campagne sui social media“, potrebbe cogliere impreparati molti eserciti nel mondo, compresi alcuni in seno alla Nato. Mosca, nonostante le immagini satellitari raccolte dall’Alleanza (qui le foto), continua a negare di aver inviato truppe o armi ai ribelli filorussi nell’Est del Paese, che pure sembrano godere al momento di un vantaggio tecnico-tattico sulle truppe regolari ucraine.

UNA STRATEGIA PERICOLOSA

La strategia adottata dal Cremlino – entra nel dettaglio il rapporto – è pericolosa proprio perché opaca. Include “campagne sofisticate che combinano operazioni convenzionali e speciali a basso livello, azioni offensive in campo cibernetico e operazioni psicologiche, attraverso media tradizionali e non, per influenzare la percezione popolare e l’opinione pubblica internazionale“. Queste tattiche, sottolinea il paper, rappresentano “una grave minaccia“, perché operano “in zone grige che sfruttano le pieghe” nella Nato.

COSA VUOLE PUTIN

Con la guerra in Ucraina, il Cremlino si è assicurato il controllo della Crimea e la possibilità di frenare lo sviluppo di Kiev attraverso la probabile autonomia delle province russofone. Ma per Putin, rimarca l’Economist, gli obiettivi finali sono l’Ue e l’Alleanza atlantica. “Per lui, le istituzioni e i valori occidentali sono più minacciosi degli eserciti. Vuole fermare la loro diffusione, li corrode da dentro, quantomeno sulla fragile periferia dell’Occidente, soppiantandoli con il proprio modello di governo“, basato sulla capacità di influenzare Stati governati da élite facilmente controllabili. Oppure sostenendo, ove possibile, “quei movimenti di estrema destra o estrema sinistra che si oppongono all’attuale assetto di Bruxelles” (il Front National di Marine Le Pen in Francia o Syriza in Grecia). Il suo più grande obiettivo resta però minare l’impegno della Nato a una mutua difesa dei Paesi membri, screditandola e provando a farla implodere. Una strategia, ricorda Business Insider, che fa costituisce l’asse portante della nuova dottrina militare della Russia, varata a dicembre 2014.

L’EVOLUZIONE DEL CONFLITTO

Il conflitto tra le forze governative e i separatisti filorussi in Ucraina orientale, ha ucciso più di 5.350 persone da aprile, scatenando quello che è stato definito come il braccio di ferro più teso tra Mosca e l’Occidente dai tempi della Guerra fredda.

Nelle scorse ora, dopo un lungo negoziato, Russia, Ucraina, Francia e Germania hanno raggiunto un’intesa per un cessate il fuoco che partirà dalla mezzanotte del 15 febbraio. Una tregua che molti osservatori considerano troppo fragile vista la complessità degli interessi in gioco, come ha spiegato a Formiche.net l’ambasciatore Guido Lenzi, già direttore dell’Istituto Europeo di Studi di Sicurezza a Parigi e Rappresentante Permanente presso l’Osce a Vienna. “Nulla è cambiato rispetto ai fallimentari accordi di Minsk, stipulati mesi fa e mai rispettati”.
In virtù di ciò, prende quota a Washington l’ipotesi di armare Kiev a fini difensivi (tra la contrarietà di quasi tutti i Paesi europei, ad eccezione delle repubbliche baltiche e Varsavia). E mentre la Casa Bianca cerca di decidere il da farsi, la Nato ha aumentato la propria presenza nella regione. La settimana passata i ministri della difesa dei Paesi membri dell’Alleanza, riuniti a Bruxelles, hanno concordato la creazione di sei nuovi posti di comando e controllo in Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia e Romania e annunciato che la forza di risposta rapida, pienamente operativa nel giro di 48 ore, sarà raddoppiata, fino a 30mila unità.

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