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Tutte le astruserie della minoranza Pd sul Jobs Act

La presidente Laura Boldrini, col pretesto di difendere le prerogative del Parlamento, ha rimproverato Matteo Renzi per aver varato il decreto delegato sul contratto a tutele crescenti senza tener conto delle condizioni poste dalle Commissioni Lavoro delle due Camere e delle critiche dei sindacati. A prescindere, per ora, dal merito, è un peccato che la presidente sia indotta a queste prese di posizione, di forte rilievo politico ed istituzionale, soltanto quando sono in questione argomenti che stanno a cuore alla sinistra politica e sindacale.

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Con tutto il rispetto dovuto ai ruoli istituzionali e agli esponenti che li ricoprono, le due principali richieste, contenute nei documenti approvati dalle Commissioni competenti sul Jobs act Poletti 2.0, non ‘’miglioravano’’ un bel nulla, perché erano prive di coerenza giuridica e di senso logico. Non trovava alcuna giustificazione, infatti, che dei licenziamenti ‘’economici’’ – ormai divenuti individuali a conclusione delle procedure sindacali e amministrative previste nel caso di licenziamenti collettivi – venissero sanzionati (se ritenuti ingiustificati) diversamente da quelli individuali fin dall’inizio, soltanto in conseguenza di un’accertata violazione dei criteri di selezione: addirittura con la reintegra anziché con la prevista indennità risarcitoria. In materia l’esecutivo non ha compiuto alcun eccesso di delega, come hanno sostenuto le minoranze dem, dal momento che la formulazione della norma era chiaramente riferibile a tutte le tipologie di licenziamenti ‘’economici’’. Quanto alla pretesa di elevare sia la soglia minima sia quella massima dell’indennità risarcitoria, ciò avrebbe squilibrato tutto l’impianto sanzionatorio che costituisce una delle più importanti certezze che la nuova disciplina intende riconoscere alle imprese. Il Governo, allora, ha fatto bene a tirare diritto per la sua strada.

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Che cosa pensereste di un ammalato che per curare la febbre getta il termometro nel water? La stessa cosa – per combattere il c.d. precariato –  sta facendo il governo nello schema di decreto sulle forme contrattuali, predisposto in via preliminare nella riunione del 20 febbraio. Alcune tipologie (associazione in partecipazione e lavoro ripartito) sono state abrogate. Nella prima fattispecie sono coinvolti 41mila lavoratori, nella seconda alcune centinaia. Il problema si porrà con le collaborazioni. È vero che è prevista una fase di transizione ed affidato un ruolo di salvaguardia della fattispecie alla contrattazione collettiva. Ma si tratta pur sempre di oltre 500mila persone. È difficile immaginare che la maggior parte di loro possa essere assunta a tempo indeterminato, solo perché è una norma a stabilirlo.

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Gino Paoli: ‘’c’era una volta una tassa…’’.

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