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Perché sono ottimista sull’economia europea e italiana. Parla il prof. Marco Fortis

“Ci sono tutte le premesse perché l’Europa possa tornare a crescere già nel 2015”. Non ha dubbi Marco Fortis, vicepresidente della Fondazione Edison, che, a margine della presentazione milanese del suo ultimo libro, scritto insieme ad Alberto Quadrio Curzio, “L’Europa tra ripresa e squilibri. Eurozona, Germania e Italia”, spiega a Formiche.net perché l’anno appena iniziato potrebbe essere quello della svolta. Tanto per il nostro Paese, quanto per l’intera area della moneta unica. Che pure deve ancora risolvere la “strisciante crisi greca”. Oltre a dover affrontare le altre due crisi che in questo momento minacciano le aspettative sull’avvenire europeo, ovvero quelle ucraina e la minaccia terroristica in Libia.

Professore, nel 2015 è legittimo aspettarsi una ripresa?

Senza dubbio, ci sono una serie di dati, relativi agli ordini, alla produzione industriale e persino ai consumi al dettaglio, che sembrerebbero stare leggermente rimbalzando. Confermando così l’iniziale ripresa del Pil, registrata già nel terzo trimestre 2014, non solo in Italia, ma anche in Spagna e in Germania. Le premesse, dunque, ci sono, ma quando si parla di ripresa è sempre bene muoversi coi piedi di piombo, perché questa crisi dura da così tanto e tempo e ha avuto così tante ricadute che la prudenza non è mai troppa.

L’economia può ripartire anche in Italia?

Sì, perché il tessuto imprenditoriale italiano è sano ed estremamente dinamico e sono i dati che ancora una volta lo dimostrano. Basti pensare, per esempio, che nei primi nove mesi del 2014 l’export manifatturiero italiano è cresciuto, rispetto ai primi nove mesi del 2010, di un importo complessivo pari a 46,7 miliardi di euro. Senza contare, poi, che ci sono una serie di fattori esterni che potrebbero addirittura facilitare la ripresa. Mi riferisco, in particolare, all’euro debole, che spinge l’export; al prezzo del petrolio in calo, che riduce la bilancia dei pagamenti energetica e allo stesso tempo mette più soldi in tasca a imprese e famiglie; e all’azione della Bce che, con il quantitative easing voluto da Draghi, contribuisce, non solo a riportare liquidità all’interno del sistema creditizio, ma soprattutto a generare fiducia negli investitori e nei mercati internazionali.

Che cosa ha spinto così forte le esportazioni?

Il risultato è frutto del successo di diverse province italiane. Come quelle lombarde, innanzitutto, che da sole hanno fatto registrare un aumento di 10,4 miliardi di euro. Milano, Varese, Monza e Brianza, Lodi, Lecco, Como, Bergamo e Brescia sono, di fatto, una “Baviera lombarda”, senza peraltro possedere un’azienda leader dell’automotive come la Bmw di Monaco. Ma non sono le sole ad essere cresciute così tanto. C’è anche la cintura delle cinque province di Vicenza, Padova, Verona, Treviso e Belluno, che hanno la stessa popolazione della Westfalia orientale e quasi la stessa specializzazione industriale e che economicamente non sono da meno. O le cinque province emiliane che sono cresciute di 6,7 miliardi di euro e quelle di Latina, Frosinone, Ascoli Piceno e Bari, dove si sono radicati insediamenti farmaceutici giganteschi e che, insieme a Firenze e Massa Carrara, hanno messo insieme 6,9 miliardi di euro in più.

Se, dunque, l’impresa italiana è così in salute, perché finora c’è stata la crisi?

Lo strascico della crisi finanziaria del 2011 si fa sentire ancora oggi; ma soprattuto a pesare è stato il fatto che, mentre all’estero l’Italia si gioca la sua partita, così non è stato all’interno dei confini nazionali. Dove non è che abbiamo perso la partita dei consumi interni; semplicemente non abbiamo potuto giocarla per via dell’austerity; è come se il campo fosse stato allagato e il match non si sia potuto disputare.

Ora, invece, i consumi possono ripartire?

Oltre all’euro debole e al calo del prezzo del petrolio possono giocare a favore della ripresa due importanti stimoli dati all’economia, che stanno cominciando a far sentire tutto il loro effetto: da un lato la legge Sabatini che, con un costo molto modesto di un centinaio di milioni di euro, ha sbloccato investimenti per 4 miliardi di euro in macchinari; dall’altro il Bonus Mobili, che ha dato ossigeno a un comparto che stava soffrendo particolarmente il blocco dei consumi interni. Se a ciò sommiamo il bonus da 80 euro e il minor costo della benzina alla pompa, penso che gli italiani possano tornare ad accumulare risparmi e consumare.

Cosa resta da fare per liberare il campo da eventuali ostacoli?

Moltissimo resta ancora da fare: pensiamo alle riforme strutturali, come quella dei processi e della giustizia civile, al discorso sulla corruzione e alla lotta all’evasione; ma almeno si è cominciato a mettere mano alla riforma del mercato del lavoro, che è qualcosa di importante perché l’economia possa tornare a muoversi. Ci sono poi tre importanti questioni internazionali che gravano come incognite sull’orizzonte europeo e sono: la strisciante crisi greca, che forse si riesce a ricomporre, almeno temporaneamente, grazie alle decisioni dell’Eurogruppo di estendere provvisoriamente gli aiuti ad Atene ancora per quattro mesi; la crisi in Ucraina, che è sempre lì e non è ancora stata risolta; e, infine, le nuove fiammate di tensione in Libia e ad opera dell’Isis.

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