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Perché Renzi dialoga con Putin su Ucraina e Libia. Parla il prof. Sapelli

Sempre più isolata, eppure sempre più decisiva in tanti focolai di crisi, dalla Libia all’Ucraina passando per il Medio Oriente, messo a ferro e fuoco dai tagliagole del Califfato nero.

È la Russia di Putin, nei confronti della quale, spiega Giulio Sapelli in una conversazione con Formiche.net, “l’Occidente sta sbagliando tutto“. Ecco l’opinione dello storico ed economista, dal 1996 al 2002 nel cda del Cane a sei zampe e dal 1994 ricercatore emerito presso la Fondazione Eni Enrico Mattei.

Professore, dalle pagine del Corriere della Sera il politologo Panebianco ha criticato i “putiniani” d’Italia – la Lega, Berlusconi, ma anche Mogherini e Renzi -, ricordando l’omicidio di Boris Nemtsov.

La mia personale opinione riguardo al delitto è che si sia trattato di un’opera di Servizi deviati. Non è possibile che qualcosa di simile possa essere accaduto in quel posto senza che nessuno se ne accorgesse. E poi non ha senso, Putin non ha tratto nessun giovamento dall’eliminazione fisica di Nemtsov, se non aizzare i suoi oppositori. Quanto poi all’atteggiamento da tenere con la Russia, credo che l’Occidente stia sbagliando tutto.

A cosa si riferisce?

Tanto l’Europa, quanto gli Stati Uniti hanno punzecchiato troppo la Russia in questi anni: prima South Stream, poi le minoranze russofone in Ucraina. Mosca ha ancora una grande forza, che le sanzioni non smorzeranno, almeno per ora.

Renzi oggi è a Mosca per incontrare Vladimir Putin. Fa bene? Di cosa parleranno?

Fa bene, anzi benissimo. In primo luogo perché questo qualifica l’azione dell’italia come potenza. E poi perché c’è il rischio che sull’Europa pesi troppo un’egemonia baltico-tedesca che faccia scomparire dall’agenda di Bruxelles il Mediterraneo. Credo e auspico che parleranno anche di Ucraina, ma soprattutto delle relazioni con l’Egitto, con cui sia Roma sia Mosca hanno tornato a dialogare con intensità, e della crisi libica, nella quale una collaborazione di Mosca potrebbe essere preziosa.

Libia vuol dire anche Eni, che attraverso le parole di un suo manager, Pasquale Salzano, ha auspicato un coinvolgimento della Russia.

Molto di questo lavoro diplomatico spetta anche alla Farnesina, perché bisogna mettere in campo un’azione sinergica che coinvolga governo e imprese nel perseguimento di un interesse nazionale. Sarà molto difficile, ma concordo su un punto: coinvolgere il Cremlino potrebbe aiutare a trovare una soluzione.

Perché la Russia s’interessa al Mediterraneo?

Non è una novità. Il mar Mediterraneo ha una grande tradizione d’influenza russa, che è fatta anche di gesti simbolici. La Russia tiene alla base si Sebastopoli non perché sia fondamentale – i suoi sottomarini sono nel mar del Nord -, ma perché rappresenta una finestra sul mare Nostrum. Così come ha portato a termine una serie di investimenti e partecipazioni, come quella in Saras, per ragioni strategiche. All’esterno, in Occidente, appare solo che ci siano costanti frizioni tra Putin e gli oligarchi. Ma la verità è che le aziende russe operano in modo non diverso da quelle francesi: sono fedeli allo Stato e vengono usate come strumenti di politica estera. Non si tratta mai di operazioni esclusivamente economiche. La Russia non è solo quella contornata dalla cartina geografica, ma è quella della diaspora.

Dove ha sbagliato l’Occidente con Putin?

C’è un problema di fondo nel rapporto con Mosca. Dopo il crollo dell’Urss, sarebbe servita un nuova conferenza di Yalta per definire in maniera concorde il futuro dello spazio ex sovietico e con esso molti equilibri regionali e non. Ciò non è avvenuto, anzi, si è preferito dare il colpo di grazia alla Russia, scatenandone la reazione. Quello che viviamo oggi in Ucraina era già accaduto per certi versi in Georgia. Si sarebbe dovuta adottare un’altra strategia.

Quale?

La politica di Washington, a cui poi si è accodata l’Europa, ha preferito puntare sulla Cina che si è invece rivelata una potenza aggressiva. Invece si sarebbe dovuto lavorare a un reintegro della Russia nel sistema occidentale. Non c’è teatro di crisi in cui il ruolo di Mosca non possa oggi essere decisivo. Gli Usa però avevano troppa paura che Russia e Germania potessero fare fronte comune e ha preferito tenerli a debita distanza, non comprendendo che l’unico modo per tenerli cooperativi ma divisi passa proprio da un riavvicinamento del Cremlino alla Casa Bianca e non di spingerlo tra le braccia del Cremlino. E poi, inutile negarlo, il mondo intero sconta una scomparsa della diplomazia e un impressionante calo di qualità della sua classe dirigente. Non c’è un altro Kissinger in giro, purtroppo.

Putin non ha colpe in questa crisi?

Non dico che Putin sia un angelo, del resto quale politico lo è? Credo però che l’Occidente non abbia realizzato che l’unica alternativa a Putin è qualcosa di peggio del presidente russo.

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