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Perché non mi convince il putinismo

Che cosa si sono detti Matteo Renzi e Vladimir Putin a Mosca davanti al samovar? Tre ore di colloquio non è esattamente come prendere una tazza di tè. Hanno parlato di affari, certamente, e ce ne sono davvero tanti tra Italia e Russia. Quanto all’Ucraina, sembra che persino il presidente russo si sia sorpreso per la cortese nonchalance del suo ospite. Del resto, Renzi era appena stato a Kiev dove aveva promesso comprensione e aiuto a Petro Poroschenko. E nella conferenza stampa ha fatto riferimento agli accordi di Minsk. Dunque, un colpo al cerchio e uno alla botte.

Secondo una interpretazione intrigante, il capo del governo italiano sarebbe stato una sorta di messaggero di pace, o meglio ha cercato di capire se esistono le condizioni per scongelare Putin e avviarsi verso la fine delle sanzioni. Avrebbe agito, insomma, anche per conto dell’Unione europea e persino della Casa Bianca. Può darsi che sia così e che la tradizionale amicizia dell’Italia nei confronti della Russia possa essere utile a tutti. C’è davvero da sperarlo. Anche se, in realtà, da Washington trapela una certa irritazione.

Certo è che a cavallo della visita una corrente giustificazionista nei confronti del “nuovo piccolo padre” ha percorso la grande stampa italiana. La democrazia liberale in Russia? Non scherziamo, è già tanto che non c’è più il comunismo. Il controllo statale dei “mezzi di produzione”, cioè fondamentalmente delle grandi risorse energetiche e della moneta? Volete che succeda il macello economico e sociale dell’era Eltsin? Tutto il potere al Cremlino? E come si fa, altrimenti, a tenere insieme un Paese tanto grande e così poco popoloso? E poi, non è stato sempre così, basta rivedere i capolavori di Sergei Eisenstein, Ivan il Terribile e La congiura dei boiardi: nulla sembra cambiato da allora.

D’accordo, la storia e lo spazio contano. Il realismo kissingeriano fa meno danni dell’idealismo neocon, visto che con Mosca bisogna trattare e la Russia è pur sempre la seconda potenza atomica: possiede circa 4.300 testate nucleari, gli Stati Uniti ne hanno 4.764 secondo le stime ufficiali. Tutto giusto e solo gli sciocchi non lo sanno o fanno finta di ignorarlo. Tuttavia, accanto a questi fatti indiscutibili ce ne sono altri da mettere in luce.

L’omicidio di Boris Nemtsov è e resterà un mistero anche se i due caucasici arrestati sono davvero gli esecutori materiali. Misteriosi sono tutti gli altri omicidi a sfondo politico, a cominciare da quello di Galina Starovoitova, deputata liberale, combattiva e popolare, nel lontano 1998 quando Putin era stato appena nominato capo del FSB che aveva preso il posto del KGB con le stesse funzioni e praticamente gli stessi uomini. Perché in Russia, come sostiene Anne Applebaum, nulla è mai sicuro e niente può essere provato: i documenti vengono perduti, la gente scompare o cambia identità, chi finisce in galera, come Mikhail Khodorkovsky, chi al cimitero come Anna Politkovskaja.

Non ci sono soldati russi in Ucraina, questa la versione ufficiale. Eppure Elena Vasilieva, avvocato dei diritti umani, conduce un database chiamato Cargo 2000 che contiene i nomi di centinaia di russi morti combattendo in Ucraina. Dorzhi Batumkunuev, soldato russo di 20 anni, gravemente ferito, ha fatto a Novaya Gazeta, giornale dell’opposizione, un dettagliato resoconto della battaglia di Debaltseve dicendo che non si pente di nulla perché combatteva “per la giusta causa”. Tutti volontari invasati del sacro spirito della grande Russia, o coscritti inviati dopo un bel lavaggio del cervello? L’unica cosa sicura è che non sono ucraini.

Putin nel 2009, ospitando Obama nella sua Dacia, per giustificare l’aggressione alla Georgia (considerata una missione di peace enforcement) squadernò la sua dottrina geopolitica e chiese che gli Stati Uniti gli dessero il via libera per creare attorno alla Russia una recinto di stati a sovranità limitata come condizione per aumentare la sicurezza. Lo ha raccontato Michael McFaul, ex consigliere di Obama e ambasciatore a Mosca non gradito da Putin perché accusato di complottare con gli oppositori liberali. Questi Paesi cuscinetto facevano parte, non a caso, dell’Unione sovietica. E l’Ucraina è la perla della corona.

Per giustificare questa riedizione delle sfere d’influenza, il presidente russo ha accusato gli Stati Uniti di aver violato la promessa fatta a Gorbaciov, cioè che l’Alleanza atlantica non si sarebbe allargata verso est. Invece, dal 2004 la Nato ha inglobato Slovacchia, Russia, Bulgaria, Slovenia, i Paesi baltici. Secondo gli americani non c’è traccia di quel patto. E lo ha confermato nero su bianco anche Mikhail Gorbaciov il quale pure ha denunciato che l’espansione della Nato viola “lo spirito” del dopo Muro.

In realtà nel 1990 ci fu un accordo con l’allora Unione sovietica, ma riguardava la ex Germania est, proibiva il dispiegamento di truppe non tedesche e la espansione di basi americane in Germania, questa la promessa fatta da James Baker, allora segretario di Stato di Bush padre, come ha ammesso Gorbaciov. Il discorso dell’allora segretario generale della Nato Manfred Wörner del 17 maggio 1990 spesso citato da Putin non fa menzione di quel che sostiene Vladimir il Terribile. Disegnava un’Alleanza Atlantica impegnata a costruire una nuova architettura di sicurezza in Europa basata sulla cooperazione e non più sul confronto, dalla quale la Russia non poteva essere esclusa. Non solo. Dopo l’11 settembre George W. Bush coinvolse Mosca nella “guerra al terrore” come partner privilegiato (fino al punto da chiudere un occhio sulla Cecenia). E Silvio Berlusconi propose addirittura di far entrare la Russia nella Nato (sia pur in prospettiva).

Ma il fatto è che Putin ha già costruito la sua “narrazione” basata non tanto su plateali menzogne, ma su mezze verità ben più pericolose perché dispensatrici di dubbi. Ecco l’astuzia della sua propaganda che si fa strada anche in Occidente e in particolare in Italia.

La doppiezza si estende in ogni campo, da quello militare a quello economico. Khodorkovsky fu arrestato nel 2003. Era un oppositore pericoloso o un ladro che si è appropriato delle ricchezze del paese? Forse l’uno e l’altro, non ci sono prove incontrovertibili. Fatto sta che la sua compagnia, la Yukos, venne messa in liquidazione e venduta a un’asta alla quale partecipò solo la Rosneft il cui azionista è il Cremlino. La stessa Rosneft che in Italia è ben radicata e ramificata, a cominciare dalla Pirelli. Pecunia non olet? Non scherziamo.

Secondo l’Economist, la Russia ha cominciato a usare l’arma nucleare in modo intimidatorio; nei suoi discorsi Putin non fa mancare velate minacce basate su un eventuale uso dell’atomica, ma ancor più grave è che le esercitazioni simulano regolarmente attacchi nucleari in capitali come Varsavia e Stoccolma. Sì, contro Varsavia e Stoccolma, non contro il Califfato. Anzi, l’Isis svolge un ruolo da “utile idiota” (espressione cara a Stalin) perché finirà per riportare la Russia nel Levante e nel Mediterraneo, aree dalle quali è rimasta emarginata dopo la caduta di Saddam Hussein, le rivolte egiziane e la crisi del regime di Assad. Chissà se Renzi gli ha detto di non esagerare con questi giochi di guerra. O magari gli amministratori delegati di tutte le aziende italiane che ha incontrato gli hanno spiegato che è solo disinformatia della perfida Albione.

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