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Jobs Act, un passo avanti. Adesso vediamo se saprà davvero creare nuova occupazione

Dopo un anno di discussioni, polemiche e manifestazioni di piazza, la riforma del lavoro – il cosiddetto Jobs Act – entra in vigore.
Si tratta di una rivoluzione? Da un punto di vista simbolico il feticcio dell’art. 18 esce (quasi) definitivamente di scena. Quello che però interessa è vedere se questa riforma aiuterà concretamente a generare nuovi posti di lavoro.
Il testo introduce alcune novità interessanti, prima di tutto il contratto a tutele crescenti. Un contratto che prevede per il neo assunto la graduale acquisizione, sostanzialmente nel giro di tre anni, di tutele appunto crescenti man mano che la sua esperienza lavorativa prosegue.
Riguardo il famoso art. 18, ricordiamo che nel caso di licenziamento discriminatorio il reintegro permane, con in più l’obbligo per il datore di lavoro di pagare un risarcimento pari a non meno di cinque mensilità.
In questo caso il dipendente può, entro trenta giorni dalla pronuncia del giudice, rinunciare al reintegro e chiedere un ulteriore risarcimento, pari a quindici mensilità.
Permangono semmai dubbi sul fatto che il contratto a tutele crescenti divenga davvero il punto di riferimento di tutta la disciplina contrattuale, laddove invece continueranno ad esistere diversi contratti atipici, largamente utilizzati in questi anni grazie alla legge Biagi. Attenzione: non è detto che la loro eventuale scomparsa sia necessariamente un bene, ma allora sarebbe utile capire dove vuole andare davvero a parare il Governo su questo punto.
Quel che è certo è che siamo ben lungi da una deregulation selvaggia, come i sindacati hanno spesso denunciato. Semmai ad un tentativo, persino timido, di introdurre finalmente anche in Italia qualche norma sanamente liberale e, come dicono gli anglosassoni, business friendly.
Sarà poi interessante vedere come i giudici applicheranno le nuove norme e quale giurisprudenza produrranno.
È qui utile ricordare che una riforma, per essere utile, non deve solo essere ben costruita dal punto di vista tecnico giuridico, ma anche entrare nella forma mentis di tutti gli attori chiamati a rispettarla e farla rispettare. Occorre insomma quello che io amo definire l’approccio positivo alla norma.
Staremo a vedere.

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