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Unicredit, Intesa, Mps. Cosa cambia con l’accordo tra Guzzetti e Padoan sulle fondazioni

Le banche popolari non sono riuscite a schivare un intervento invasivo del governo, che per decreto ha imposto la trasformazione in società per azioni alle principali dieci banche popolari del Paese.

Le fondazione bancarie, invece, sono riuscite a schivare un provvedimento dell’esecutivo accelerando sull’autoriforma e trovando un punto di mediazione con il governo e il ministero dell’Economia, cui spetta la vigilanza sugli enti.

LA MORALE POLITICA

E’ questa una delle conclusioni “politiche” della vicenda che riguarda le fondazioni rappresentate dall’Acri, l’associazione presieduta da Giuseppe Guzzetti. Infatti mentre le banche popolari si attestano nel criticare l’incostituzionalità del decreto del governo, come ribadito di recente anche da Assopopolari nelle audizioni parlamentari, le fondazioni bancarie sono riuscite ad evitare un intervento legislativo.

LE BOZZE E LE NORME

Eppure come era stato svelato da Formiche.net, sia sulle popolari e le bcc, sia sulle fondazioni bancarie, si concentrava una delle prime bozze del disegno di legge sulla Concorrenza che era stata predisposta dai tecnici dell’esecutivo e in particolare del dicastero dello Sviluppo economico retto da Federica Guidi. Poi la parte sulle banche popolari è passata a sorpresa in un decreto legge approvato dal governo con un blitz mentre c’era un presidente della Repubblica facente funzione (Pietro Grasso) che ha riguardato solo le maggiori dieci banche popolari con un attivo superiore agli 8 miliardi di euro.

L’INTESA ACRI-TESORO

Nessun intervento legislativo, invece, per le fondazioni bancarie che ha trovato un punto di mediazione con il Tesoro con una sorta di autoriforma. Le modifiche, messe a punto con il dicastero retto da Piercarlo Padoan che vigila sugli enti, sono state approvate all’unanimità ieri dal consiglio dell’Acri, l’associazione che riunisce e rappresenta le fondazioni.

LA TEMPISTICA

“Si tratta – ha scritto Repubblica – di un check up della legge Ciampi, istitutiva delle Fondazioni 15 anni fa, e che non sempre è stata osservata alla lettera da alcune di loro”. Tra qualche giorno il protocollo sarà firmato tra il presidente dell’Acri e della Cariplo, Guzzetti, e il ministro Padoan. Prima, diversi enti faranno avere le delibere con cui si preparano a modificare gli statuti interni, in seguito alla firma.

IL COMMENTO DI GUZZETTI

Il Protocollo – ha dichiarato Guzzetti – è un passo ulteriore nel processo di autoriforma delle Fondazioni ed è stato voluto dal Mef e dall’Acri nel solco della legge che le regola (riforma Ciampi del 1998/99 e successive modifiche) in funzione del mutato contesto storico, economico e finanziario, da cui emerge l’esigenza di specificare la portata applicativa delle norme che disciplinano le Fondazioni di origine bancaria, affinché esse possano esprimersi sempre più pienamente quali soggetti del terzo settore. Questo Protocollo è in continuità, nella sostanza, con scelte già effettuate da molte Fondazioni, ma porta un’innovazione assoluta nel rapporto fra vigilante e vigilato, perché ha trovato nel dialogo e nel confronto costruttivo lo strumento ideale per favorire comportamenti e prassi sempre più virtuose, nell’interesse delle comunità e dell’intero Paese“.

GLI INTERESSATI

Ecco chi riguarda in particolare la riforma: “Tra i grandi enti – scrive il Corriere della Sera – Compagnia di San Paolo dovrà limare dal 10% a circa il 6,5% di Intesa Sanpaolo, e Cariverona darà una sforbiciata al 3,46% di Unicredit che vale metà del patrimonio (ma l’ente scaligero intende “diversificare” nel contiguo Banco popolare). Più tempo, ma anche più problemi, per far scendere di peso le Fondazioni socie di piccole banche, a Ravenna, Asti, Cuneo o nel centro Italia. La gestione, poi, dovrà fare a meno di debiti «salvo temporanei e limitati per liquidità» e derivati speculativi”.

IL CASO DELLA SANPAOLO

La Compagnia di Sanpaolo, ricorda oggi il Sole 24 Ore, di fatto si è preparata a fare quanto la riforma sta per imporre: oggi la quota del 9,5% di Intesa vale circa il 50% del patrimonio. E con l’atto negoziale concordato con il Tesoro avrà tre anni di tempo per cederne circa un terzo.

DOSSIER VERONA

Anche Cariverona, dice il quotidiano economico-finanziario, si sta preparando a muoversi nella stessa direzione, visto che il presidente Paolo Biasi da settimane non nasconde un certo interesse per il Banco Popolare.

GENOVA E SIENA

Ormai ai margini – scrive il Sole – Fondazione Carige e Fondazione Mps (che resterebbe sotto il 33% anche nel caso decidesse di sottoscrivere l’imminente aumento di 3 miliardi).

GLI ALTRI CASI

Delle 88 fondazioni italiane, infatti, solo 21 oggi sono completamente fuori dalle banche conferitarie: buona parte delle altre 67 dovrà rivedere la composizione del proprio portafoglio di investimenti, in modo da portare il principale asset sotto il 3%.

TUTTI I PUNTI

Non più del 33% del patrimonio concentrato su una sola banca. Divieto di contrarre debiti per non diluirsi negli aumenti di capitale. Almeno un anno «in sonno» per i passaggi tra cariche incompatibili, candidature politiche incluse. E infine un tetto di 240 mila euro al compenso del presidente. Ecco nel dettaglio gli altri punti così come sono stati dettagliati oggi dal quotidiano Mf/Milano Finanza.

DIVERSIFICARE IL PATRIMONIO

Il protocollo prevede che il patrimonio di ciascuna fondazione non potrà essere concentrato, direttamente o indirettamente, verso un singolo asset per un ammontare complessivamente superiore a un terzo del totale dell’attivo (che dovrà essere valutato al fair value). Nella maggior parte dei casi tale asset è rappresentato dalla partecipazione nella banca conferitaria. Molte fondazioni dovranno dunque allentare la presa sugli istituti di credito. L’accordo prevede che chi dovrà vendere azioni di una banca quotata avrà tre anni di tempo. Alle fondazioni il cui patrimonio è invece concentrato in misura superiore al 33% in una banca non quotata è stato concesso un termine superiore e pari a 5 anni.

BASTA RICORSO AL DEBITO

Anche per evitare che si ripetino situazioni simili a quelle che hanno portato al dissesto delle fondazioni Mps e Carige il protocollo prevede che gli enti non potranno più fare ricorso all’indebitamento per finanziare i propri investimenti. È ammesso invece il ricorso al debito solo in presenza di temporanee e limitate esigenze di liquidità. Quelle fondazioni che a oggi hanno un’esposizione debitoria dovranno predisporre un programma di rientro su un arco temporale massimo di 5 anni.

NIENTE DERIVATI

I contratti e gli strumenti finanziari derivati potranno essere utilizzati dalle fondazioni ma solo con finalità di copertura oppure in operazioni in cui non siano presenti rischi di perdite patrimoniali.

MASSIMO DUE MANDATI

La durata degli organi di gestione e di indirizzo delle fondazioni sarà fissata in massimo di quattro anni. Tale disposizione non si applicherà però ai mandati in corso attualmente, ma inizierà alla scadenza degli attuali organi di gestione e di indirizzo. Le cariche di presidente e consigliere non potranno essere ricoperte per più di due mandati consecutivamente. Tuttavia il soggetto che ha svolto due mandati consecutivi potrà essere nuovamente nominato dopo che siano trascorsi almeno tre anni.

TETTO AGLI EMOLUMENTI

Il protocollo stabilisce anche la tutela della rappresentanza di genere all’interno degli organi di governo e di indirizzo delle fondazioni, mentre per quanto riguarda gli emolumenti di presidenti e consiglieri viene affermato il principio secondo cui questi dovranno essere commisurati all’entità del patrimonio. In ogni caso, per le fondazioni con patrimonio superiore a un miliardo di euro, il compenso annuale complessivamente corrisposto al presidente, a qualunque titolo, non potrà essere superiore ai 250 mila euro.

I MURI CON LA POLITICA

Il protocollo prevede infine una discontinuità temporale, pari ad almeno un anno, tra gli incarichi politici e amministrativi e la nomina in uno degli organi della fondazione. Lo stesso termine di un anno è previsto anche per coloro che hanno ricoperto incarichi di amministrazione e controllo nella banca conferitaria. Inoltre la fondazione, nell’esercitare i propri diritti di azionista della banca, non potrà designare o votare candidati che, nei dodici mesi precedenti, hanno ricoperto incarichi presso la fondazione.

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