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Grandi opere, benvenuti nel frullatore mediatico-giudiziario

Ercole Incalza

Benvenuti nel frullatore mediatico-giudiziario sulle grandi opere che punta su imprenditori e dirigenti statali, ma lambisce ovviamente anche la politica.

LE OPERE

Ci sono molte grandi opere nel carnet della rete del presunto malaffare: dai cantieri dell’Expo all’autostrada Salerno-Reggio Calabria, dalla Fiera di Roma all’Alta velocità Milano-Verona. E poi il terminal di Olbia, l’hub portuale di Trieste, il completamento dell’autostrada Livorno-Civitavecchia, il Metro 5 di Milano, City Life e altri cantieri appetitosi.

I NUMERI

Miliardi di euro, più di 25, da gestire con tangente (il 3%) e prezzi lievitati anche del 40%. Almeno così la pensano i magistrati di Firenze, “dove tutto è nato e si è espanso da un’inchiesta sulla Tav che è diventata un macigno gettato in un mare di illegalità con cerchi concentrici che hanno raggiunto tutta Italia”, scrive oggi il Corriere della Sera.

GLI ARRESTATI

Dopo indagini condotte dai carabinieri del Ros e dai pm Luca Turco, Giuseppina Mione e Giulio Monferini, sono state arrestate quattro persone. Primo tra tutti quello di Ercole Incalza, 70 anni, da trent’anni dirigente di spicco del ministero dei Lavori pubblici. Gli altri tre arrestati sono imprenditori: Francesco Cavallo (da un mese nominato presidente di Centostazioni, società del gruppo Ferrovie dello Stato), Sandro Pacella, collaboratore di Incalza e il romano, ma da tempo residente a Firenze, Stefano Perotti, 57 anni.

GLI INDAGATI

Gli indagati sono in tutto 51 e tra questi spiccano nomi di politici, sia del centrodestra che del centrosinistra. Ci sono l’ex europarlamentare Udc, Vito Bonsignore, Stefano Saglia (An, Pdl), già sottosegretario alle Infrastrutture, Antonio Bargone (Ds, Pd), ex sottosegretario ai Lavori pubblici, presidente della Società autostrada Tirrenica e commissario governativo dimissionario e Rocco Girlanda (Pdl), sottosegretario alle Infrastrutture.

GLI ALTRI POLITICI

Altri nomi escono dalle intercettazioni: quelli del ministro alle Infrastrutture Maurizio Lupi, del ministro dell’Interno Angelino Alfano e del viceministro Riccardo Nencini che però non sono indagati. Per Lupi si apre invece il caso del figlio Luca che, secondo il gip, avrebbe ottenuto degli incarichi lavorativi dall’imprenditore arrestato Perotti.

LE ACCUSE

Le accuse mosse dalla Procura di Firenze vanno dalla corruzione all’induzione indebita, dalla turbativa d’asta ed altri delitti contro la Pubblica amministrazione e non sono per tutti uguali. La Procura aveva chiesto anche l’associazione per delinquere. «Ma il gip l’ha rigettata perché non ha ritenuto che sussistessero gli elementi di gravità per contestare questo reato», ha detto in conferenza stampa il procuratore di Firenze, Giuseppe Creazzo.

LA CHIOSA DI REPUBBLICA

Anche se tutti i riflettori sono accesi sul ministro Lupi, il quotidiano Repubblica in un articolo di Sebastiano Messina sottolinea quanto l’inchiesta tocchi anche il Pd: “L’ex sottosegretario Antonio Bargone, l’ex presidente della Provincia di Modena Graziano Pattuzzi, l’ex assessore alla Mobilità dell’Emilia Romagna Alfredo Peri e l’ex consigliere regionale Vladimiro Fiammenghi sono tra i 51 indagati e appartengono all’area politica del partito del presidente del Consiglio”.

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