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Ecco come Fmi e Banca mondiale strizzano l’occhio alla banca di sviluppo cinese

La banca di sviluppo sponsorizzata da Pechino, l’Asian Infrastructure Investment Bank (Aiib), non ha solo ammiratori isolati tra gli occidentali (Uk, Germania, Francia e Italia). Ora i sì arrivano dal Fondo monetario internazionale e dall’Asian Development Bank (Adb), di cui Usa e Giappone sono i principali azionisti, e persino dalla Banca mondiale, simbolo del potere economico e finanziario di Washington. Tutti sono pronti ad approvare il progetto cinese di stabilire un nuovo prestatore multilaterale che copra le massicce esigenze di investimenti infrastrutturali nei paesi in via di sviluppo. E con questo destando sempre più perplessità e contrarietà degli Stati Uniti.

CHRISTINE LAGARDE: “FELICI SE POTREMO COLLABORARE”

Parlando all’apertura del China Development Forum a Pechino, il direttore del Fmi Christine Lagarde ha detto che il fondo sarebbe “felice” di cooperare con l’Aiib. La Lagarde ha affermato che ci sono ampi spazi per collaborare e che ritiene che anche la Banca mondiale potrebbe cooperare con l’Aiib.

Il ministro delle Finanze cinese Lou Jiwei e il presidente della Adb Takehiko Nakao hanno rivelato nella stessa conferenza di essersi già incontrati per discutere una possibile cooperazione; Lou ha aggiunto che tra i temi toccati ci sono gli standard internazionali per i prestiti. Lou aveva in precedenza spiegato che l’Aiib sarà complementare e non competitiva con altre istituzioni come l’Adb.

A proposito di Banca mondiale, il direttore operativo Sri Mulyani Indrawati ha dichiarato in un’intervista con l’agenzia di stampa cinese Xinhua la disponibilità dell’istituto a collaborare con l’Aiib. “Qualunque nuova iniziativa che mobiliti fondi per colmare il gap infrastrutturale è certamente la benvenuta. La Banca mondiale vede con favore l’iniziativa dell’Aiib. Siamo sicuramente aperti a una cooperazione”. La Banca mondiale non è preoccupata che l’Aiib possa competere con le altre banche di sviluppo, perché le necessità di investimenti in infrastrutture nel mondo sono gigantesche e il mercato è grande a sufficienza per tutti. La Banca mondiale si assicurerà però che l’Aiib mantenga la promessa di dare sostegno ai paesi emergenti e che operi in modo sostenibile. “Lavorando con noi, l’Aiib dimostrerà di adottare gli stessi principi degli altri istituti internazionali”, ha indicato la Indrawati.

Anche il presidente della Banca mondiale Jim Yong Kim ha fatto sapere che il suo staff sta discutendo con l’Aiib per capire su quale terreno sarà possibile collaborare.

L’AIIB, PROSSIMO PUNTO DI RIFERIMENTO IN ASIA

L’Aiib conta una trentina di membri fondatori (i paesi che hanno dato la loro adesione; tutti possono ancora ritirarsi): secondo Xinhua in Europa anche Lussemburo e Svizzera sono entrati. La banca ha un capitale di 50 miliardi di dollari che intende raddoppiare a 100 miliardi; fornirà prestiti ai paesi in via di sviluppo e dovrebbe diventare operativa a fine 2015. Jin Liqun, segretario generale provvisorio dell’Aiib, ha assicurato che “la Cina seguirà le norme della comunità internazionale e non si imporrà sugli altri membri ma lavorerà insieme a loro; le decisioni saranno prese insieme”. Jin ha anche spiegato che i paesi in via di sviluppo dell’Asia riceveranno il grosso dei prestiti per i progetti infrastrutturali, che saranno forniti con il supporto di banche commerciali e fondi pensione; i paesi non-asiatici inoltre potranno avere solo il 25% della partecipazione azionaria nell’Aiib, meno delle quote che hanno avuto alla fondazione dell’Adb.

ATTACCO A BRETTON WOODS

L’Aiib viene considerata rivale degli analoghi istituti di matrice occidentale o meglio americana, Banca mondiale in primis. Infatti gli Stati Uniti, preoccupati dal crescente peso non solo economico ma diplomatico della Cina, hanno invitato gli alleati a ripensare le loro scelte e si stanno adoperando perché Australia, Giappone e Sud Corea non seguano l’esempio di Italia, Gran Bretagna, Germania e Francia.

“E’ la prima volta che la Cina fa un passo concreto verso la costruzione di un sistema alternativo alla Pax Economica Americana, quella fondata a Bretton Woods nel 1944 con Fmi, Banca mondiale e Gatt (poi Wto). La Casa Bianca si chiede se gli europei abbiano capito in quale disegno sono entrati”, ha scritto Federico Rampini su Repubblica. “Per oltre 70 anni il mondo è vissuto nel sistema di Bretton Woods: un ordine monetario americano-centrico, fondato su sua maestà il dollaro. Per la prima volta in questi 70 anni, l’America vede spuntare una sfida all’orizzonte”.

La prima mossa dell’amministrazione Obama è stata quella di criticare aspramente gli alleati per il loro “tradimento” e “asservimento” alla potenza economica cinese, anche a costo di svendere i valori occidentali; poi Washington ha giocato la carta degli standard del lending: con quale  trasparenza finanziaria lavorerà l’Aiib, con quali garanzie per la sostenibilità ambientale e i diritti dei lavoratori?, ha fatto notare Obama. Ma per Rampini è anche vero che “Il fuoco di sbarramento americano ormai ha il sapore delle recriminazioni ex-post. Per ora l’amministrazione Obama è costretta a ripiegare su una strategia di riduzione dei danni, esprimendo l’augurio che i nuovi membri della Banca Asiatica ‘la spingano ad adottare gli stessi standard severi della Banca Mondiale’. Per l’amministrazione Obama un obiettivo comune dell’Occidente dovrebbe essere quello di consolidare il ruolo della Cina come “responsible stakeholder” (azionista e partner responsabile); anche per contrastare le spinte nazionaliste e protezioniste che risorgono sotto Xi Jinping, e rendono il mercato interno cinese più chiuso alle nostre imprese”, come indicato anche dal Libro Rosso della Camera di Commercio europea a Pechino.

COME CAMBIA LA POSIZIONE DI WASHINGTON

Ma l’amministrazione Obama starebbe rivedendo la sua posizione verso l’Aiib: meglio cooperare e spingere perché questa banca rispetti gli standard internazionali e perché i paesi occidentali vi ottengano un ruolo capace di contrastare le possibili ingerenze del governo cinese e il rischio che l’Aiib diventi strumento della politica estera di Pechino. Secondo il Wall Street Journal l’amministrazione Obama ha già proposto che l’Aiib lavori in alleanza con gli istituti sponsorizzati da Washington, come la Banca mondiale. Obama vorrebbe usare le esistenti banche di sviluppo per co-finanziarie con l’Aiib i progetti infrastrutturali. Questo sostegno indiretto garantirebbe la sostenibilità nell’accumulo dei debiti, il rispetto dei diritti umani e la protezione dell’ambiente, ma anche aiuterebbre le aziende americane a entrare nei progetti infrastrutturali finanziati dall’Aiib.

“Gli Usa sono favorevoli a nuovi istituti multilaterali che rafforzano l’architettura finanziaria internazionale”, ha dichiarato Nathan Sheets, sottosegretario agli Affari internazionali del Tesoro Usa. “Progetti in co-financing con istituti esistenti come la Banca mondiale e la Asian Development Bank assicureranno il rispetto dgli standard”. E saranno anche una garanzia che l’Aiib, come promette, sia complementare e non concorrente delle banche di sviluppo esistenti. La Cina per ora non ha risposto alle dichiarazioni americane, limitando a un generico: “Pechino è aperta alla collaborazione e la nuova banca è costruita nello spirito dell’apertura e dell’inclusione”.

L’idea del co-financing, unita alla presenza dei membri europei nell’Aiib, sembra la strategia giusta a Matthew Goodman, esperto del Center for Strategic and International Studies ed ex dello U.S. National Security Council: “E’ la miglior garanzia che questa nuova istituzione possa conformarsi agli standard internazionali”. Anche per alcuni economisti, come Fred Bergsten, senior fellow del Peterson Institute ed ex alto funzionario del Tesoro Usa, gli Stati Uniti devono in qualche modo far parte della banca di sviluppo cinese: “Se questo vuol dire che rispetterà standard più alti, è una scelta da considerare”.

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