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Come sarà la Festa del Cinema di Roma. Parla Antonio Monda

Dimostra decisamente meno dei suoi 52 anni, forse anche per la folta chioma scura. Ed è già perfettamente dentro il ruolo. Antonio Monda, il nuovo direttore della Festa del cinema di Roma, inizia muovere i primi passi nella città che conosce bene, quella della sua giovinezza, presto lasciata per il suo vero grande amore, New York, in cui vive dal 1994.

Proprio un personaggio strano, Monda. Nipote del ministro democristiano Riccardo Misasi, che lo aiutò parecchio dopo la perdita del padre, avvenuta quanto Antonio aveva 15 anni, decise di lasciare tutto per andare a cercare fortuna in America. E i primi anni non furono facili. “Vivevamo con lo stipendio di mia moglie (la giamaicana, Jacqueline Greaves, da cui ha avuto tre figli, ndr), io mi arrangiavo con lavoretti vari: ho fatto l’imbianchino e, per cinque anni, pure il portiere tuttofare in uno stabile di lusso”, ricorda. Con la passione per la letteratura, l’arte e il cinema, bussa a tutte le porte e alla fine qualcuno gli apre. E da lì inizia la sua folgorante carriera ne ha fatto il re della poliedricità: scrittore, organizzatore culturale e professore universitario. I suoi romanzi sono Assoluzione, L’America non esiste, La casa sulla roccia e, appena uscito, Ota Benga. Gli ultimi tre fanno parte di un progetto di dieci romanzi che, attraverso differenti storie, ripercorreranno tutta la storia americana dagli anni 50 a oggi. Ma ha scritto anche saggi, ha girato documentari e cortometraggi, organizzato mostre nei più importanti musei di New York e ideato eventi e progetti culturali. Niente male per uno nato a Cisternina di Latina il cui primissimo lavoro in campo artistico fu quello di fare da assistente ai fratelli Taviani per il film La notte di San Lorenzo. “Ci avevo provato anche con Sergio Leone, ma mi disse no. Però mi ha regalato una sua foto che conservo ancora”, ricorda Monda.

Collaboratore di Repubblica e di Rainews 24, il miracolo di Monda è stato quello di trasformare il suo appartamento newyorkese su Central Park in uno dei salotti più importanti della città. “All’inizio invitato solo italiani, ma si finiva a parlare solo di calcio e politica. Così ho iniziato a invitare tutti quelli che mi sembravano interessanti”, racconta. E così la domenica tutti a pranzo a casa Monda, con regole rigide: non più di 12 a tavola e niente conversazioni di affari. Anche se poi, avendo ospiti gente come Philip Roth, Martine Scorsese, Meryl Streep, Wes Anderson, ecc. è normale che qualche idea salti fuori. Salotto radical chic? “Per carità, quel termine mi fa orrore…!”.

Così eccolo seduto alla Casa del Cinema di Roma, per raccontare e raccontarsi, con spezzoni dei suoi film preferiti. Si parte con Toro scatenato (“amo la boxe perché è lo sport più epico e brutale che ci sia”), poi C’era una volta in America, Fronte del porto, Eva contro Eva, Manhattan, West Side Story, Lawrence d’Arabia, e, naturalmente, il suo film preferito in assoluto, il Padrino di Francis Ford Coppola. In pubblico una platea curiosa: alcuni pronti a gettarsi ai suoi piedi per avere uno strapuntino nella manifestazione, altri un po’ diffidenti verso quello che ancora considerano un oggetto misterioso.

Lui intanto va avanti e le sue parole trasudano di amore puro per l’America e per New York, “che non è come molti dicono la negazione del resto del Paese, ma semmai la sua realizzazione”. E il filo del suo discorso sul cinema procede come una pallina impazzita che rimbalza di continuo tra l’Italia e gli Usa, tra Roma, New York e Hollywood.

Ma che Festa del cinema farà Monda? “Ecco, innanzitutto sarà una festa e non un festival, niente gara o concorso: ci saranno meno film, il 30 per cento in meno, ma si punterà sulla qualità. E poi ogni giorno tanti incontri sul cinema, che coinvolgeranno l’intera città. E due grandi retrospettive: una su un grande cineasta internazionale e una su un regista italiano”, racconta. Con un budget di quasi 9 milioni di euro dal Comune di Roma e dal ministero dei Beni Culturali, Monda ha già costruito una squadra di sei persone che selezioneranno le opere, sotto la supervisione della presidente Piera Detassis. Monda ora è tornato nella Grande Mela, dove tra l’altro insegna cinema alla New York University, ma tra un mese sarà di nuovo qui e ci rimarrà fino alla fine della manifestazione, che si terrà in ottobre. “So che la Festa è stata una creazione politica e conosco tutte le polemiche del passato, dai soldi spesi alla rivalità con Venezia. Io cercherò di fare qualcosa di diverso, ma anche una manifestazione che invogli un regista a presentare il proprio film a Roma”, conclude Monda. Che ci tiene a sottolineare la grande lezione che gli ha insegnato la vita: se si desidera davvero qualcosa, tutto si può fare, anche partendo da zero. Ovvero il sogno americano allo stato puro.

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