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La Pasqua ansiosa degli italiani

Per la Pasqua 2014, il presidente del Consiglio Matteo Renzi sfoderò un “do maggiore” da fare invidia al mitico Gilbert Duprez (tenore del primo Ottocento a cui si attribuisce la fama di aver sfoderato un do di petto che fece tremare tutti i lampadari del San Carlo di Napoli). Il “do maggiore” di Matteo Renzi accompagnava il solito hastag #lavoltabuona# e annunciava una riduzione del carico tributario e contributivo, un aumento di più di un milione di occupati, una ripresa della produzione industriale ed accennava a una riduzione della spesa di parte corrente ed un rilancio degli investimenti pubblici e privati.

Per questa Pasqua 2015, invece, ha sino ad ora taciuto. Invece, non lo ha fatto il busto di Totò a Piazza Cola di Rienzo, di fronte al cinema Eden. Dopo il consueto A prescindere e l’abituale Ma mi faccia il piacere, ha pronunciato un termine napoletano che è bene non ripetere anche in quanto fa riferimento a quella “jella” a cui l’artista, e principe di Bisanzio, credeva fermamente.

In effetti, se si guardano i dati è bene utilizzare quei cornetti rossi contro il malocchio che sono stati una costante dei 74 film di Totò. Il sondaggio campionario della Ixé afferma che il 63% degli italiani non vede alcuna inversione di tendenza e credono che il tunnel della crisi sia ancora lungo (e che non si veda la luce al suo termine). Ne hanno ben donde. Gli specialisti di neuro economia sottolineano che alla preoccupazione per il presente (caratteristica dell’anno scorso e derivante in gran parte dalla deflazione percepita) si stia sostituendo un’ansia crescente. Un colpo molto brutto è stato assestato dal “pasticciaccio brutto” dei dati sull’occupazione: un giorno, il presidente del Consiglio – pare sulla base di alcune statistiche Inps mal lette e peggio digerite – presenta conversioni di contratti a termine in contratti “a tutele crescenti” come un vero e proprio galoppo dell’occupazione. Il giorno seguente, l’Istat documenta invece che la disoccupazione sta crescendo a ritmi travolgenti. La spesa pubblica di parte corrente, che sarebbe dovuta diminuire, è cresciuta del 2,6% nell’ultimo mese (non menzioniamo il tasse su base annua per non aumentare l’ansia degli italiani). La pressione tributaria e contributiva raggiunge il 43,5%, secondo gli ultimi dati Istat, ma il total tax rate sulle imprese arriva al 65,4% , secondo un’analisi del Centro Studi Impresa Lavoro pubblicata due mesi fa e da nessuno smentita o corretta. Quindi, per gli italiani, che hanno appreso a leggere e scrivere, il modello seguito dal Governo Renzi è tax and spend. È un modello che porta alla bancarotta economica, sociale e politica, come documenta il best seller Why nations fail: The origins of power, prosperity, and poverty (Perché le nazioni falliscono: Le origini del potere, della prosperità e della povertà) di Daron Acemoglu e James Robinson.

Per questa ragione aumenta l’ansia degli italiani e diminuisce la fiducia nel gruppo dirigente. La situazione non cambierebbe in caso di elezioni in cui il presidente del Consiglio si presentasse come il leader dei riformatori ed indicasse gli altri come coloro che remano contro ed impediscono #lavoltabuona#. Non ha la statura di Charles De Gaulle il quale dopo alcuni referendum da cui uscì vincitore, al primo che perse, se ne andò, con “Tante Yvonne” (sua moglie), a Colombey-les-Deux-Eglise. In utilitaria. Non aereo di Stato, elicottero, o auto blu.

Cà nisciun è fess, avverte il busto di Totò. A Piazza Cola di Rienzo, di fronte al Cinema Eden.

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