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Libia e sbarchi, perché Gentiloni bacchetta l’Europa (e Berlusconi)

La Libia è una polveriera e va stabilizzata quanto prima. È questo l’appello del ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni, che ha commentato il costante aumento del numero degli sbarchi sulla Penisola dalle coste nordafricane, dalle quali sono attesi nei prossimi mesi oltre 250mila migranti. Un concetto ribadito dal titolare della Farnesina anche a Lubecca, in Germania, dove è in corso il G7. Il tema è d’altronde rilevantissimo e sarà all’ordine del giorno nei colloqui che il premier Matteo Renzi terrà venerdì a Washington col presidente americano Barack Obama e anche del Consiglio Supremo di Difesa, convocato martedì prossimo in Quirinale dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

L’INTERVENTO CONTRO GHEDDAFI

Ad accrescere le polemiche politiche in queste ore ci sono soprattutto alcune frasi di Gentiloni che ai microfoni di Radio 24 ha rievocato l’intervento in Libia al quale partecipò anche l’Italia per decisione del governo guidato da Silvio Berlusconi. In Libia, ha detto il titolare della Farnesina, “certamente siamo intervenuti senza avere in mente cosa sarebbe successo” con “un’iniziativa presa all’inizio dalla Francia”. In quel momento – ha aggiunto – “il governo italiano era debole, non aveva forza di opporsi, erano gli ultimi mesi del governo Berlusconi”. Quell’operazione per rovesciare Gheddafi, ha rimarcato, venne fatta “senza avere in mente che cosa sarebbe successo”.

LE CRITICHE A TRITON

Ma Gentiloni ha indirizzato le sue critiche anche all’Unione europea e al programma Triton. “Non è la soluzione adeguata“, il problema dell’immigrazione “va risolto alla radice” ha detto il ministro degli Esteri: “una superpotenza economica come l’Ue spende 3 milioni al mese” per contrastare gli sbarchi, “un po’ poco“, ha aggiunto, ribadendo che vanno colpite “le organizzazioni che fanno questo traffico, che lo ripeto non è una fuga di libici“. L’Italia, ha voluto evidenziare Gentiloni, “ha il merito di aver salvato 120mila vite umane. Chi salva questi disperati in mare sono quasi esclusivamente le navi della Marina militare italiana“.

L’AVANZATA DEL CALIFFATO

Al problema degli sbarchi si somma l’instabilità del Paese, acuita dai terroristi del Califfato nero di al-Baghdadi. Ieri una bomba è esplosa davanti al cancello dell’ambasciata del Marocco a Tripoli, senza causare vittime. L’azione è stata rivendicata proprio dai jihadisti dello Stato Islamico. Due guardie di sicurezza sono invece rimaste uccise in un secondo attacco, anche questo rivendicato dall’Isis, contro la sede dell’ambasciata della Corea del Sud.

PROSEGUONO I NEGOZIATI

Nel frattempo, il lavoro di mediazione delle Nazioni Unite prosegue. I negoziati tra i due parlamenti libici riprenderanno giovedì prossimo a Skhirat, in Marocco, con la speranza di arrivare a un accordo su un governo di unità nazionale.

Proprio ieri il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha esortato i partecipanti al negoziato ad “arrivare a un accordo su un governo di unità nazionale per mettere fine alla crisi politica, di sicurezza e istituzionale” del Paese, minacciando sanzioni contro quanti alimentano le violenze.
Ad Algeri, dove si sono riuniti ieri i rappresentanti dei principali partiti libici, l’inviato Onu per la Libia, Bernardino León, ha definito per l’ennesima volta “prossima” una soluzione politica.

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